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I tempi felici

Stavo cercando qualcosa da mangiare in frigo, avevo appena finito il turno in ufficio e mi ero preso il pomeriggio libero per colpa del mal di denti che non riuscivo a curare, ripensandoci sarei dovuto andare dal dentista molto prima. Lavoravo come architetto in uno studio di amici di mio padre, ero il più giovane e mi consentivano più del dovuto in realtà, sarà che avevo l'età dei loro figli o dei figli che avrebbero voluto avere. Durante il viaggio verso casa ricevetti 2 chiamate da mia madre ma stavo ascoltando una vecchia canzone che mi ricordava tanto i tempi felici, quando ero solo un ventenne spensierato, lei sicuramente voleva sapere come procedeva il mal di denti quindi decisi di non rispondere. Avevo appena preso e letteralmente lanciato nel microonde del pollo avanzato dalla sera precedente quando il cellulare comincia a squillare di nuovo, mi ricordai delle due chiamate di mia madre e cominciai a pensare che fosse successo qualcosa di brutto: "mamma?" "Ben! Ma quanto ci vuole?" "Scusa ero in macchina non potevo rispondere, che è successo?" "È arrivata della posta per te" "per me? Ma se sono anni che la posta mi arriva qui?" "Ben è una lettera" "cos.." "Ben, è Federico".
Onestamente non mi ricordo come finì la conversazione, ricordo che il pollo si bruciò, che il mal di denti passò, gli occhi si inumidirono e il cuore perse diversi battiti.
Mezz'ora dopo ero a casa dei miei, seduto sul letto di camera mia, le mani umide giravano e rigiravano la lettera. Il primo istinto fu quello di strapparla in mille pezzi ma avevo davvero troppo bisogno di sapere cosa c'era scritto.

La lessi tutta d'un fiato, le lacrime mi scendevano una dopo l'altra senza chiedere il permesso, silenziosamente. Dopo un tempo indefinito mi alzai dal letto e mi diressi verso la libreria, "l'ultima pagina dell'ultimo libro in basso a destra" mi ripetei mentre li osservavo tutti, compivo movimenti lenti con lo sguardo fisso nel vuoto, tanto che neanche mi accorgevo di starmi muovendo. Asciugai le ultime lacrime con il dorso della mano sinistra mentre con la destra afferravo il libro. Si aprì automaticamente all'ultima pagina dove c'era incollata la nostra foto, quella che ritraeva noi due al parco vicino casa dei suoi nonni, avevamo appena preso un gelato da un signore di mezza età, siccome ero il solito sbadato mi era caduto giusto a 3 metri dal chiosco, Federico invece lo teneva ben stretto tra le mani per paura che cadesse. Era tutto impegnato a non farlo sciogliere e per questo leccava un po' ovunque, era talmente concentrato che non si accorse di avere una chiazza enorme accanto al labbro, fu quello il momento in cui tirai fuori il cellulare e aprii la fotocamera interna e non appena si guardò nello schermo scoppiò a ridere e proprio in quell'istante scattai la foto. Quella foto sarebbe poi rimasta con me per tutti quegli anni in cui lui era chissà dove con chissà chi, mentre io ero a casa, a piangere, col suo maglioncino blu e grigio che tanto adoravo e che gli rubai la sera della nostra prima volta, beh in realtà lo ritrovai sotto la poltrona il mattino dopo, ma lui era già andato via con la mia felpa quindi non gli sarebbe servito.. in effetti anche lui non mi ridiede la felpa. Staccai la foto, uscii dalla stanza e sorrisi a mia madre uscendo di casa, non mi chiese niente ma sorrise a sua volta, lei sapeva quanto avevo sofferto e so che quel sorriso gli riempì il cuore.
Presi il primo treno per Milano, cercavo sul navigatore casa sua, da quello che vedevo doveva essere una piccola villetta non lontano dal centro. Pazzesco. Mi ero promesso che non lo avrei mai cercato e ora stavo andando a casa sua, senza preavviso e con un solo cambio, contavo di starci il meno possibile, giusto il tempo di.. di cosa? Perché lo stavo facendo? Perché stavo tornando da lui? Avevo preso quel treno senza riflettere neanche un secondo ma ormai era troppo tardi, ero già arrivato.

fatemi sapere cosa ne pensate commentando o tramite messaggio. ❤️

Could we ever be enough? // fenjiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora