Capitolo 14

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Volevo ucciderlo. Volevo uccidere quel verme che aveva causato tutto questo, che aveva spedito la mia bambina in ospedale. Doveva pagarla per bene. Devo parlare con lui e l'unico modo per farlo è entrare dentro la prigione di massima sicurezza di Monaco e guardarlo in faccia. Pezzo di merda. Poco dopo, entro dentro e lui mi da le spalle.

-Tecnologia niente male. Le sequenze per secondo erano lente.- dico mentre mi posiziono davanti a lui.- Bastava raddoppiare le rotazioni. L'energia di polso ere concentrata in canali ionizzato. Efficace ma non efficiente. Un'imitazione discreta. Non capisco bastava qualche ritocco e sarebbe perfetto e avresti potuto farci dei soldi. Che so, venderlo in Corea del Nord o in Cina, Iran o direttamente al mercato nero. Pare che tu abbia conoscenze basso locate.

-Tu vieni da familia di ladri, macellai. E come tutti uomini colpevoli, tu vuoi riscrivere la tua storia ma dimentichi tutte le vite che la famiglia Stark ha distrutto.- dice lui 

-A proposito di ladri, dove l'hai preso questo modello?

-Da mio padre, Anton Vanko.- dice lui ma il nome non mi suona familiare

-Mai sentito.

-Mio padre è la ragione per il quale tu sei vivo.- dice lui con arroganza.

-Sono vivo perché ti si è presentata un'occasione ma hai fallito.

-Davvero? Perché gente smetta di credere in Dio, basta che tu sia capace di ferirlo e le acque si maccheranno di sangue e verranno gli squali. La verità? Io me ne starò seduto qui a guardare mentre il mondo ti divorerà. Tutti ti abbandoneranno, compresa la tua cara nipotina.

-Da dove guarderai il mondo che mi divorerà? Ah già, da una prigione. Ti mando un po' di saponette.- dice cercando di mantenere la rabbia.

-Hey, Tony, prima di andartene. Palladio nel torace e morte lenta e dolorosa.- dice lui ma non gli do retta e, dopo aver bussato alla porta per farmi uscire, vado via. Passo subito in ospedale da mia nipote e quando entro, stranamente, la trovo in piedi che sistema le sue cose dentro una borsa mentre discute con la signorina Potts.

-Credo che a Malibu dovresti farti mettere in un ospedale. Non stai neanche in piedi.- dice la signorina Potts.

-Sto bene. Non ho bisogno di un medico. Ho solo bisogno di casa mia e del mio letto. Devo lavorare.- dice lei chiudendo la borsa.

-Sei identica a tuo zio.- sbuffa la signorina.

-Da qualcuno avrò preso, no?- dice Emma con un sorriso.

-Sei identica a me e ne vado fiero.- dico entrando in stanza.- Ma non credi che la signorina Potts abbia ragione in questo caso?

-No. Voglio solo andare a casa, ti prego.- supplica lei 

-Va bene.- dico baciandole la testa e abbracciandola forte.- Non farmi più uno scherzo del genere. Mi hai fatto spaventare a morte.

-Non ti prometto niente ma ci proverò.- dice lei ricambiando la mia stretta. Quando torniamo a casa, mi rifugio nel mio laboratorio e chiedo a JARVIS di fare delle ricerche per me.

-Quesito completato, signore. Anton Vanko, fisico sovietico che ha richiesto asilo agli Stati Uniti nel 1963. Fu poi accusato di spionaggio e deportato nel 1967. Suo figlio Ivan, anche lui fisico, fu condannato per aver venduto armi letali al protonio 239 al Pakistan e ha scontato quindici anni nella prigione di Copeisc. Non esiste altra documentazione.- dice lui mentre io mi rendo contro di quello che sta succedendo.

