Guardando il sole

10 0 0
                                        

Non so quanto tempo sia passato, ma continuo a sentire dei rumori e delle voci in sottofondo. Non riesco a parlare, a muovermi, ed il buio ha preso il sopravvento nella mia vita. Frammenti si sovrappongono nella mia testa: qualcuno che mi accarezza i capelli, qualcun'altro che mi sussurra parole dolci all'orecchio. E' come se la mia mente si fosse smarrita da qualche parte mentre il mio corpo è rimasto immobile e non risponde ai miei comandi. Non ha nessuno stimolo.
Il tempo sembra interminabile fino a quando riapro gli occhi. La luce filtra da enormi finestre e mi ritrovo in una stanza di ospedale. Intorno a me ci sono i miei genitori, Byron e Marìa.

E' tutto molto confuso, l'ultima cosa che ricordo è il rumore di uno sparo. Oddio. Riccardo!

"Dov'è?! Riccardo? Sta bene??"

"Non agitarti tesoro" mia madre si avvicina e mi stringe una mano per poi continuare "Riccardo si riprenderà. Adesso si trova in terapia intensiva, tu però non devi fare sforzi, la guarigione sarà lunga."

"Ma...ma, cos'è successo?" chiedo ancora mezza addormentata.

Questa volta è Byron che si avvicina ed effettivamente sembra quello meno provato fisicamente. Mia madre ha il viso smunto, con delle occhiaie profonde che la invecchiano di almeno dieci anni. Per non parlare di mio padre, lui sì che è stato male, avrà perso qualche chilo e gli è cresciuta la barba, cosa che lui ha sempre detestato.

"Sei stata in coma per tre giorni Cri..." mi informa il mio amico.

In coma? Per tre giorni? I miei occhi lo fissano increduli e Byron si siede accanto a me e mi racconta tutto ciò che è successo.

"Ti ricordi di aver visto Riccardo portare i soldi a quella banda di mafiosi?" esita un attimo, poi appena mi vede annuire continua, "ecco... C'è stata una colluttazione, e Angela è riuscita ad iniettarti una dose massiccia di cocaina in vena, per questo sei andata in coma. Il tuo fisico era molto provato, avevi lividi e segni di frustate su tutta la schiena e tutta quella quantità di droga che ti hanno fatto assumere è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso."

Il solo pensiero di ciò che ho dovuto passare mi fa scendere diverse lacrime lungo le guance.

"E Riccardo?" chiedo preoccupata.

"Lui è stato colpito da uno degli scagnozzi di Don Giuseppe, per fortuna l'abitazione era circondata di poliziotti in borghese e non appena hanno sentito lo sparo sono corsi nella cantina dove vi trovavate ed hanno bloccato ed arrestato tutti. E' stato difficile ma ce l'hanno fatta grazie a Riccardo che li aveva colpiti prima di essere ferito. I soccorsi sono arrivati in tempo zero e vi hanno portato nell'ospedale più vicino."

"Starà bene?"

"Certo, è forte e con un po' di riposo si riprenderà" interviene Marìa con gli occhi lucidi.

"Siete sicuri che hanno arrestato tutti? Uno dei miei ultimi ricordi è quello di aver visto Don Giuseppe intento a scappare."

"Sicuri. Quando i poliziotti hanno fatto irruzione lo hanno trovato nel piccolo bagno della cantina impegnato a raccogliere i soldi che erano caduti insieme alla valigetta nel momento in cui Riccardo lo ha colpito."

Questa notizia riesce a tranquillizzarmi, mai e poi mai vorrei rivivere una situazione del genere, non so nemmeno come io possa essere sopravvissuta dopo tutto quello che mi hanno fatto subire. Per una frazione di secondo ho pure pensato di essere morta. 

Il pomeriggio trascorre lentamente, per fortuna ho tutti i miei cari accanto che in un modo o nell'altro cercano di distrarmi e di far passare il tempo. Verso le cinque di pomeriggio entra un medico a visitarmi, e colgo l'occasione per chiedere di poter far visita a Riccardo.

"Fuori"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora