Capitolo 28

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Destinie

Sono in camera mia e sono seduta sul davanzale. Guardo fuori dalla finestra, mi è sempre piaciuto guardare la pioggia, mi da un senso di pace. Oggi è domenica sono a casa dei miei da ieri e con qualche difficoltà sono riuscita a fingere che non sia successo niente. Non ho assolutamente voglia di raccontare tutto ai miei, almeno per il momento. Nonostante sia qui da due giorni non ho ancora deciso cosa fare, chi affrontare per primo, non ho neanche deciso se voglio tornare al college o prendere una pausa ma in questo caso dovrei inventare qualcosa da dire ai miei.

Ho spento il cellulare bombardata dai messaggi di Brad in cui diceva che se non lo avessi perdonato avrebbe fatto una follia, i messaggi in segreteria di Liam in cui dal preoccupato e dispiaciuto passava ad insultarmi e ad arrabbiarsi. Sospiro e appoggio il mento sulle ginocchia che cingo con le braccia.

«Didi scendi è pronto il pranzo» sento mia madre urlare dal piano di sotto. Non ho per niente voglia di pranzare ma se non voglio farli insospettire devo fare uno sforzo.

Mi fermo davanti allo specchio e mi sistemo la crocchia che ho fatto ai capelli, ho indossato la tuta della Oxford University che mi ha regalato papà quando ho scoperto di essere stata ammessa.

Mi siedo al mio solito posto in sala da pranzo e cerco di evitare gli sguardi di mamma e papà.

Mary la nostra domestica inizia a servire il pranzo.

«Tesoro va tutto bene? Hai un viso così pallido, ti senti bene?»

«Mamma per la centesima volta sì sto bene»

«Claire lasciala in pace» interviene mio padre. Iniziamo a mangiare in silenzio poi d'improvviso suona il campanello.

«David aspettavi qualcuno?» chiede mia madre

«No io no»

Continuo a rigirare la forchetta nel piatto non prestando attenzione

«Signorina Destinie» Mary richiama la mia attenzione, ci voltiamo tutti e tre

«È per lei» dice congedandosi. Aggrotto le sopracciglia, poso sul tavolo il fazzoletto che avevo sulle gambe e mi alzo

«Scusatemi» dico ed esco di fretta dalla sala da pranzo. Giuro che se Brad ha avuto il coraggio di presentarsi qui non rispondo delle mie azioni. Apro di scatto la porta e quello che mi ritrovo davanti non è esattamente Brad.

«Liam che ci fai qui?»

Liam è davanti alla porta di casa mia, ha un viso arrabbiato e tiene le mani nelle tasche dei jeans neri. Indossa una t shirt nera e una felpa dello stesso colore

«Che pensavi di fare Destinie scappando in quel modo?» alza la voce, esco dalla porta e la socchiudo alle mie spalle per evitare che i miei sentano

«Chi ti ha detto che ero qui?»

«Ho costretto Roxie a parlare, secondo te sono stupido Destinie? Dimmelo» è davvero incazzato

«Mentre ti cercavo per tutta Oxford ho incontrato Roxie che si vantava con delle ragazze per una borsa che non potrà permettersi nemmeno lavorando per altri cinque anni. Ho capito che tu c'entravi qualcosa e l'ho costretta a parlare»

«Devi andartene Liam questo non è il mom...» prima che possa finire la porta si spalanca e compaiono mia madre e mio padre. Liam abbassa lo sguardo, ecco cosa stavo cercando di dire.

«Didi tutto bene?» dice mia madre

Devo inventarmi qualcosa e alla svelta.

«Sì mamma» sorrido, il sorriso più falso del mondo

«Lui è Liam un mio amico del college, si trovava in zona e sapendo che sono qui è passato a salutarmi»

«Liam i miei genitori» glieli indico con una mani

«Piacere» Liam stringe la mano ad entrambi

«Liam stavamo pranzando vuoi unirti a noi?»

«No stava andando vi..»

«Sì dai ci fa piacere conoscere qualche amico del college di Didi» lo esorta mio padre. Liam mi guarda sgrano gli occhi sperando che capisca

«Grazie mi fermo volentieri» mi lancia un'occhiataccia e mi sorpassa entrando in casa. Stringo i pugni lungo i fianchi, vorrei urlare. Mia madre si volta e mi sorride.

Ci sediamo a tavola e Mary aggiunge un coperto accanto a me.

«Liam ho visto che avevi un casco, hai una moto?» chiede mio padre

«Sì se ne intende signor Williams?» chiede Liam

«David va bene» gli dice mio padre

«E comunque sì anche io ne avevo una quando avevo la tua età» dice con una punta d'orgoglio

«Cosa?» chiedo stupita, mio padre su una moto

«Sì quando eravamo al college poi sono rimasta incinta e abbiamo dovuta venderla per far spazio a te» si aggiunge mia madre

«Io ho una Triumph trhuxton» dice Liam addentando un pezzo di arrosto

«Cavolo anch'io avevo una Triumph» dice mio padre eccitato come un ragazzino. Continuano per tutto il pranzo a parlare di moto e cose del genere, finalmente arriviamo alla fine e con la scusa di far vedere a Liam il giardino lo trascino fuori.

Quando siamo abbastanza lontani gli lascio il braccio

«Cosa stai facendo?» gli punto un dito contro

«Scusa?» risponde accendendosi una sigaretta

«Cosa stai facendo Liam? Cosa sei venuto a fare fino qui a Londra?»

«Secondo te Destinie? L'altra sera sei sparita, ho passato la notte a cercarti ovunque pensando alle cose peggiori che potevano esserti successe. La tua macchina era nel parcheggio del campus, la tua amica non sapeva dov'eri, quel coglione del tuo ragazzo ancora si riprendeva da...» si blocca improvvisamente con la sigaretta a mezz'aria

«Ancora si riprendeva da cosa?» mi avvicino di qualche passo

Gira il volto dall'altra parte per non incontrare il mio sguardo

«Liam cos'è successo a Brad?»

«Dimmelo»

Getta di scatto la sigaretta

«Niente non è successo niente ha avuto solo l'un percento di quello che merita» mi sbraita contro ad un centimetro dalla faccia

«Cosa gli hai fatto?»

«Ma che te ne importa»

«No che te ne importa a te?» urlo più di lui

«Come ti permetti di intrometterti nella mia vita? Chi sei tu Liam?»

Mi guarda e vedo che serra i pugni lungo i fianchi

«Che cazzo stai dicendo?» ringhia

«Sto dicendo che non ho bisogno che ti preoccupi per me, non ho bisogno che tu mi difenda né che picchi la gente per me» ormai stiamo talmente urlando che ci starà sentendo tutto il vicinato. Si morde il labbro e schiocca con la lingua

«Hai ragione sai? Devo fare come tutti quanti e fottermene, perché questa è la verità, a nessuno importa di te»

«Vaffanculo Liam»

Si avvia verso casa

«A nessuno importa di te Destinie Williams» mi urla da lontano e mi manda a quel paese con la mano

«Sì vattene, non ho bisogno di te» mi alzo sulle punte e urlo con tutto il fiato che ho in corpo.

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