Credevo che ci sarei riuscita

16 0 0
                                    

16

Gli occhietti piccoli della signora Bubckins, insegnante di letteratura inglese, si affacciarono sul volto pallido e magro della sua alunna, a suo parere, più eccellente. La professoressa Bubckins era una vecchia donna burbera, col viso tozzo e quasi da "rana", ma d'altro canto la sapeva lunga. Poteva essere gentile, a volte. Se voleva. Alla signora Bubckins piaceva sgranocchiare noccioline e patatine al formaggio, leccarsi le dita lo considerava una specie di "hobby", le faceva, come dire, esplodere i sensi, e beveva il vino bianco frizzante con una cannuccia.

Finalmente non rivedrò questi ignoranti. Per loro la scuola è finita, entreranno in un mondo sporco, conosceranno il vero significato della parola "lavoro", e scodinzoleranno appena vedranno il capo dar loro la mancia. Falliti.

Dove eravamo rimasti? Ah, si. Quella sua alunna eccellente era Merope Mcraven, e al vederla allontanarsi le si piegò il cuore in un movimento brusco.

Quella ragazza non sta affatto bene, pensò, pietosa. E quella che sentì scorrere fluida nelle sue vene fu davvero una sensazione di estrema pietà verso quella fanciulla, tutta sola, abbandonata a sé stessa, senza nessun compagno che le andava vicino, stuzzicandola e riempiendola di risate.

Quando una persona soffre, diceva sempre la signora Bubckins ai suoi giovani e promettenti nipoti, nessuno lo vuole intorno. Lo lasciano ammuffire, così come si fa quando l'uva è acerba. Nessuno la vuole.

D'altro canto, chi è che vuole qualcosa di brutto? Tutti vogliono la bontà, le persone si aspettano qualcosa di succulento, che si scioglie in bocca, che attraversi la gola e lasci una scia argentea, con spirali di fuoco.

La signora Bubckins, tentando di aumentare il passo nonostante le sue gambette tozze, arricciate come prugne secche, intrise di vene varicose, cercò di raggiungere quell'anima che si contorceva nei pensieri.

<<Mcraven!>> gracchiò, il braccio sinistro alzato con la mano tesa in segno di fermarsi, quella destra che cercava di afferrare la borsetta scolorita dal tempo che scivolava dalla spalla.

Merope si voltò, con i libri premuti contro al giovane e sodo seno. Si portò un ciuffo ribelle dietro all'orecchio e corrugò la fronte.

E questa vecchia cosa vuole? La scuola è finita, basta, diamoci un taglio. Devo superare questi esami del cazzo e poi addio a tutti.

La signora Bubckins si fermò di colpo, col respiro rauco, la mano rugosa premuta contro al petto che si abbassava e alzava.

<<Caspita, Mcraven, non sono mica una giovane come te!>>

Okay, pensò Merope, sinceramente confusa.

<<Lo sai che è da un po' di tempo che vorrei parlarti?>> gracchiò la donna, arricciando il naso.

<<Di cosa, professoressa Bubckins?>> domandò Merope.

<<Io so che tu non stai affatto bene. E mi dispiace molto. Hai letto il diario di Venia, non è così? Lo hai comprato?>>

Merope riconobbe quella luce soffusa negli occhi dell'anziana professoressa. Non disse niente.

<<Io l'ho letto. Non mi aspettavo una cosa simile da Venia, sai? Se la cavava con la scrittura. Poi quello che ha passato da bambina ... tragico. Una fine orrenda>>

<<Dovete ...>> iniziò Merope, stanca. Chiuse gli occhi, si portò una mano alla fronte e fece due passi indietro. La stavano fissando tutti. Poi aprì gli occhi nel momento stesso in cui una collaboratrice scolastica staccava dai muri le foto di Venia, arricciandole e gettandole nel cestino della carta straccia.

Caro Smerald, ti scrivo ...Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora