Jimin si rialzò in piedi.
E cominciò ad incamminarsi verso casa sua, con le nocche distrutte e grondanti di sangue.
Una volta raggiunta l'abitazione, si chiuse dentro e si accasciò contro la porta.
Non doveva piangere.
Non doveva piangere.
Doveva essere forte, non doveva piangere.
Per quanto il ragazzo ripetesse queste parole nella sua mente, una lacrima gli solcò la guancia, seguita da altre sue simili.
Passarono molti minuti e Jimin era ancora lì.
Con lo sguardo fisso sul pavimento, macchiato di un liquido misto sangue e lacrime.
La combinazione peggiore di sempre.
Non riusciva a muoversi.
Era pietrificato.
Riusciva solo a sbattere le ciglia, il resto del corpo era di pietra.
Completamente di pietra.
Provò a parlare, ma non ci riuscì.
Tutto quello che la sua bocca emise fu un sospiro seguito da uno strano verso.
Cosa gli stava succedendo?
Ma la cosa peggiore non era questa...
Era il suo stomaco.
Il suo stomaco era chiuso da un nodo, che a volte toglieva il respiro al ragazzo.
Se si soffermava a pensare iniziava a sentire una lama attraversargli il cuore e i polmoni riempirsi di acqua, come se...come se stesse affogando.
Park Jimin stava affogando.
Ma nessuno era lì intorno, pronto a lanciargli una fune.
Da quando era un ragazzo così triste?
Lui, che vedeva sempre il bello in tutto, che trascorreva le giornate sorridendo e facendo sorridere gli altri, come aveva potuto ridursi così?
A piangere, fino a non avere più lacrime.
Distruggersi le mani, non pensando al proprio dolore.
Jimin era seriamente stanco.
Come poteva lui aiutare Rose, se lui stesso pensava queste cose?
Se lui stesso stava iniziando a dubitare sul senso della vita.
Come avrebbe potuto aiutarla...
Era inutile.
Completamente inutile.
Continuava a fissare il pavimento, ormai ne conosceva ogni sfaccettatura, ogni sfumatura, ogni variazione del legno...conosceva quel pavimento a memoria.
Troppe volte si era ritrovato lì, solo, a piangere.
Questa volta però la sua solitudine non sarebbe durata a lungo, fortunatamente.
Qualcuno suonò alla porta...
Jimin si riprese dal suo stato di ipnosi.
Si alzò e si girò per aprire la porta.
Una volta compiuta quest'ultima azione, non poté far altro che accennare uno dei suoi meravigliosi sorrisi.
"Ciao Tae."
"Ho portato la cioccolata calda!"