Caro Smerald,
Sabato 29 ottobre 2016, ore 16:30
Le lezioni di teatro si fanno sempre più interessanti e io non pensavo, o meglio, non ricordavo fosse così bello. Per iniziare, stiamo revisionando tutta la storia del teatro, che nasce tanti anni fa a partire dall'antica Grecia, dove alcuni "bigotti" si immedesimavano in altri personaggi, creando delle strane maschere e a volte pagavano anche con la morte poiché, in quell'epoca, risultava abbastanza strano che una persona riuscisse a trasformarsi non in una ma in molteplici persone.
E il maestro lo è anche, bravo intendo. Riesce a trasformare una semplice lezione di recitazione in un insieme di cultura generale e arte, illustrandoci con dei video ciò che veramente è il teatro. È solo cinema, il teatro? È solo un passatempo con gli amici?
No, il teatro è scoprire sé stessi, vivere qualcosa o qualcuno che non ci appartiene minimamente. Nel teatro si può essere folli e psicotici senza per forza essere arrestati o rinchiusi in una casa di cura.
"E voi" dice sempre il maestro Fiorello, "miei cari e nuovi brillanti studenti. Volete andare in rotta verso nuovi mondi, creare uno spazio immaginario e stupefacente nella vostra mente" si affaccia alla finestra e osserva il mondo che avanza, "o volete ridurvi a vivere in quel mucchietto là" indica la folla che cammina per le strade, producendo una smorfia di puro disgusto "quel mucchio di gente triste e ridotta per sempre al grigio, mentre avanza e dice di star vivendo la sua vita ma in realtà non sta vivendo affatto? Bene, perché è questo che voglio insegnarvi prima di tutto, prima di iniziare a recitare. Voglio potervi dire che il mondo al di là di questa finestra non vi prenderà mai sul serio, che saranno in tanti a mettervi i bastoni fra le ruote e tutti vi diranno che la recitazione non serve, che quello che serve davvero è quella merdaccia di vita che in molti chiamano lavoro. Lavorare sì, ma lavorare non deve essere farsi mettere i piedi in testa o scodinzolare non appena si vede il capo con la busta paga. Potete fare anche questo lavoro, se volete e se siete coraggiosi. Ricordate, miei cari, tutti fanno quello che fanno tutti, e quando solo una pecora del gregge si distingue, quei tutti cosa fanno? Non lo prendono sul serio. Per questo non dovete per forza essere tristi e grigi come un cielo temporalesco. Adesso prendiamo ad esempio il lavoro delle insegnanti. Quando vi interrogano, avete fatto caso che non si accorgono neanche che quello che state dicendo è tutto imparato a memoria? Loro non dicono niente. Vi istruiscono per essere dei robot, così che dopo la scuola facciate i robot ai vostri capi. Pensatela diversamente, stracciate quei cazzo di fogli e se serve a mandare a quel paese quella bigotta e sporca insegnante allora mandatela a fanculo!"
"Perché ci dice tutto questo?" fa un ragazzo dai capelli lunghi e ricci, con la maglietta di Games Of Thrones.
"Io sono riuscito a fare quello che voglio, sì, ma io mi rivedo in voi. Ricordo quando avevo la vostra età: ero giovane, pieno e ricco di speranze che nessuno sarebbe mai riuscito ad eliminare. Ma si diventa grandi, molto grandi e quando si inizia ad avere vent'anni diventa già più complicato. Quella speranza quasi si azzera, ci limitiamo a resettare dalla nostra mente i pensieri genuini ed innocenti, ci prepariamo a far entrare nella testa quelli che sono i pensieri da adulti. E questo va bene, si, non nego il contrario. Ma vi rendete conto di quanto triste sarà da allora la vostra vita? A chi piace alzarsi alle cinque del mattino, sotto il freddo, per andare a soddisfare i bisogni di un caporale stupido e coglione? Tentate, fate quello che volete ma non vi soffermate nella realtà, che è triste e grigia: cercate, e promettetemelo, di accumulare quanto più pensiero innocente e di lasciarlo in un angolo remoto della mente, così che possiate utilizzarlo per fare grandi cose. Usatelo il pensiero, perché è la cosa più importante che un umano possa avere."
Le sue parole sono impresse nella mia mente.
