XIII

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Camila si stiracchia alla luce che filtra pigramente dalle imposte della finestra, strofinandosi gli occhi e, stranamente, sente che la giornata si prospetta positiva. Può sentirlo nelle ossa; non sa da che in che modo ciò la influenzerà, ma è sicura che valga la pena alzarsi dal letto quella mattina.

Quando si volta alla propria sinistra, è sorpresa di vedere Lauren pacificamente addormentata con un braccio sotto il capo e l'altro abbandonato sul lenzuolo con le dita intrecciate in un lembo con presa lenta. I suoi capelli arruffati sono sparsi sul cuscino, e coprono parzialmente il viso candido, le cui palpebre celano gli occhi cristallini. Non l'ha mai vista così rilassata, ed è lieta di scoprire che, almeno nell'inconscio, sia tranquilla.

Allunga una mano e avvicina un dito tremante alla ciocca di capelli che le blocca la visuale delle sue labbra. Sente piacevole il contatto, e indugia sul suo viso ancora per un attimo prima di ritirarsi, non vuole superare limiti che le sono stati imposti (o, meglio, si è autoimposta) per non sfociare nell'assurdo.

Infatti rimane seduta al suo posto e la osserva per un po', trovando piuttosto interessante il modo in cui il suo petto si alza e abbassa al ritmo di una musica inesistente, quasi come se, anche da sopita, avesse controllo perfino su quello. La ragazza è arte, è per questo che Camila l'ha disegnata sul muro di quel magazzino. Non c'è cosa più rara di un soggetto che ispira a primo impatto un artista, così tanto da rimanere impresso e venire ritratto a memoria. Ecco cosa terrorizza di più la giovane pittrice, di aver creato, quasi come un sigillo, una sorta di legame ineluttabile fra loro nell'istante in cui ha inciso la pietra con i suoi lineamenti.
Il rapporto fra un artista e il proprio soggetto non è da sottovalutare, e Camila teme che potrebbe presto diventare la sua Musa.
Allora, quale sarebbe la differenza fra lei e Lauren e un poeta con la sua donna angelo? Dovrebbe provare sentimenti per lei?

Ora come ora, se avesse un foglio ed una matita a portata di mano, disegnerebbe ogni dettaglio del suo viso indisturbato, così delicato e pallido. Ma non osa afferrare la borsa in cui ha riposto il diario di bordo, non vorrebbe che Lauren pensasse che il suo ricordo più importante di Indianapolis sia stato osservarla dormire. Non farebbe altro che alimentare la sua spavalderia, e forse la situazione precipiterebbe in una serie di "e se..." e provocazioni continue sul suo ipotetico interesse romantico nei confronti della ragazza dormiente.

«Mi stai fissando?» mormora una voce, e Camila boccheggia, portandosi una mano al petto per il sussulto provocato dalla brusca interruzione del proprio flusso di pensieri.

Lauren apre lentamente solo una palpebra, stringendo quella chiusa e curvando le labbra in un piccolo sorriso mentre si stira.

«Tu... Come fai- come hai fatto?» balbetta e sa di aver appena, stupidamente, confermato i suoi sospetti.

«Ho un'antenna che capta gli sguardi inquietanti» risponde lei, dopo aver sbadigliato ed essersi messa a sedere.

«Sei una persona orribile, sinceramente»

«Non sono mica io quella che spia la gente mentre dorme» alza un sopracciglio, e Camila può fiutare il suo compiacimento da lontano un miglio.
«Devo fare una doccia. Vuoi venire con me?» propone poi, col tono più suadente che lei abbia mai sentito, e la bruna scuote la testa, arresa, nonostante l'invito l'abbia colta alla sprovvista. Sa che lo fa solo per renderla nervosa e prendersi gioco di lei perché le diverte.

«Credo che... Resterò qui ad aspettare, grazie» deglutisce, e si alza per cominciare a sistemare i propri vestiti - o, per meglio dire, i vestiti di Lauren.
La ragazza, nel frattempo, si sta spogliando strada facendo e per il momento in cui è arrivata alla porta del bagno è con la sola biancheria addosso, il resto scaraventato in vari punti del pavimento della stanza da cui Camila sa già si dovrà premurare di raccogliere.

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