XIX

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«Hai almeno idea di come si faccia?» domanda, mentre Camila si infila la cintura e appoggia le mani sul volante.

Ha accettato di sedersi al posto dei passeggeri, rinunciando quindi al monopolio dell'auto, e storce il naso mentre osserva la ragazza prepararsi con tutte le proprie piccole (quasi maniacali) precauzioni.

«Si dia il caso che abbia la patente» risponde lei, stizzita.

«Ah sì, e dov'è?»

«Beh...»

Circa nel futuro, le verrebbe istintivo dire, ma si trattiene per amor di sopravvivenza ed evitare ulteriori confusioni.

«L'ho lasciata nella vecchia casa in cui vivevo» spiega invece.

Mezza bugia è meglio di una intera.

«Sei scappata?» continua Lauren, adesso con tono in qualche modo più delicato. È la prima volta che le chiede del suo passato, e in quell'istante Camila viene colpita dalla realizzazione di non conoscere assolutamente nulla della storia della ragazza con cui è in macchina.

Ma è davvero disposta a parlarle della propria?

Prima ancora che possa soppesare la propria risposta, le parole le escono spontanee.

«Non proprio»

Continuare non è saggio, e Lauren non la sta neanche invitando a fare ciò, ma si ritrova a voler condividere quella parte di sé con lei, che se ne sta in silenzio, in attesa di qualunque affermazione, ma senza pretendere.

«Quand'ero piccola avevo un rapporto un po' difficile con mio padre. Lui era... Particolare»
Deglutisce, cercando di rimettere insieme i pezzi in modo tale da non far trapelare neanche un frammento della causa che l'ha portata fin qui, e ricordandosi di non dare alcun tipo di riferimento temporale al proprio racconto.

«Non era cattivo... Era semplicemente solo. Mia madre l'ha lasciato quando ancora avevo cinque anni, non andavano d'accordo e lei aveva il brutto vizio di bere e trattarlo male. «Ho scoperto solo nell'adolescenza che faceva anche uso di sostanze stupefacenti e lo tradiva con altri uomini. Per questo, un giorno lei è andata via di casa e io sono rimasta sola con mio padre, che mi ha cresciuto senza l'aiuto di nessuno. Da quel momento lui è cambiato, è diventato schivo, irascibile e perdeva facilmente la pazienza con me»

Fa una pausa, le trema la voce, e poi un sorriso amareggiato si dipinge sul suo volto, lo sguardo fisso sul parabrezza.

«Credo fosse una reazione involontaria, gli ricordavo la persona che l'ha ferito di più al mondo»

«Perché scontava su di te le colpe di tua madre?» domanda Lauren, sorprendentemente, e Camila alza lo sguardo per incontrare il suo, pieno di risentimento e acceso da una rabbia improvvisa, che la fa quasi commuovere.

«Perché al suo tempo non è riuscito a cambiare ed aiutare lei, quindi in me vedeva rispecchiati tutti i propri errori. Ad ogni modo, non era violento. Non sempre, almeno... La maggior parte delle volte i suoi sfoghi si limitavano a urla continue, anche immotivate. Non ho mai avuto il coraggio di difendermi, preferivo tacere e aspettare che si calmasse»

Sospira, e sfiora il volante con un dito, prima di afferrarlo con presa salda per distendere i nervi.

«Solo che un giorno... Ha esagerato»

A ciò, Lauren si irrigidisce notevolmente sul sedile e, con la coda dell'occhio, Camila vede le sue labbra schiudersi in attesa, forse persino timore.

«Mi ha... Mi ha picchiato, soltanto quella volta. Avevo undici anni. I vicini hanno sentito tutto e hanno chiamato la polizia, perciò sono stata portata via da mio padre. Qualche giorno dopo c'è stato il processo in tribunale - mentirei senti dicessi che mi ricordo anche solo un minimo di ciò che è successo - e mio padre ha perso la patria potestà su di me, che sono stata affidata a mia nonna materna. Così, mi sono trasferita da Franklin qui a Nashville»

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