Approfittando del sole che abbracciava il distretto di Gangnam, Seul decise di fare una passeggiata fino alla BigHit, godendosi la vista delle vetrine e il via vai di gente che, come lei, andava da qualche parte.
Si scoprì meno paurosa delle persone di quel che pensava e, all’inverso, più curiosa.
Ogni passante, ai suoi occhi, era un’opera d’arte che raccontava di errori, sogni, illusioni e gioie; erano piccolissimi mondi da scoprire che sollecitavano la sua voglia di conoscere.Le aiuole che costeggiavano la pista pedonale, erano decorate da una cornice di mattoni su cui la ragazza cercava di mantenere l’equilibrio immaginando di essere un’equilibrista che camminava su una fune tesa nel vuoto.
Fin da piccola aveva avuto una fervida immaginazione, unica compagna di un’infanzia solitaria e grigia costruita dentro una camera di quadri e colori ad olio di ogni marca, se si concentrava poteva ancora sentire l’odore tipico della pittura miscelato a quello di colonia di suo padre.
Era un mix che poteva piacerle se non l’avesse avuto costantemente sotto il naso per buona parte della sua vita, altro motivo per cui preferiva disegnare con la matita e con pennarelli in china.Non poteva dimenticare l’immagine di suo padre seduto su uno sgabello davanti alla solita grande tela con un pennello in mano, sporco di chissà quale colore, che creava qualcosa assorto nella sua persona ad esplorare qualche sentimento recondito dentro sé.
Erano quelli i momenti in cui Seul sentiva essere più sola, quando i suoi genitori erano in stanza con lei ma non lo erano del tutto, aveva sempre pensato che la loro arte fosse più importante della loro figlioletta ed era in quei casi che Seul soleva creare proiezioni che le tenevano compagnia.
Un giorno decise di interrompere il padre mentre creava chiedendogli perché non potesse avere degli amici per sentirsi rispondere <I veri artisti non hanno amici, ma solo esseri da cui trarre ispirazione. Fa che la tua unica amica sia l’arte> eppure aveva sentito sua madre al telefono con qualcuno che faceva riferimento alle tante amiche di papà e, la bambina che era, non poteva capire il significato che celavano quelle parole.I ricordi la distrassero facendole perdere l’equilibro, sarebbe caduta per terra se la mano forte di qualcuno non l’avesse sorretta.
Jimin la salutò sorridendole <Cosa stavi facendo?> <Immaginavo di essere una funambula> <Eri brava?> <A quanto pare no> <Allora ringraziamo che tu non lo sia veramente> nel suo completo nero lo trovava molto bello, così tanto da dover distogliere lo sguardo.
Si lisciò la gonna un po’ stropicciata <Perché sei qua, Jimin-ssi?> il ragazzo si stava guardando intorno come se avesse perso qualcosa <Per favore non usare gli onorifici. Parlami in modo informale> Seul si inchinò in segno di ringraziamento e aspettò la risposta alla sua domanda <Ero con Tae-ah ma credo di averlo perso> prese il cellulare e compose un numero, accostò l’apparecchio all’orecchio ed attese la risposta dall’altro capo che non arrivò.
Provò per altre due volte ma sembrava che l’altro non potesse rispondere <E se gli fosse successo qualcosa? Dobbiamo andare a cercarlo> Jimin scosse la testa e iniziò a camminare per la via dandole le spalle.Non si spiegava il motivo ma a Seul piaceva guardarlo in quel modo.
Da dietro poteva osservarlo senza preoccuparsi di essere vista, poteva stupirsi o arrossire per il modo in cui camminava o come voltava il viso per guardare meglio un particolare che gli interessasse o, ancora, non nascondere l’attrazione che suscitava in lei fermo con le mani nelle tasche. Jimin si voltò per assicurarsi che lei lo stesse seguendo <Non preoccuparti per lui, gli abbiamo insegnato come tornare a casa> fece una piccola corsetta per raggiungerlo <Non hai paura che sia nei guai?> <No, Taehyung si perde sempre. Probabilmente starà facendo la foto a qualcosa che l’ha colpito. A lui piace molto la fotografia.> mugugnò in segno di aver capito e il silenzio scese fra loro.
Fu la prima volta in cui Seul si sentì in una condizione di disagio stando in silenzio, avrebbe voluto sentirlo parlare solo per ascoltare la sua voce, ma non sapeva cosa dire.
Non era in grado di iniziare una conversazione anche se aveva una disperata voglia di farlo <A cosa stai pensando?> alzò lo sguardo sul suo viso <A come iniziare una conversazione> l’altro sorrise <Non ridere di me. Non è facile trovare un argomento interessante> borbottò fra sé <Non stavo ridendo di te. Mi ha fatto sorridere come tu sia cristallina nel rispondere alle domande> <Ma oppa, questo è esattamente ridere di me!> <Ah, davvero?> si sorrisero e dopo poco tempo entrarono alla BigHit dal retro dello stabilimento così da non farsi notare dai fan.
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Shadow's Girl ~Park Jimin~ [Completa]
Fanfiction"Se la cattiva sorte ti perseguitasse, riconosceresti l'amore?". È la domanda che Seul si pone ogni mattina prima di alzarsi dal letto senza mai trovare una risposta. L'incontro con l'Idol Group, di cui suo zio è il coreografo, cambierà la sua visi...