Capitolo quindici

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Nel monastero di San Raphael martire si poteva respirare la tensione.

Gerard sapeva che sarebbe stato arduo il suo compito di convincere Monsignor Angelo di fidarsi di lui.

Iniziava da una base terribile, siccome il Monsignore non solo lo credeva omosessuale, ma un inutile che non aveva nulla di meglio che passare tutto il giorno con colui che non faceva che recriminarlo, Monsignor Pietro.

Ciò che gli aveva consigliato di fare quest'ultimo gli faceva venire voglia di uccidersi.

"Tutto per rivedere Mira, fatti forza" si ripeté mentalmente.

Erano nella mensa tutti i preti, inclusi i due Monsignori, Gerard prese aria e si avviò verso di essi.

-Figliolo, vorrei parlare riguardo alla confessione di ieri. Mi preoccupa immensamente che ancora abbiante pensieri lussuriosi di quel tipo...- iniziò, secondo la loro sceneggiatura, Pietro.

-Sì, il ricordare le carni della principessa Mira fa venire in me un brivido-

Monsignor Angelo alzò lo sguardo dal suo piatto, che era stracolmo di cibi gustosi mentre gli altri preti si dedicavano alla fame o al digiuno, per ascoltare la conversazione.

-Giovane, non ammetto questo tipo di linguaggio qui!- protestò Pietro, alzando di più la voce.

-Cosa non vi piace, Pietro? Il fatto che io abbia conosciuto le forme aggraziate di una donna o che preferireste che ve le descrivessi nel privato del confessionale per alimentare la vostra sporca mente-

-Inoltre cosa ci fai alla mensa? Non si suppone che tu debba digiunare come tutti gli altri?-

"Deve funzionare, Pietro stesso è esaltatissimo"

A un certo punto iniziò in lui il terrore di essere solo frainteso dagli altri monaci, che lo avevano aiutato discretamente fino ad allora perché lo credevano un bravo ragazzo e che tutto fosse invano.

-Cosa succede, Pietro, il tuo pupillo non è più così rispettoso?- domandò Angelo, alzandosi dal suo tavolo e dirigendosi di fianco al coetaneo.

Pietro poggiò le mani rugose e scarne su quelle grasse del Monsignore corrotto:

-Dice che preferirebbe essere stato trasferito al convento di Santa Cecilia per tenere compagnia alle suore che in esso risiedono-

-Con me, Whitefield- ordinò Angelo.

Si incamminarono verso lo studio dell'uomo, mentre Pietro sorrideva al suo discepolo.

Gli fece un cenno, mostrando un uno con il dito, indicando l'ora del loro prossimo incontro quella sera per parlare di come andava il piano e di ciò che avrebbe dovuto fare dopo.

Si sedettero nello spazioso divano, nel quale Monsignor Angelo gli chiese:

-Perciò stai avendo problemi con i tuoi pensieri?-

-No, sto avendo problemi con Pietro. Costui è uno stolto che non conosce il vero significato della vita: soldi, lussuria e divertimento-

-Questo può metterti in seri problemi qui, dato che il re ti ha inviato per purificare la tua anima-

-Il re mi ha inviato per trovare il senso della mia esistenza. Ho fatto delle donne la mia religione, quanto avrei desiderato che mi rinchiudessero in Santa Cecilia, molte giovani suore hanno bisogno di riscoprire sé stesse e il motivo della loro fede-

Doveva esagerare nel suo comportamente, Angelo non si sarebbe lasciato ingannare da un ragazzo che avesse avuto solo una relazione romantica con la principessa Mira.

-Ho inteso che sei stato accusato di condotta omosessuale-

-Dovevano trovare una scusa, non è così? Non possono accusarmi per essere un donnaiolo, tradirebbero il loro profilo sociale. Ho accettato di venire qui perché implicava respirare aria nuova, nuove fanciulle da convertire alla mia religione-

Monsignor Angelo lo guardò per un momento, poi gli disse:

-Dimmi, ti piace lavorare nei nostri campi?-

-No, il lavoro è per i plebei che non possono comandare. Aspiro a essere come voi, Monsignore, un uomo sicuro di sé, di ciò che fa, che possa muovere il cielo e la terra a suo piacimento-

Angelo rise:

-Non ho tali poteri ancora-

-Signore, lei ha il potere di muovere me a suo piacimento. Pietro è stato solo un gradino nella piramide che doveva condurmi a far notare dall'Angelo-

Gerard notò un libro sotto il tavolo, aperto in una pagina nella quale figuravano dei conti.

-Signore, mi permette di controllare queste somme?-

Prese il libro sotto lo sguardo costernato del vescovo: era un conto segreto che si teneva nella città di Ugarth, i nemici che erano conosciuti per essere famosi banchieri.

-Non è ciò che credi-

-È imperdonabile!-

Il vescovo stava per mandarlo a cacciare fuori dal suo studio, quando Gerard annotò dei numeri.

-Imperdonabile che, invece di vendere le mercanzie al porto, le stiate vendendo ai cittadini di Rowan! Se le mandaste al porto con qualcuno di fidato, probabilmente guadagnereste almeno il doppio. E, se cambiaste la coltivazione in una più sofisticata, come tabacco, o oppio, potreste triplicare le vendite-

Monsignor Angelo lo prese per il colletto della camicia:

-Non comprendo se sei stupido o se sei estremamente intelligente-

-Un po' di entrambi, mio signore. Ho rinunciato alla religione tanto tempo fa che tutto ciò che la saboti mi rende felice. Aiutarla può aiutare me a espellere il mio odio-

-Se coltivassi oppio potrei triplicare le vendite?-

-Certo, lo giustificheremmo dicendo che è puramente a scopo medico. Molti sono i medici che lo adottano come anestesia, o per alleviare il dolore dei malati e feriti terminali. Con il mercato che si trova in giro din indole ricreativa, potremmo arricchirci in meno di sei mesi-

Gerard pensò alla popolazione che avrebbe risentito della perdita degli alimenti, giurò sul proprio nome che avrebbe trovato un modo per aiutarli.

-Penso che vendendolo ai contrabbandisti del fiume potremo anche quadruplicare ciò che guadagnamo-

-Come sai dei contrabbandisti?-

-Sono una persona informata. Sono nato a Ugarth, so tutto del negozio illegale che si forma a Rowan, passando per il fiume Sphint e raggiungendo tutte le provincie-

Angelo gli diede la mano in una stretta d'affari, aveva vinto questa battaglia.

Gerard di RowanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora