IX

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Piange per tutta la durata della notte, fino alle prime ore del mattino, quando la stanchezza prende il sopravvento e lei scivola lentamente fra le braccia clementi di Morfeo.

Pensa a Johnny e a come sia precipitato tutto nel caos in così poco tempo, vorrebbe tornare alla sua realtà fatta di monotone mattinate sul bus delle sette e venti e delle chiacchierate senza scopo insieme a nonna Mary, tutti gli elementi che prima la annoiavano e le stavano stretti e che adesso invece rimpiange.

Si risveglia che fuori la luce del giorno ha appena toccato i tetti delle case di Nashville, ed è silenziosa quando esce dalla stanza dopo aver spostato la sedia dalla porta, sgattaiolando a passo felpato in cucina, dove prega di non ritrovarsi davanti allo stesso spettacolo della sera precedente.

La cucina è vuota. Certo, le bottiglie e i vinili sono ancora lì (Camila è convinta che, da qualche parte sul pavimento, giaccia ancora la siringa impura, ma non vuole pensarci, non adesso). Apre il frigo - ha almeno tre ripiani, ma gli alimenti che contiene riescono a malapena ad occuparne il primo - e dà un'occhiata alle proprie opzioni, per poi adattarsi alle circostanze e far passare un trancio di pizza solitario come una colazione accettabile. È passato troppo tempo da quando ha consumato un vero pasto, in ogni caso, e non ha certo voglia di fare la schizzinosa ora.

Non siede al tavolo, lo vede come un gesto strettamente confidenziale, lo farà quando si sentirà a casa fra queste quattro mura fredde - il che le sembra difficile, quasi impossibile - e piuttosto sceglie di rimanere in piedi davanti al piano cucina. Per questo, quando Lauren fa il suo ingresso nella stanza, non viene notata dalla bruna, che continua a sbocconcellare il proprio pasto.

«Sei brava a disegnare» sono le parole con cui viene accolta dalla ragazza dagli occhi cristallini.

Camila sussulta e si volta verso di lei.
Non si aspettava certo di vederla tranquillamente appoggiata sullo stipite della porta, un foglio stropicciato in mano e le occhiaie accentuate sul volto apparentemente ancor più scarno di quanto ricordasse.

«Dove lo hai trovato?» domanda, allarmata. Non ha davvero bisogno di vederlo per sapere che si tratta del disegno che ha fatto quando era sull'orlo di una delle sue crisi, appena il giorno prima.

«Era nella tua giacca»

E rimangono in silenzio. Camila avrebbe infinite domande, eppure si accontenta solo di una misera risposta sul suo mal riuscito disegno taumaturgico.

Butta il piatto di plastica dove un tempo vi era il suo trancio di pizza nel cestino dell'immondizia e comincia a giocherellare con un lembo della propria maglietta. È un vizio che ha sempre avuto, quello di impegnare le mani quando è nervosa, per distrarsi.

«Ridammelo» dice poi, secca, incontrando lo sguardo della ragazza, che si limita ad avvicinarsi e posarlo sul tavolo. È sciatta, sia nell'acconciatura quanto nei vestiti, Camila è certa che abbia trascorso una notte in bianco, possibilmente interamente sotto effetto di acidi, e anche solo pensarlo la nausea dal profondo.

«Non dovevi vedermi in quel modo, ieri sera. Credevo non fossi in casa»

«Che differenza fa?» ribatte Camila, più a se stessa che a lei.
«Francamente non mi importa»

Il volto di Lauren assume un cipiglio, e parrebbe quasi che sia sorpresa dai modi dell'altra, che altro non fa se coprirsi di bugie.

«D'accordo, beh, io esco» annuncia, e fa per voltarsi - Camila si chiede se ha davvero intenzione di uscire per com'è, con solo la maglietta stropicciata addosso e a piedi scalzi.

«Perché mi tieni qui?» domanda, d'impulso, quando la ragazza è quasi fuori dalla stanza, e quella fa una piccola pausa prima di rispondere.

«Non lo so»

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