La "fuga"

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CAPITOLO 5

“La fuga”

E’ martedì. Sono appena uscita dalla doccia quando Rocio, una delle domestiche bussa alla mia porta.

“Signorina Cristina, si prepari perché il Signor Abraham Williams e la sua famiglia stanno per arrivare. Il vestito è appoggiato sul letto.”

Mi asciugo i miei capelli lunghi e neri ed esco dal bagno; mi dirigo verso il letto e vedo un vestito color pesca, non molto lungo, d’altronde siamo a luglio e fa caldo.

Mi preparo e scendo in salotto dove i nostri ospiti si sono appena accomodati.

Abraham Williams è un uomo di cinquantacinque anni, alto, con capelli brizzolati tirati indietro ed occhi verdi.

E’ proprio un bell’uomo.

La moglie, Caroline Williams indossa un completo di lino color vinaccia che fa risaltare il blu dei suoi occhi in contrasto con i suoi capelli corvini raccolti con delle forcine ricoperte di diamanti.

E poi c’è lui, Byron, ha due anni in più di me e ci conosciamo da quando ne avevo sette. I nostri padri hanno affari in comune, e li lega il fatto di essere ricchi, estremamente ricchi.

Byron è alto tanto quanto Abraham, ha gli occhi della madre e capelli  lunghi color oro che sembrano spighe di grano al sole. Indossa pantaloni di cotone color ambra ed una camicia bianca.

“Eccola qui la nostra ragazza spagnola preferita!” dice Abraham vedendomi entrare in salotto.

“Buongiorno, com’è andato il viaggio? “ mi rivolgo a tutta la famiglia Williams.

“Bene, cara, e tu sei sempre in splendida forma! Hai proprio il portamento elegante che si addice ad una cavallerizza del tuo livello!” mi sorride Caroline, ed è uno dei pochi sorrisi sinceri che conosca.

“A proposito di cavalli” si intromette mio padre, “perché non accompagni Byron a far vedere come abbiamo ristrutturato il maneggio? Oggi sarà sfinito dal fuso orario, meglio andare subito!”

Byron mi fissa, come un falco osserva la sua preda, alza gli occhi e mi sorride: “Certo, perché no? Sarà sicuramente una buona occasione per scambiare due chiacchiere dopo tanto tempo”

Ci incamminiamo verso le stalle, e Byron non smette un attimo di parlare.

Di cosa? Di golf, tennis, eventi di beneficenza e sempre le solite cose.

Io sorrido e rispondo ad alcune sue domande, ma la mia testa è rivolta al corso di cucina, e al piano da attuare per poter lasciare la villa ed i suoi ospiti.

“Allora Cristina, ti ho raccontato un po’ dei miei ultimi tornei svolti, tu invece, che cosa hai fatto in questi ultimi anni in cui non ci siamo visti?”

“Lo sai come sono i miei genitori, persone abitudinarie che non gradiscono molto i cambiamenti improvvisi.” Dico, e lui mi fissa, come sempre.

“Ho partecipato a molti eventi con amici di famiglia, solite cose, per fortuna ho i miei cavalli che mi distraggono un po’ dalla monotonia della villa.

Lui è Pegaso, il mio preferito” dico rivolgendomi al mio Andaluso, un cavallo bianco dal portamento elegante spesso utilizzato nelle corride.

Byron  mi chiede di fargli vedere come lo monto e trascorriamo un paio di ore insieme ai miei animali preferiti.

Verso le tre di pomeriggio pranziamo, noi spagnoli siamo conosciuti per mangiare molto tardi rispetto agli altri paesi europei, dopodichè i nostri ospiti si ritirano nelle loro camere per riposare dal lungo viaggio.

Ed è qui che effettuo il mio piano. Chiedo ad Alfonso di accompagnarmi in città perché devo andare in una boutique a provare un abito che mi sarebbe servito per il prossimo gala.

Lui ignaro di tutto accetta, ed è così che per la seconda volta in pochi giorni ritorno a Madrid.

Ovviamente le strade sono affollate, ma non è una novità.

Dico ad Alfonso di prendersi qualche ora per sé e di stare tranquillo che me la sarei cavata da sola. Ho ventisei anni, non dieci.

Verso le 19.15 mi incammino verso la piazza della Puerta del Sol dove si incrociano tutte le vie storiche della città. Seguendo le indicazioni scritte sul volantino entro in Calle del Correo e dopo pochi metri mi ritrovo davanti ad un locale pieno di ragazze della mia età, tra cui Mària.

“Holita! Io sono Mària, tu sei?” mi chiede rivolgendomi sempre un ampio sorriso.

“Ciao Mària, io sono Cristina Còrt…Cristina e basta, mi hai dato il volantino per il tuo corso qualche giorno fa e mi sono davvero incuriosita” le rispondo

“Grande! Allora Cristina e basta, loro sono le mie ragazze, ed io sono la vostra insegnante di cucina! Ditemi, c’è qualcuna che non ha mai avuto esperienze in questo ambito?”

Nessuna risponde, d’altronde, chi non ha mai sbattuto un uovo in vita sua?

IO.

Imbarazzata, alzo la mano e tutte mi fissano come se fossi un alieno proveniente da Marte.

“Cristina! Non hai mai cucinato?” chiede Mària, “No, MAI.” Le rispondo e lei continua: “Non ci sono problemi, tranquilla, qui da me si inizia dalle basi!”

Il tempo scorre troppo veloce quando non sono in villa, e senza rendermene conto è già ora di tornare a casa. Alfonso è fuori dal locale, agita in mano il cellulare con aria molto preoccupata.

“Signorina, i suoi genitori sono molto arrabbiati per questa sua uscita improvvisata! La stanno aspettando con ansia. Lo sa che quando ci sono degli ospiti non bisogna uscire o trascurarli!” mi dice.

“Come se uscissi tutti i giorni….” Replico con aria assente e sento il suo sguardo puntato su di me.

Tornati a casa i miei genitori mi squadrano da capo a piedi, ho i vestiti sporchi di farina e uova che non sono riuscita nemmeno a rompere;  però fanno finta di niente e mi consigliano di andare a fare una doccia prima che i nostri ospiti si accorgano del mio stato.

Dopo cena, ci accomodiamo tutti in veranda a bere un amaro, e a parlare di affari.

Non vedo l’ora di poter andarmene in camera, lontana da questi discorsi di cui non mi sento partecipe.

La mia testa è a Madrid.

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