VI

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Non vi è mai capitato di vedere un periodo della vostra vita come una sequenza di scene velocizzate, come se qualcuno stesse premendo il tasto di un lettore CD per mandare avanti una canzone di un paio di minuti?

Spesso è dovuto ad uno shock, conseguenza di un evento particolarmente significativo che ha cambiato la nostra vita, in un modo o nell'altro.

Camila è divisa in due: corpo, e una flebile folata di anima che aleggia attorno ad esso, spettatrice imparziale di ogni cosa che succede dopo.

Vede se stessa nelle braccia della ragazza dai capelli scuri come la notte, che la accompagna - un braccio stretto attorno alla sua vita e l'altro sulla sua mano che ha appoggiato alla propria spalla, un tocco che sembrerebbe molto più premuroso di quanto non dia a vedere - ad una moto di cui la Camila spettatrice ha un vago ricordo. La fa salire, le allaccia il casco, scavalca con una gamba e in breve sta spingendo sull'acceleratore del manubrio per farla partire con un ruggito potente. La luce del lampeggiante di fronte crea un raggio ampio davanti a loro, rischiarando l'asfalto della strada desolata, mentre le ruote bruciano ogni centimetro di cemento sempre più velocemente.

Camila si vede mentre appoggia la testa alla sua spalla in modo arrendevole e del tutto sconfitto, lasciandosi portare ovunque voglia la conducente.

Il resto è più o meno un blackout, fino al momento presente.

Attualmente, Camila è sdraiata in un letto che non è suo, in una casa che non ha mai visto prima, e fissa il soffitto dal quale pende il filo di una lampadina, che oscilla periodicamente spinto dalle folate di vento che entrano dagli spiragli di una finestra le cui tapparelle sono rotte.

Fuori è giorno, mattina o pomeriggio che sia.

È coricata in posizione fetale, le ginocchia strette al petto e la testa schiacciata dal cuscino che preme col peso del braccio contro una tempia.
La sua mente è stata un groviglio di domande, ma Camila non si è interrogata sul perché si trova dove si trova, quanto piuttosto su dove sia, questo luogo.

Ha dimenticato la nottata spesa sulla moto, a correre fra le strade di Nashville contro la corrente spietata che si scontrava con la visiera del casco. Non sa dove sia, ma non è ansiosa di scoprirlo.
In verità, non vorrebbe nulla se non il la capacità di potersi annullare, cosicché quella pesantezza che le grava sul petto da un'eternità sparisca una volta per tutte.

Non riesce a respirare, più volte annaspa in cerca di ossigeno, come se vi fossero un paio di mani serrate attorno alla sua gola secca.
Non vede la luce offuscata da una nuvola nel cielo, né un nuovo giorno sorgere, poiché rimane stagnata nella sua posizione, il cuscino sempre in testa e gli occhi chiusi.

«Fiocchetto?»

La sua voce roca giunge alle orecchie di Camila in un suono attutito e, per la prima volta in assoluto, incerto e tremolante.
La bruna non si muove, allora sente le coperte spostarsi e il materasso che cede sotto il peso di un corpo nel medesimo istante in cui una mano si posa sulla sua, leggera e tentennante, come attendesse un permesso.

La ragazza la osserva dalla sua posizione senza dire nulla, e la bruna non trova la forza di parlare, ma poi toglie il cuscino dalla testa e si mette a sedere, trovando il viso dell'altra in attesa e speranzoso.
La guarda, cercando il motivo di quel suo sguardo illuminato, ma non trova mai la probabile fonte, né tantomeno riesce a far attivare i propri neuroni specchio per imitare quegli occhi svegli e attenti. I suoi sono spenti, vacui.

«Perché è tornato indietro? Ce l'avevamo fatta» dice, e la ragazza dai capelli corvini assume un cipiglio, abbassando leggermente il bel viso per far attecchire le parole della bruna, le quali escono come gocce distillate di veleno.

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