"Io sto scrivendo un libro" dico. Tutti mi stavano fissando, una ha anche sbuffato.
"Bene. Molto bene. Usala quella tua immaginazione" mi dice il maestro Fiorello.
"Si, ma ... a volte si fa complicato scrivere, e ci rinuncio anche, delle volte, dico ... mi fa ... male scrivere."
"Tutte le cose che ci fanno star bene fanno male. È per questo che sono belle."
Sorrido.
"Non tutti si chiamano Venia" mi fa l'occhiolino e riprende a parlare.
Non tutti si chiamano Venia.
Alla fine della lezione, ho lasciato che tutti se ne andassero e mi sono fermata a parlare per dieci minuti con il maestro.
"Venia" dice, sorridendo. Aveva un'aria quasi stanca e delle rughe marchiate agli angoli della bocca e sulla fronte. È la pena delle persone intelligenti essere stanchi. Pensare fa venir voglia di squarciarsi il cervello e prenderlo a calci.
"Le sue parole" inizio, giocherellando col le dita, "le sue parole sono state incredibili"
"Io lo chiamo anche marketing. Se vuoi scrivere un libro, devi essere brava anche in questo" conclude, facendo una smorfia. "A volte pensi non basta quello che stai scrivendo, vero? Pensi che quello che hai scritto fino ad ora non basti per far emozionare il lettore. È la pena degli scrittori: sarà sempre così, non preoccuparti. È solo uno stupido giochetto della mente. Vuoi dare di più, ancora e ancora, ma a volte non si può fare. Non siamo robot, siamo persone. E troverai chi emozionare, te lo garantisco. Lo leggo nei tuoi occhi. Perché ti fa male scrivere?"
Sono ammutolita, completamente. Doveva essere un grande pensatore, me lo dicevano quelle rughe sul suo volto.
"Tempi duri, relazioni con persone complicate, notti insonne ..."
"Ci vediamo, maestro"
"Ci vediamo" sorride, prende la sua valigetta e se ne va, i capelli bianchi, gli occhiali posati su quel naso adunco, la sigaretta elettronica sulle labbra.
"Dio, sembra Aristotele" mi son detta e sono andata via anch'io.
Mentre camminavo in strada e attraversavo la piazza più grande di Monopoli, con una statua di marmo bianco che si ergeva prepotente dinanzi ai miei occhi, sentì qualcuno che mi chiamava. Mi sono voltata ed era Loredana Lacci. Cioè, Lana. L'ho salutata anch'io e ci siamo incamminate verso il porto, a fare due passi, con il vento autunnale che mi pizzicava il volto.
"Sai che danno una festa di Halloween a scuola?"
"Si, lo so" ho risposto, confusa.
"Volevo chiederti se ... se volevi venire ... c- con me" mi chiede, i capelli castani premuti contro al viso. Ho visto le barche dondolare nel mare, alcuni marinai si spostavano da una parte all'altra, reggendo delle vaschette nere piene di pesci morti. Vicino ad una barca ho visto un ragazzo un po' basso, i capelli corti e lo sguardo pallido. Mentre si voltava, ha dato sfoggio ai suoi occhietti castani e arrossati. Stava piangendo. Aveva le auricolari alle orecchie. Si asciuga gli occhi e si avvicina ad una piccola barchetta chiamata e dice, con una voce talmente fina e tenera che mi fece pena:
"Pà, dammi le chiavi per favore"
Il padre gliele lancia dalla barca e il ragazzo le afferra al volo. Poi si è allontanato. Non riuscivo a smettere di pensare a quel ragazzo. Mi sono voltata per guardarlo. Sembrava ... stanco.
"Venia"
"Si, Lored ... Lana. Scusami. Comunque si, va benissimo, ci vediamo ad Halloween, allora"
"D'accordo, Venia! Passa da casa così ci trucchiamo e partiamo!"
"Come vuole, sergente"
Tua,
Venia
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Caro Smerald, ti scrivo ...
Romance"Voglio ricordare ogni giorno come il più bello e sensazionale di tutti". Venia Giannuzzi aveva solo diciotto anni quando viene uccisa per mano di un attacco terroristico ad un GayPride. Come eredità, lascia ai suoi familiari un diario. Un diario n...