Convincimi

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"Certe volte guardo il mare, quest'eterno movimento ma due occhi sono pochi per questo immenso e capisco di esser solo"

Mario

Verona oggi è silenziosa, cupa, triste. Scendo le scalinate dell'ospedale che danno sul parcheggio e ripenso al sole che ogni mattina attraversava le tapparelle e mi colpiva dritto dentro gli occhi ma che Claudio puntualmente abbassava per farmi riposare un po' di più. Penso a come sarebbe stato l'inverno qui, in questa città che sentivo mia ogni volta che la attraversavo per andare al suo bar o quando scendevo per fare la spesa nel negozio di gastronomia poco distante da casa. Amo l'inverno, la pioggia che picchietta fuori mi rilassa. Immagino come sarebbe stato in queste giornate così stare sul divano al suo fianco, sotto un plaid, a stringerci e a raccontarci tutto ciò che restava da conoscere l'uno dell'altro.

Una volta ero al mare, seduto su un asciugamano a riva. Era circa qualche mese prima dell'apertura della mia agenzia. Avevo tantissime cose da sbrigare, tanti soldi da spendere. Il mare mi tranquillizzava, riusciva a isolarmi per un po' da tutti i casini che assalivano la mia mente. Spostavo lo sguardo dalla riva all'orizzonte e notai che il cielo si era completamente annerito rispetto a qualche ora prima, quando il sole troneggiava spavaldo lì in alto. Dovevo andarmene, avrebbe piovuto da lì a poco ma qualche voce mi ridestò dai miei pensieri. Mi voltai e vidi correre un bambino. Riempì il mio asciugamano di sabbia e la sua corsa terminò nell'acqua. Sorrisi e lo guardai mentre salutava una donna giovane che da lontano ci stava raggiungendo. Si scusò con me quando mi raggiunse, "è un peperino, corre dalla mattina alla sera, è difficile starci dietro" mi spiegò, prese posto vicino a me e in poco tempo sapevo già tutto di lei. Sorrideva in continuazione, ma aveva gli occhi tristi e non fu difficile capirne il perché. Era sola, anzi, erano soli. Le dissi che era stata coraggiosa e mi rispose che quel bambino era la sua forza. E lo leggevo nei suoi occhi che ce l'avrebbe fatta anche da sola, il punto era che non voleva. Ero anch'io solo, e riuscivo a capirla, a sentire il suo vuoto, la sua mancanza, la sua voglia. "Prima o poi arriverà qualcuno che con coraggio vi amerà entrambi", cercai di tranquillizzarla, ma forse cercavo di tranquillizzare più me stesso. Mi rispose dicendomi una di quelle frasi che non dimentichi più, che accantoni in un angolo della tua mente e che tiri fuori quando devi ammettere che è la frase più giusta del mondo. Gocce di pioggia fredda iniziarono a picchiettare sulla parte delle mie braccia rimasta scoperta dalla maglia a maniche corte. L'autunno era alle porte, dovevo costringermi a tirare fuori i maglioncini dall'armadio. Stava tornando il periodo dell'anno che più mi rappresentava. Feci forza sulle braccia e mi alzai. Era il momento di andare.

-"Cos'hai fatto da quando sei tornato a Roma?"

Claudio mi riporta alla realtà, sono in macchina sua e ha azionato i tergicristalli perché è iniziato a piovere.

-"Sono stato a casa e ho cercato di lavorare. Non so dirti se sono stato più a casa o in agenzia."

Sorrido, un sorriso amaro che nasconde molto altro. Un "non so dirti nulla con esattezza perché in questo periodo non ho vissuto realmente, non mi sono concentrato su nulla, non ho pensato ad altro".

Dopo qualche minuto di silenzio, siamo fermi al semaforo.

-"Roma con poche gocce d'acqua si intasa completamente. Se piovesse così credo che non potrei nemmeno uscire di casa."

Ho cercato di alleviare un po' la tensione ma Claudio non mi risponde. E' al mio fianco ma è come se non ci fosse. So a cosa sta pensando e mi fa male, vorrei non fosse così. Lo conosco da così poco ma riesco a sentire esattamente come lui, riesco a provare le sue stesse sensazioni e fa male sentire doppio.

Tutto quello che pensavo potesse bastarmiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora