17
Quel giorno faceva caldo, questo lo sapeva. Era l'agosto del 2004 o del 2005. Non ricordava bene. L'aria calda le faceva sempre sudare i piccoli palmi delle manine ciotte. E poi i suoi genitori litigavano sempre – perché le persone grandi devono sempre litigare? – tramutando quel caldo in qualcosa di più grande, qualcosa di molto difficile da sopportare.
Negli ignoti recessi della sua mente, ricordava questo con grande affetto: ogni volta che quegli stupidi adulti litigavano, la piccola Venia Giannuzzi di soli sei anni si rifugiava nella vecchia automobile di papà, nella sua Fiat 500.
Papà non la usava più. Ricordava la voce di papà nella sua mente, quando ogni tanto si fermavano a guardarla, abbandonata a sé stessa, ancora nuova di zecca.
"Venia, non sai quanta strada ha fatto questa piccola bastarda>> diceva sempre papà, con la mano grande stretta attorno a quella piccola di Venia.
<<Piccola, ti prego di non ripetere quella parola. Scusami.>> sorrise suo padre e lei non disse niente, d'altro canto. Era una bambina a cui piaceva osservare le cose vecchie, perché le cose vecchie hanno una storia molto lunga, e a Venia Giannuzzi piaceva immaginare la storia di quella vecchia automobile, in rotta verso mondi fatati e stellati.
<<Io e Michele – ti stai chiedendo chi sia questo Michele, vero? Beh, era un amico di vecchia data – giravamo il mondo con la radio a tutto volume, ad ascoltare i mitici Eagles con la loro stupenda "Hotel California". A quell'epoca, non conoscevo ancora l'inglese ma non importa. Prima delle parole, Venia, ascolta la melodia. La melodia è la più importante.>>
<<Posso sentirla, babbino?>> aveva domandato, e papà la guardò sorridendo, inginocchiandosi così che fossero faccia a faccia. Non sapeva per quale dannato motivo, ma gli occhi di papà sembrarono bagnarsi.
<<Venia>> sussurrò, con parole leggere. La sua voce a Venia era sempre piaciuta. Papà, a differenza della mamma, riusciva a capire e Venia questo l'aveva sempre intuito. Lo intuiva soprattutto negli occhi. Gli occhi di papà erano belli, ti ci potevi quasi perdere in quei pozzi intrisi di diamanti. La mamma era più difficile, il suo modo di pensare e agire lo era.
<<Venia, promettimi che ascolterai solo buona musica. Questa musica ti cambierà la vita per sempre, parola mia. Quando diventerai grande, sarà bello girare per il mondo con qualcuno che ami e soprattutto che ami la buona musica. E soprattutto mi devi promettere che la penserai sempre a modo tuo, non importa quanti sbagli farai. Fa niente. Se Dio vuole, ti sarò sempre accanto nei momenti di difficoltà.>>
Perché gli adulti dicono "se Dio vuole?"
Nei giorni a seguire, il rifugio di Venia era quello: nascondersi nella vecchia automobile bianca di papà, accendere una strana radiolina a cassette ed ascoltare "Hotel California" degli Eagles. Quello che amava di quei momenti era l'odore della pelle che scaturiva dai sedili: sapeva di vecchio, di polvere e di nuovo al tempo stesso.
<<Quando diventerò grande>> sussurrava, <<farò ascoltare buona musica alle persone che voglio bene. Promesso.>>
E lo pensava davvero: pensava che trovare una persona da amare per il resto della vita sarebbe stato facile, che i grandi non hanno delusioni, soprattutto in amore!, perché i grandi sanno quello che fanno, sanno dove andare e soprattutto sanno che strada prendere quando si fanno quelle gite in auto.
La musica usciva frastagliata dalla piccola radio: non importa.
Ma quello che la mente di Venia Giannuzzi avrebbe faticato a ricordare per i prossimi 10 anni fu quel momento. Si udì un tamburellare al vetro del finestrino, simile ad un bussare.
Ricordava un'ombra gigantesca che si scagliava su di lei, e per un solo istante ebbe un fremito di paura, ma poi lo vide e quella paura si sciolse come fa il gelato in estate. Zio Carol la stava salutando, con quel sorrisetto da clown stampato sul viso, come un ghigno malefico , e quei sporchi occhietti piccoli con le pupille argentee come quelle del malvagio Pennywise.
<<Veee – eenia!>> gridò, sempre bussando al finestrino con le nocche incrostate.
<<Zio Carol!>> urlò lei di rimando, avvicinandosi al vetro e sorridendo, con la stessa innocenza e la felicità di un bambino che saluta un parente a cui vuole bene.
Ma Zio Carol si stava avvicinando e la sua ombra si disseminava come uno spettro le cui regole erano maniacali. Il suo sorriso si allargò sempre di più, e su quel volto frastagliato aleggiò un'allegria quasi malata.
Era l'agosto del 2004 o del 2005.
Era luglio del 2016. Venia stava ricordando.
STAI LEGGENDO
Caro Smerald, ti scrivo ...
Romansa"Voglio ricordare ogni giorno come il più bello e sensazionale di tutti". Venia Giannuzzi aveva solo diciotto anni quando viene uccisa per mano di un attacco terroristico ad un GayPride. Come eredità, lascia ai suoi familiari un diario. Un diario n...