Ognuno di noi si porta dietro gli spettri del passato, ma non tutti lo fanno a diciassette anni.Le dita longilinee ticchettavano sul parapetto in metallo, i piedi tenevano un ritmo tutto loro, i capelli rossicci svolazzavano disordinatamente e le labbra screpolate assumevano una forma rotondeggiante ogni volta che espirava il fumo della sua sigaretta. Era normale per lei essere l'unica in quel boschetto desolato sul quel ponte vecchio e traballante. Le piaceva la tranquillità che quel posto le trasmetteva e soprattutto poteva essere sincera, sincera con se stessa e rilassata, ma non felice.
Lo scrosciare dell'acqua sottostante le fece venire sete, dunque si chinò leggermente per prendere dalla borsa, lasciata malamente a terra, un brik di succo alla pera. Lei odiava quel gusto, eppure ci aveva fatto l'abitudine perché nel paese miserabile nel quale si era trasferita il supermercato non poteva essere chiamato tale, era più un botteghino con qualche rifornimento settimanale delle più scarse sottomarche. Nei suoi diciassette anni di vita aveva imparato ad accettare ciò che odiava e a disfarsi di ciò che amava troppo, un equilibrio equo per una vita accettabile.Il rimorso è un parassita che ti divora da dentro ed imparare a conviverci è assai complicato, quasi impossibile. Se non ti perdoni è difficile che ci riescano gli altri e allora si va a fondo.
Ma Grace voleva fare tutto tranne che affondare.Dopo aver infilato la cannuccia nell'apposita apertura si portò il brik alle labbra. Il sapore dolciastro della pera le invase i sensi e quasi fece fatica a deglutire, odiava proprio quel sapore. Appoggiò il cartone del succo sul bordo del ponte e finì la sua sigaretta quasi del tutto consumata prima di buttarla nel fiumiciattolo sotto di lei.
Uno sparo e il suo cuore fece un balzo.
-Merda- sussurrò e prese velocemente la borsa, se la mise su una spalla e corse attraverso la boscaglia seguendo il sentiero che lei stessa si era creata in tutti quei mesi. L'area in questione era il luogo preferito dai cacciatori ed era una zona off-limits per chiunque altro. Più di una volta le avevano detto di non girare da quelle parti, ma testarda com'era non si sarebbe di certo allontanata dal suo luogo di pace per alcuni stronzi, come li definiva lei.
Arrivata alla strada principale si avviò verso casa sotto il sole caldo che quella giornata sfoggiava, le converse nere consumate dal tempo le facevano male ai piedi e gli shorts non avevano impedito che non si graffiasse con i rami più bassi degli alberi e dei cespugli. Prese dalla borsa un fazzoletto di carta e tamponò i vari taglietti sulle cosce per fermare le gocce di sangue.
-Tu non capisci proprio niente, vero?-
Grace sbuffò sapendo già a chi apparteneva quella voce.
-No Davis, io capisco quello che voglio capire, del resto me ne fotto- Grace pronunciò quella frase senza un filo di emozione, non dava mai il piacere di mostrare agli altri quello pensava.
-Se non la smetti di gironzolare in territori privati dovrai capire cosa vuol dire essere davanti a un tribunale, ti è chiaro?- a quelle parole la ragazza si girò mostrando dopo tanto un sorrisetto sarcastico.
-So già cosa vuol dire, Davis- poi, come se nulla fosse, ricominciò a camminare.
Il suo scocciatore non disse più niente e lei potette tornare verso casa tranquillamente.
Oh, aveva dato qualcosa a cui pensare di davvero grosso a quel ragazzo!
Aloysius Davis non era altro che un ficcanaso sempre pronto a parlar male delle persone. Un ragazzo arrogante, altezzoso, borioso tutto il contrario di suo fratello maggiore Lionell che poteva essere definito razionale, educato e tutto tranne che impiccione. Dei due fratelli quello che conosceva meglio, senza averlo voluto, era Aloysius, Lionell lo si vedeva poco in giro. Erano i figli del sindaco della cittadina, ma a Grace questo non importava perché li avrebbe trattati assolutamente come chiunque altro. La rossa sospirò pesantemente guardandosi attorno, la sua vita era andata a rotoli e per quanto fosse giovane non pensava ci sarebbe mai stato un miglioramento, non dopo quello che aveva fatto."Cosa ci faccio qui?" sussurrò a se stessa scalciando un sassolino.
Quella domanda se la faceva ormai da quattro mesi e ancora non aveva una risposta decente da darsi se non quella di "sono venuta a morire" perché era quello che lei pensava davvero. Da una grande città della California si era dovuta nascondere in un paesino dell'Oklahoma, i suoi genitori si erano separati per colpa sua, sua madre non le telefonava mai avendole chiaramente detto di aver rovinato la loro famiglia, suo padre si occupava a stento di lei, permettendole almeno di avere un tetto sulla testa e la sua sorellina Anne ogni tanto le mandava un messaggio per sapere come stava.Eccoli di nuovo i rimorsi della sua vita passata, stava bene in California, aveva degli amici, aveva un' esistenza normale, ma per colpa sua tutto questo era andato in frantumi. Si ricorderà per sempre quella notte del 7 Marzo come la fine dei suoi giorni.
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-Grace, sono a casa- la voce di suo padre risuonò tra le pareti spoglie del loro piccolo appartamento.
-Com'è andata oggi?-
-Nulla di nuovo. Restiamo sempre fermi al punto di partenza, ma ce la faremo, ne sono sicuro-.
Suo padre Shane era un avvocato che ormai non praticava quasi più per via dei pochi clienti che quel paesino offriva, l'unico caso che seguiva era quello di sua figlia e lo faceva in un piccolo ufficio ormai in disuso donatogli dalla parrocchia. Tutti i giorni cercava in qualche modo di risolvere il caso trovando appigli nella legge aiutato dai suoi ex colleghi in California. Riceveva telefonate a tutte le ore e a volte rimaneva in ufficio per giorni interi.- Sarebbe meglio che mi trovassi un lavoretto in paese, non posso stare a far niente tutto il tempo e usufruire dei soldi che abbiamo in banca-
-No, non è una buona idea, te l'ho già spiegato. Finché il caso non sarà chiuso non è bene che sfoderi il tuo curriculum a chiunque. Il sindaco ci ha dato il beneficio del dubbio permettendoci di rimanere senza dichiarare che viviamo qui. Ci ha aiutato molto per tenerci al sicuro dalle malelingue e il minimo che possa fare è impegnarmi per risolvere questo enorme casino-
-Papà, lo sai che non sono stata io, tu mi credi, vero?- la voce le si era incrinata e gli occhi verdi si erano velati di un sottile strato di lacrime.
-Non ne parliamo più, Grace-
-Papà!- ma lui aveva già sbattuto la porta del bagno e lei si era ritrovata ancora una volta da sola.Non sapeva più che fare, si sentiva sempre schiacciata come se avesse un peso addosso troppo grande per lei. Nessuno la capiva e neanche ci provava, era sola, più sola di quanto volesse ammettere.
Grace non era una ragazza strana o particolare, non aveva niente che potesse spingere le persone ad allontanarsi a priori da lei,eppure era così. La sua infanzia era stata normale come quella di qualsiasi altro bambino, crescendo si era fatta una grande compagnia che via via si era sempre più ristretta fino a ritrovarsi in quattro. Grace, Alyssa, Ashley e Daphne non erano amiche per la pelle, ma si divertivano a stare assieme. D'altronde, però, si sa che le cose belle sono destinate a finire e così accadde. Ognuna di loro si creó una compagnia diversa, prendendo strade differenti il loro legame si era assopito fino a diventare quasi nullo. La rottura finale fu proprio quel 7 Marzo di cui ognuna di loro porta un brutto ricordo come un segno indelebile.
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Primo capitolo della serie. Non è uno dei migliori, è solo una piccola introduzione al contorto mondo di Grace.
Per la copertina del libro voglio ringraziare la stupenda Low_Down ! Un lavoro straordinario ☺️
Detto ciò, buonaserata🌙
Elena🥀
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Grace Rogers: In trappola con se stessi
Teen FictionLa vita di Grace, una giovane piccola donna di soli diciassette anni, cambia radicalmente dopo una notte di incertezze. Sente sulle sue spalle una colpevolezza atroce, che le divora anima e corpo, ma che forse nemmeno le appartiene. Dopo essere fu...