VIII

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Carezze, sottili e affusolate dita che scorrono fra le sue ciocche in movimenti lenti e morbidi, inviando piacevoli scariche lungo la spina dorsale fino alla nuca, dove la pelle d'oca le provoca i brividi.

È questo agglomerato di sensazioni a svegliarla, e Camila deve strabuzzare gli occhi prima di essere nuovamente capace di focalizzare la vista su ciò che la circonda. La prospettiva con cui incontra il soffitto, il primo elemento riflesso dal suo sistema nervoso, è dal basso, quasi a livello del pavimento.

È adagiata su un piano rigido, lo capisce nel momento in cui la sua colonna vertebrale scatta in una contrazione spiacevole che le fa arricciare il naso per la fitta di dolore.

Le dolci somministrazioni si fermano per un attimo, e Camila alza lo sguardo su un paio di occhi verdeggianti come pianure irlandesi, che la osservano attenti e in attesa.
La sua mano si ferma poco sopra la fronte, dita affondate fino alle nocche fra le varie ciocche, ma senza stabilire una presa possessiva su di esse.

«Ci siamo addormentate qui?» domanda Camila, la voce bassa e leggermente roca per essersi appena ridestata.

Lauren annuisce, e in quell'istante Camila realizza di avere la testa appoggiata sul suo grembo. Si chiede se sia stato un puro caso oppure opera della stessa che, magari, vedendola con la nuca sulla moquette, ha deciso di farle da sostegno per il capo.

In un angolo della stanza, il vinile gira a vuoto, producendo sempre quel suono meccanico della puntina di incisione che strofina contro il materiale lucido.
Camila ricorda certamente le braccia di Lauren avvolte attorno alla propria vita, calde e fragorose risate che sgorgavano dalle loro bocche come fiumi in piena, mentre Joan Jett le deliziava con la sua discografia.
E, alla fine di ogni brano, si sapeva che non sarebbero mai andate a dormire perché "devo assolutamente farti sentire la prossima traccia, vedrai, la amerai" era ciò che ripeteva continuamente la ragazza dai capelli corvini, una bottiglia di birra in mano - dalla quale Camila si era presa di coraggio a rubare qualche sorso, giusto per sembrare al passo con lei - e l'altra discretamente appoggiata sul suo fondoschiena, poco sopra il coccige. Era tutto perfetto, avevano ballato finché i dischi non si erano esauriti, così come la loro energia e entusiasmo per fare baldoria.

«Penso che tu abbia bevuto un paio di birre, Fiocchetto» sorride la ragazza, e Camila sgrana gli occhi, mettendosi a sedere. Alcuni capelli le ricadono sul volto in modo disordinato, e l'altra si accinge quasi simultaneamente ad aggiustarli.

«Dici sul serio?» chiede, vagamente preoccupata, la bruna.

«Certamente no, avevamo solo due birre in casa, di cui una e mezzo è finita nel mio sistema» la rassicura quella, il tono comunque leggermente ironico.
«E non permetterei mai che tu esagerassi con l'alcool» aggiunge, facendo spallucce.

Camila inclina la testa in un lato.
«Perché senti sempre il bisogno di proteggermi, come se potessi farmi male in qualunque momento?»

Neanche quella domanda riesce a spiazzare Lauren, la ragazza si limita a tirar fuori una sigaretta dalla giacca posata sul logoro divano dietro di loro, infilarsela fra le labbra e accenderla.
Inspira, assapora il tabacco nella bocca prima di rilasciarlo, lentamente.

«Quando saprai prenderti cura di te stessa, allora la smetterò»

Quella frase punge sull'orgoglio Camila che, fra tutto ciò che odiava sentirsi dire, le accuse di essere immatura stavano sulla vetta.
«Cosa? Tu non mi conosci! Parli tanto, ma la realtà è che mi ha pescato per strada non so nemmeno per quale motivo e mi hai portata qui. Non l'ho chiesto io, come vedi stavo perfettamente da sola, senza di te, perciò evita queste supposizioni infondate» esclama, e si alza dal pavimento, seguita dallo sguardo calmo di Lauren.

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