-Tony, devi venire subito di sopra e prendere in mano la situazione.- dice James interrompendo i miei pensieri.- Ascolta, sono stato tutto il giorno al telefono con la guardia nazionale per convincerli a non far sfilare i carri armati sulla Pacific Coast e buttare giù la tua porta di ingresso e sequestrarti tutto. Ti porteranno via le armature, lo capisci? Basta con i giochetti. Hai detto che nessuno avrebbe avuto questa tecnologia per i prossimi vent'anni? Beh, guarda un po'. E' arrivato qualcuno che proprio ieri ce l'aveva. Non è più una condizione ipotetica. Mi stai ascoltando?- chiede poggiando una mano sulla mia spalla e per la prima volta lo guardo in viso, da quando è entrato, con poco respiro in corpo.

-Ti senti bene?- chiede e io gli pazzo una mano sul braccio.

-Andiamo.- gli dico e scendo dalla macchina ma poco dopo, cado aggrappandomi ad essa e lui mi viene in soccorso.

-Hey, hey, Tony, stai bene?

-Si, devo arrivare alla scrivania. Vedi la scatola di sigari?- chiedo mentre mi aiuta a camminare.

-Si.

-E' palladio.- dico buttandomi sulla sedia e prendendo la scatola. Lui apre la scatola mentre io estraggo il vecchio palladio dal reattore facendo uscire fumo.

-E' normale che emetta fumo?- chiede

-Se vuoi saperlo, è un arma in neutroni dovuto alla rete del reattore.- dico e poi lui lo estrae trovandolo sciolto.

-Accidenti, avevi questo nel tuo corpo? E il cruciverba ad alta tecnologia che hai sul collo?- chiede quando mi giro dandogli le spalle.

-Escoriazioni.- spiego- grazie.- gli dico e poi inserisco il reattore al suo posto e mi sento subito meglio.

-Che cosa guardi?-gli chiedo mentre apro il termos.

-Sto guardando te. Che cosa vuoi fare? La sceneggiata del pistolero solitario non serve. Non sei costretto a farlo da solo.

-Sai vorrei che tu avessi ragione, dico davvero. Ma devi fidarti di me. Al contrario di quello che la gente pensa so bene quello che faccio.- dico e lo convinco in parte. La sera del mio compleanno decido di dare una festa, anche se non mi sento completamente dell'umore. Guardo nello specchio il riflesso dell'uomo che sto diventando e non vedo altro che escoriazioni che partono dal mio petto e si diradano in molte parti del mio corpo. Che uomo sono? Posso davvero essere l'uomo che tutti sperano che io sia? Posso davvero salvare il mondo da tutte le ingiustizie di questo mondo come più di sei mesi fa? Posso ancora farlo?

-Quale orologio vorrebbe mettere questa sera, signor Stark?- chiede Natasha entrando e io inizio a abbottonare la camicia.

-Ora vedo.- dico mentre lei possa tutta la cassa sul mobile della stanza da letto.

-Forse dovrei annullare la festa.- dico girandomi verso di lei e lei mi giarda con i suoi occhioni enormi.

-Probabilmente.- dice avvicinandosi a me con un bicchiere in mano

-Si perché..

-E' sconveniente.

-Può essere mal interpretata.- dico io prendendo il bicchiere dalla sua mano

-E inappropriata.- dice e io bevo un sorso.- E' sufficientemente forte per lei?

-Quadrante dorato, cinturino marrone.. -dico invece io.- Li porti qui.- dico poi e lei con delicatezza li porta da me e li mette sulle mie gambe dopo essermi seduto sulla poltrona.

-Faccio io. Lei può anche andare.- dico ma lei si siede sul bracciolo della poltrona. Prende un po' di trucco e lo passa sul mio livido.- Devo ammettere che mi riesce un po' difficile inquadrarla. Da dove viene?

-Ufficio legale.- dice lei concentrata sul suo lavoro.

-Posso farle una domanda immaginaria? Un po' strana. Se questo fosse il suo ultimissimo compleanno, come vorrebbe festeggiarlo?

-Farei tutto quello che ho voglia di fare con chiunque avrebbe voglia di farlo.- dice lei alzandosi.- ah e.. sua nipote è riuscita a liberarsi dal lavoro quindi è qui stasera. Mi raccomando non deluda nessuno.- dice per poi andare via.

Già.. vediamo che combino questa sera.

Io sono Iron ManDove le storie prendono vita. Scoprilo ora