Niente più da chiedere

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"abbiamo visto il cielo piangerci addosso

perciò balliamo ora che il Sole è nostro"

Claudio

Aprii cautamente la porta di casa ma nessuna luce proveniva dall'interno. Buio più totale, le finestre erano chiuse, le tapparelle abbassate. La tavola era sparecchiata, le tazze lavate e messe al loro posto, i letti erano in ordine e la biancheria stesa. Tutto era tornato alla normalità o non era mai stato diverso da così, semplicemente io da qualche giorno non ci avevo fatto caso. Credevo che tutto si fosse fermato assieme a me, con quella maledetta telefonata. E invece no. Mario continuava a tenere in ordine la casa, a prendersi cura di Luca e a lavorare. Niente era cambiato e finalmente stavo ritornando piano piano alla realtà bellissima che caratterizzava la mia vita da qualche anno. Alzai la tapparella in cucina per far entrare un po' di luce e restai al centro della sala per qualche minuto che persi fissandomi intorno. C'erano le nostre foto appese al muro, altre in cornici sulle mensole. Le macchinine di Luca messe in ordine di dimensione sul bracciolo del divano, i peluche in alto sulla libreria, le calamite di Mykonos al frigo. Corsi in fretta nella nostra camera da letto, presi la felpa verde di Mario piegata e appoggiata sul letto. La annusai. Sembravano essere passati anni dall'ultima volta che avevo sentito il suo profumo. Entrai poi nella camera di Luca, accesi la luce e cercai un altro contatto con la realtà sedendomi sul suo letto e appoggiando la testa sul suo cuscino. Avevo bisogno di vederli e di rendermi finalmente conto che loro c'erano sempre stati, mentre io piano piano credevo di svanire. Spensi tutto, afferrai in fretta le chiavi di casa e mi chiusi la porta alle spalle. Il vento gelido che mi prese in pieno volto stavolta non mi immobilizzò, ma mi diede l'ennesima prova che ero vivo, sano e salvo dopo l'ennesima lotta. E allora corsi da Lui. L'agenzia era aperta, la vidi a distanza e tirai un sospiro di sollievo mentre mi avvicinavo. Dalla porta di vetro dell'ingresso vedevo Mario in lontananza su una scala intento a togliere le lucine natalizie dai cubi appesi al muro. Spinsi la porta, la musica era altissima e Mario non mi sentì entrare.

-"Vuoi una mano?" gli chiesi raccogliendo le luci sul pavimento e mettendole nello scatolone sulla scrivania.

-"Ma sei pazzo? Mi stavi a fa piglia un colpo!"

La mano sul petto, il suo sorriso nel vedermi, le fossette sulle guance: sarei potuto morire e rinascere senza accorgermene.

Scese dalla scala, si avvicinò al pc e abbassò la musica. Poi ritornò da me e mi si posizionò davanti. Avevo bisogno di dirgli tantissime cose, ma guardandomi negli occhi non mi aiutava. Allora abbassai lo sguardo e gli chiesi scusa. Con il cuore in mano lo pregai di perdonarmi per averlo ferito con le mie parole, per avergli fatto pensare che fosse sbagliato, che non fosse in grado di aiutarmi in qualche modo.

-"No Clà, zitto. Tu avevi ragione."

Rimasi immobile, mi misi a tacere e mi dispiacqui tantissimo. Era difficile fargli credere il contrario di ciò che io stesso gli dissi la sera precedente.

-"Avevi ragione ieri quando mi hai detto che io non sono in grado di mettermi nei tuoi panni perché io non sono in grado di essere l'altra figura paterna di cui Luca ha bisogno. Sarà per maturità, sarà perché non sono all'altezza, ma è vero: amare Luca come se fosse anche mio figlio, prendermi cura di lui, non mi rende padre. E non volertene per questo, io l'ho capito."

Cercai di mandare giù il mix di dispiacere e tristezza che pesava sul mio stomaco e inevitabilmente una lacrima cadde a rigare la mia guancia. Mario prontamente la asciugò e mi sorrise piegando la testa di lato per guardarmi negli occhi.

-"Perdonami, non lo penso veramente te lo giuro Mario." Sospirai.

-"Da quando hai conosciuto Luca sei diverso, ti carichi di tutto senza affannarti né fartelo pesare. Da quando sei entrato nelle nostre vite ho capito una cosa fondamentale in mezzo alle altre mille che mi hai insegnato tu. E cioè che non importa il tempo, il luogo, la distanza, la durata, il legame. Non conta quanto tempo trascorri assieme a una persona, ma come. Ti preoccupi per lui, lo coccoli, giocate assieme, gli fai tante promesse e le mantieni tutte. So che questa non è la situazione né la storia d'amore che immaginavi per te a 30 anni, so che amarmi è complicato, accettare tutto ciò che mi porto dietro non è stato facile. Ma so anche che ci hai messo tutto te stesso per farti apprezzare e amare da Luca e quando vedo i suoi occhi quando ti guarda, quando lo fai sorridere fino alle lacrime per il solletico, quando gli canti una ninna nanna improvvisata per farlo addormentare, io credo fortemente che tu ci sia riuscito. Non conta niente oltre questo Mario. Un giorno ti sentirai suo padre, intanto per me e per lui lo sei già."

Tutto quello che pensavo potesse bastarmiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora