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Una fine sincera

Io lo sapevo che stava per succedere qualcosa.

Stavo aspettando un blackout, un terremoto, un ciclone, una telefonata dal papa, qualsiasi cosa, e ne ero così sicuro che alle 11 di sera mi ritrovavo sul divano ancora coi vestiti e le scarpe, pronto per scappare.

Non avevo mai avuto questo tipo di sensazioni, effettivamente mi sentivo un tantino strano prima, ma tutto si aggravò con la telefonata di Zambo, che sapete ormai essere il mio veggente personale:

"Ben, che è successo?"

"niente, cosa è successo?"

"te lo sto chiedendo, cosa è successo?"

"io ti odio"

"hai ragione scusami lo so"

"ok vaffanculo, se muoio voglio essere cremato"

Le avevo pensate tutte, veramente tutte, ma mai sarei arrivato alla giusta conclusione.

Il citofono suonò, pensai che fosse la morte che veniva a prendermi, mi bloccai, mi stavo letteralmente cagando in mano, suonò di nuovo, sta volta risposi: "chi è?" "ma quanto ci metti? dormi già?" non riconoscevo la voce, sarei potuto svenire da un momento all'altro, o forse la riconoscevo ma non credevo alle mie orecchie "scusa?" "Benjamin, mi apri o mi devo arrampicare per vederti?" "Federico?! Che cazzo?!? Sali, sono al terzo piano"

Non ci potevo davvero credere, Federico era venuto a Modena, come aveva trovato il mio indirizzo? Chi glielo aveva dato? Le domande mi riempivano la testa, ma non avevo alcuna intenzione di darmi delle risposte, aprii la porta e cominciai a scendere le scale correndo verso di lui mentre sentivo passi veloci verso di me. Lo vidi e mi fermai, lui fece lo stesso. Aveva la giacca di camoscio chiusa per intero, le mani nelle tasche e il sorriso più bello che avessi mai visto, meraviglioso come non mai, ero decisamente innamorato di quel sorriso, di quegli occhi, di quelle gambe fasciate da quei jeans neri stretti, ero innamorato di Federico, e amavo ogni suo singolo gesto, ogni singola cosa di lui.

Scesi gli ultimi scalini che ci dividevano "sei un pazzo" dissi "sei davvero pazzo" mi avvicinai e lui fece lo stesso "quanto cazzo mi sei mancato" disse mettendomi le mani sul bacino, strinsi i suoi capelli tra le mani e avvicinai il suo viso al mio, ci baciammo con tutta la passione e tutto l'amore che avevamo dentro, lo desideravo in tutti i modi possibili e fu per quello che lo presi per il colletto del giubbino e lo trascinai dentro casa, chiudendo la porta con un calcio. Mentre camminavamo impacciati con gli occhi semichiusi e le mani che si stringevano, si sfioravano, si volevano, ci spogliavano, ci reggevano e ci spingevano, lo portai in camera, lo spinsi sul letto e mi misi a cavalcioni su di lui togliendogli il maglione e lanciandolo da qualche parte nella stanza, sorrideva sincero, come un bambino il giorno di Natale. Quanto era bello Federico. Quanto era bello il mio ragazzo. Ma Federico era il mio ragazzo? C'era mai stato un punto di inizio nella nostra relazione? Ma soprattutto, c'era mai stata una fine? Una fine sincera, concreta e reale effettivamente tra di noi non c'era mai stata, quando ci eravamo separati? Mai. Neanche in un giorno, per quanto fosse lontano, lui non era con me. Era sempre presente.

Mi bloccai a pensare mentre i nostri occhi erano lucidi per l'amore, per

l'emozione, per l'eccitazione. Mi bloccai con gli occhi fissi nei suoi, con le sue dita che mi sfioravano il ventre e i miei pollici poggiati sulle sue guance rosse, si accorse che qualcosa non andava quindi fece per alzarsi mettendosi seduto al centro del letto con me sulle sue gambe:

"Ben, c'è qualcosa che non va?" disse accarezzandomi la schiena "mi stavo chiedendo una cosa" dissi sistemandomi meglio sulle sue gambe "dimmi su" "ecco io, mi chiedevo, noi due stiamo insieme? Cioè nel senso, tu sei il mio ragazzo?" sorrise sincero "Ben, da quando io ti ho visto per la prima volta sono stato tuo, da quando i tuoi occhi hanno incrociato i miei io sono tuo, ero tuo 7 anni fa, ero tuo 3 anni fa, ero tuo l'anno scorso, ero tuo ieri e sono tuo oggi in questo momento, su questo letto di questa stanza di cui non conosco neanche la grandezza perché l'unica cosa che ho guardato fino ad adesso sono i tuoi occhi, sei tu, tu che sei ragione e conseguenza di tutte le mie scelte, di tutte le mie azioni, Ben, anche se io e te non siamo fidanzati per chi ci sta intorno, anche se io e te non siamo fidanzati in modo ufficiale, io so che io sto con te e tu stai con me, e questo è da sempre. Io non voglio essere il tuo ragazzo, amore mio, io voglio essere il tuo tutto, la tua perfetta metà, il tuo compagno, il tuo unico amore, ti voglio riempire la vita e voglio farlo qui, a Milano, in Giappone o ovunque ci capita, io ti amo Benjamin, e se solo tu mi dai il permesso ora farò la pazzia più grande di tutta la mia vita" il mio cuore batteva all'impazzata, la mia felicità non si poteva misurare, non esistevano parole per rispondere e quindi le lacrime presero il loro posto, piangevo come un bambino e non riuscivo a fermarmi, ma non capivo cosa volesse fare, non capivo quale fosse la pazzia di cui parlava "fai ciò che vuoi" dissi tra le lacrime che prontamente mi asciugava "dovevo farlo domani, ma non mi pare il caso aspettare, no?" non capivo, poi allungò il braccio e prese qualcosa dalla tasca, era una scatoletta nera che aprì all'altezza del mio stomaco, sentivo il cuore scoppiarmi e anche le lacrime sta volta si rifiutavano di uscire: "allora? Mi sposi si o no?"


Could we ever be enough? // fenjiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora