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Non c'è realmente un secondo tentativo, perché prima ancora che Camila possa ricevere il suo nuovo incarico, qualcun altro prendere le redini della situazione.

Non ha dormito molto da quella sera al pub con la ragazza-senza-nome, e ha l'impressione di sentirsi sempre più distaccata dal magazzino e tutto l'ambiente che lo circonda.
Non racconta a Jonathan che la sua spacciatrice ha fatto il lavoro al posto suo, vuole dimostrargli che sa cavarsela e lui sembra fiero di lei.

Per un po' attende, non può negare di essere sollevata che nessuno chieda di lei per ben quattro giorni, ma presto il suo entusiasmo si trasforma in perplessità e poi in preoccupazione.

«Perché il tuo amico mafioso non mi manda più a fare consegne?» domanda di punto in bianco, uno di quei giorni.

Jonathan è seduto con le gambe incrociate proprio di fronte a lei, che come sempre rispecchia la sua posizione e, a quella richiesta così esigente, alza lo sguardo, curioso.

«Ha un sacco di spacciatori, Camila. Non puoi mica pensare che per ogni consegna venga a cercare te» spiega.

«Ma a me servono soldi» piagnucola lei. Sta iniziando a stancarsi di vivere giornalmente con il panino di Jonathan e il suo sacco a pelo, attendendo qualche occasione al volo - come quella di una settimana prima, quando lei e il ragazzo erano stati ospitati per un paio di giorni da un suo amico: Camila non ricorda ricorda di aver mai gioito tanto nella sua vita all'idea di dormire su un materasso logoro e con l'imbottitura quasi del tutto assente.

Jonathan si limita a fare spallucce, continuando a rollare la sua sigaretta artigianale.

«Grazie, Johnny, sei di grande aiuto» sbuffa lei, afferrando il mazzo di carte da poker e distribuendole sul pavimento per fare una partita a Solitario.

Il venerdì giunge silenziosamente alle porte del magazzino, e con lui anche la sua spacciatrice metodica e abitudinaria.
Camila neanche osserva più la consegna fra lei e Johnny, è diventato fin troppo monotono e stancante, perciò tiene piuttosto lo sguardo basso a contare le crepe del cemento del pavimento.

«Guarda chi si rivede... Fiocchetto»

La sua voce è raggiante e, quando Camila alza la sguardo, vede che è proprio in piedi davanti a lei.

«Stai sorridendo» osserva compiaciuta, mettendosi a braccia conserte con aria leggermente tronfia.
Camila non conferma i suoi sospetti, ma neanche li nega. Se ne sta lì seduta a fissarla, non sapendo piuttosto come rispondere.

«Puoi procurarmi un incarico?» chiede allora, e la vede alzare un sopracciglio.
«Ho visto come fai, ho capito»

«Sì, come no» commenta, scettica.

«Ti prego, ho bisogno di soldi» sussurra la bruna, lanciando un'occhiata terrorizzata in direzione di Johnny. Il ragazzo sa che lei non ha certo scelto di vivere nel magazzino per piacere, ma non vuole ugualmente che la senta mentre appare così disperata di fuggire.

La verità è che Camila vorrebbe solo dei soldi per ricominciare da zero, andare ad abitare in un luogo magari più dignitoso e poi cercare di capire come tornare al presente. Sa che è un obbiettivo troppo alto da perseguire, ma deve almeno tentare, non può certo starsene intrappolata nel passato con le mani in mano. Altrimenti, deve trovare un escamotage per farsi riconoscere da sua nonna Mary, ma c'è qualcosa che la blocca dall'attuare quel piano di riserva. Ha letto fin troppi libri fantascientifici per non tenere conto della storia del paradosso temporale che potrebbe senz'altro crearsi se lei scombina le carte in tavola.

«Conosco Jack, il tuo capo, potrei parlare con lui» dice, posando le mani su entrambe le ginocchia e accucciandosi leggermente.

«Davvero?»

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