Capitolo 23 ‒ He threw it into the shit where it belongs

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Capitolo 23 He threw it into the shit where he belonged

«È morta.»

«Condoglianze.»

«Ci aveva salvati... Era un'eroina.»

«Quella di cui ti fai ogni giorno, Kris». Lon potei non commentare.

Lui mi ignorò. «Grazie a lei siamo sfuggiti alle Sasaengs. Grazie a lei siamo vivi. Ed ora... non c'è più. Si è sacrificata per avvisarci delle sabbie mobili.» E concluse il sermone con un gemito prolungato ed un segno della croce.

«Ti rendi conto di star parlando di una macchina?» Inarcai un sopracciglio e lanciai un'occhiata al leader, sconvolta. «Sei ricco da far spavento, ne comprerai un'altra.»

Lui mi guardò come se fossi impazzita. «Non era una macchina, Mia. ‒ Sibilò, stringendo i denti in una smorfia di pura sofferenza. ‒ Era la macchina.» I suoi occhi si riempirono di lacrime. «Non puoi essere così insensibile! Dopotutto, ti ha parato quel tuo bel culetto! Avanti, dì qualcosa per commemorarla.»

Tutto ciò era ridicolo. «Sul serio?» Davanti alla sua espressione sconfitta, triste, da cane bastonato, non seppi come dire di no. Roteai gli occhi e sbuffai, incrociando le braccia al petto. «Galaxy...», esordii, voltandomi verso il punto in cui era stata risucchiata. «... sei stata una brava automobile. Non ti dimenticheremo. Soprattutto l'idiota accanto a me che si è messo a piangere e che frigna da quando è uscito dall'utero materno.»

Kris non rispose alla mia provocazione; invece crollò in ginocchio ed affondò le mani nella melma. Cavolo, era ridotto davvero male. «Non ti dimenticherò mai, Galaxy! Ti renderò onore!» E scoppiò in lacrime. Un pianto forte, rumoroso, con tanto di lamenti, singhiozzi strepitanti e moccio che colava dal naso.

Sospirai e gli accarezzai le spalle, sedendomi accanto a lui. «Prova a vederla in questo modo: ora è andata in un posto migliore» dissi, con il tono più dolce e comprensivo del mio repertorio.

«È stata risucchiata dalle sabbie mobili, Mia. È circondata da letame, ossa di animali morti e fiamme dell'Inferno.»

Repressi l'istinto di prendere una palla di fango e schiaffargliela nelle mutande. «Ora esageri.»

«Galaxy era una purosangue. Aveva bisogno di molto affetto. Ora chi si prenderà cura di lei?!» Dio, non piò averlo detto sul serio.

«Kris,» parlai lentamente, ripetendo ciò che avevo intelligentemente affermato in precedenza, «ti rendi conto di star parlando di una macchina?»

Lui si voltò verso di me e puntò gli occhi annacquati sulla mia splendida figura ricoperta di lerciume. «Mia, non capisci un cazzo» sbottò improvvisamente. Il tono piagnucoloso era scomparso, sostituito da parole colme di disprezzo. «Secondo te come ci siamo arrivati qui?! Con una macchina! ‒ Si bloccò, pensoso. ‒ A meno che un'astronave aliena non ci abbia preso con sé e ci abbia portato qui. Comunque... come torniamo a casa, senza un mezzo di trasporto?!»

Oh, cazzo. Per la prima volta in tutta la sua esistenza aveva ragione. Alzai le braccia e proruppi in un urlo disumano. «No, Galaxy!» gridai, stravolta. «Non puoi abbandonarci in questo modo! Che fine ha fatto il bisogno di aiutare il prossimo?! ‒ Gattonai disperatamente verso la pozza di morte che aveva trascinato l'auto negli abissi dell'Inferno. ‒ Ti prego, torna da me!»

«Ehi!» obiettò la Torre, furente. «Galaxy è la mia macchina!» Calcò con uno strillo da mestruata l'aggettivo e diede un pugno al terreno. La melma schizzò da tutte le parti ed una buona parte di essa gli insudiciò il volto.

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