Al 1984 - Gli alieni ci fissano

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Carissimo Smerald,

mercoledì 6 gennaio 2016, ore 11.77, no scherzo :44

posso scommettere che hai appena pensato "questa è pazza". No, non è ancora così. Quando la gente vede cose strane, pensa subito male.

Oggi sono di buon umore, Smerald. Sapevi che prima di trasferirmi qui a Monopoli, frequentavo un corso di canto e recitazione a Lecce? Si, proprio così.

E proprio ieri sera, in un Rock Bar di Monopoli in stile americano, chiamato 1984, mi sono esibita con una canzone. Ero insieme a Merope e stavamo bevendo qualcosa di caldo.

I muri di questo bar sono tappezzati di poster di cantanti e attori conosciuti negli anni '80, ma erano presenti anche volti  celebri appartenenti agli anni '90. C'era un poster magnifico ma impressionante dei malvagi alieni di Tim Burton nel film "Mars Attack!"

Io adoro quel film, Smerald. Gli alieni, con quegli occhietti grandi fino a riempire quasi il volto, e il cervello enorme. 

Mentre io e Merope parlavamo, l'alieno non ci toglieva gli occhi di dosso e io ho fatto una smorfia, riproducendo la voce sottile e profonda di quegli esseri sviluppati e Merope ha sorriso.

"Sai che faccio, Merope? Vado a cantare" le ho detto, sorridendo.

"Cosa hai appena detto?" ha esclamato, con gli occhi spalancati e sorridenti.

"Vado a riempire di arcobaleni questo posto tetro"

In questo bar si esibisce una rock band che ha un nome abbastanza strano, il cui leader (il cantante) è anch'esso abbastanza strambo. E mi piace. No, non lui. Il fatto che ha quell'aria un po' spavalda. Insomma, mi piace e interessa il suo atteggiamento ribelle, quell'aura che alloggia intorno alla sagoma del suo corpo. E anche il fatto che cambia sempre colore di capelli. Adesso i suoi ciuffi ribelli sono azzurri. Porta una felpa del gruppo "Guns N'Roses" con le maniche alzate, e le sue braccia sono intrise di tatuaggi colorati. Persino fra le sue dita si intrecciano alcuni disegni. Il suo volto è dolce, i lineamenti delicati e quasi "spigolosi"e mentre sorride gli si creano delle fossette.

"Scusami, amico", lo chiamo, sorridendo.

"Dimmi tutto, amica" , ricambia, con il suo sorriso da ragazzo birbante, facendo una smorfia e sollevando gli occhi al cielo.

Insomma, gli ho chiesto se potevo cantare un pezzo e lui mi ha detto di sì, che la sua band – la "Shadow' s Epic Sound" – sarebbe stata felice.

Sono salita su quel palco e ho guardato i piccoli occhietti delle persone che mi fissavano. Sono abituata a questo genere di cose, ovviamente. Ho fatto recitazione per due anni consecutivi. Era Merope la causa del mio imbarazzo, della mia angoscia che mi attanagliava le viscere. Ho sentito le guance esplodere e lo stomaco fremere. Ho preso il microfono e ho detto al resto della band che pezzo suonare, o almeno mettere la base da un computer.

No, non ho cantato Starlight dei Muse, anche se è la mia canzone preferita. Mi sono schiarita la voce ed ho iniziato a intonare le parole di "A modo tuo" di Elisa.

La musica mi è entrata dentro, forte e chiara. Sentivo ogni melodia passare attraverso il cranio, fino a farlo rabbrividire.

Si era fatto difficile cantare questa canzone. Le mie lacrime stavano inondando le guance e il respiro diventava sempre più affannoso. Questa canzone è troppo forte. Le parole lo sono.

Ogni volta che cado, perché credimi, Smerald, sono caduta fin troppe volte, ho cercato sempre di rialzarmi come meglio potevo.

Non sono come quelle persone che dicono "se cado, mi rialzo più forte di prima". Io non ci credo molto. Se prendi una bella batosta, è difficile rialzarsi subito. A volte ci metti giorni, settimane, anni. E poi, quando le ferite si sono cicatrizzate, dire finalmente "okay, ce l'ho fatta".

A volte la forza arriva semplicemente tardi. Passiamo tutti un momento di debolezza. Un momento di debolezza che spesso non viene neanche contato.

Tua,

Venia

Caro Smerald, ti scrivo ...Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora