Vecchie Ferite

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Mickey non va pazzo per New York. È affollata e piena e grande, proprio come Chicago, ma con il fastidio extra di essergli totalmente ignota. L'unica grazia è che la città è a sistema reticolato. Tuttavia, Mickey spreca più tempo di quanto gli piaccia solamente nel tentativo di orientarsi. La metropolitana è un incubo, i taxi sono troppo fottutamente costosi, e fa troppo freddo per camminare.

Prende una stanza in un motel economico, il più economico che riesce a trovare. Il letto probabilmente è messo peggio rispetto a quello che Mickey aveva a casa. È plausibile che ci siano scarafaggi da qualche parte, se si prende il disturbo di controllare, ed è una cosa che non fa. Quando fa il check in, non c'è molto rumore, ma riesce facilmente a immaginare che il posto si riempirà di ospiti urlanti non appena il sole tramonterà.

Mette giù la sua roba (una misera borsa con dentro i vestiti, perlopiù biancheria intima e t-shirt) ed esce non appena esegue il check in. Va nelle scuole di balletto e nelle compagnie di danza e ovunque sia possibile che un giovane, ambizioso ballerino possa tentare di esibirsi. Nessuno però ha sentito di Ian Gallagher o di un alto, dinoccolato giovane con i capelli rossi e le lentiggini. Quando Mickey arriva nell'ultimo studio che riesce a trovare, la sua pazienza è terminata e quasi mette k.o il tizio alla scrivania della reception. Questo qui non è come Svetlana – Mickey può gestirlo.

Quindi, i primi due giorni sono un fallimento. Nel terzo e nel quarto giorno, Mickey controlla i quartieri in periferia. Non ci vuole un grande sforzo nell'immaginare che Ian sia andato a Brooklyn o Queens dopo non aver concluso nulla a Manhattan. La fortuna di Mickey a Manhattan è stata ugualmente disastrosa.

Quinto giorno, si arrende con le scuole di danza e inizia a cercare nei quartieri gay della città (una cosa imbarazzante da chiedere a Siri). Comincia dal Village e prosegue da lì. Fuori fa freddo, ed è tentato di fermarsi dopo ogni posto in cui non trova Ian. Ma non può trattenersi dal domandarsi, e se Ian è in quello successivo? E se lo perde solo perché si impigrisce? Quindi continua. Ed è contento di fare quella scelta ogni volta, perché lo ripaga.

Intorno alle dieci, Mickey entra in uno dei più discreti bar gay che abbia visto. Si guarda intorno – il posto è piccolo e dentro non ci sono tante persone. Poi vede qualcuno con i capelli rossi, e il cuore produce tonfi troppo rumorosi nel suo petto.

Mickey ha visto un bel po' di tizi con i capelli rossi negli ultimi giorni, e tutti hanno fatto scattare le sue speranze per un secondo. Ma ora, lo sa. Ha premuto le labbra contro quel collo e fatto scorrere le mani fra quei capelli e avvolto le braccia intorno a quella schiena. È Ian.

Mickey si costringe a non correre, anche se ne ha voglia. Vuole correre e stringere Ian con tanta forza da non permettergli più di andare via, e poi vuole supplicarlo di dire semplicemente che va tutto bene, che loro stanno bene. Vuole baciarlo a lungo e con abbastanza vigore da far dimenticare a entrambi qualsiasi cosa successa tra loro che aveva portato Ian ad andarsene.

Però poi Mickey si avvicina, e si rende conto che Ian sta parlando con qualcuno. Un tizio più grande, probabilmente sui cinquanta o sessant'anni. Indossa un bel completo e ha un taglio di capelli pulito. Mickey si domanda con quanti tizi Ian sia stato da quando si è trasferito qui, e si domanda anche se tutti avevano l'aspetto di questo tipo.

Mickey ha un'improvvisa e orribile auto-consapevolezza. Come ha potuto mai credere di essere abbastanza per Ian? Come potrebbe degnarsi di chiedere a Ian di tornare indietro, dopo tutta la merda che gli ha gettato addosso?

Ma Mickey non ha fatto tutta questa strada e questi sforzi per scappare. Ha smesso di scappare. Quindi smette di starsene con la coda fra le gambe e si obbliga a camminare fino al bar. Picchietta Ian sulla spalla, interrompendo la sua conversazione (una conversazione che aveva molto del flirt) con quel tizio.

I ragazzi etero non fanno danza classicaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora