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Stare in quell’enorme casa era come stare in una gabbia d’oro.
L’appartamento che condivideva con suo padre e sua sorella lo asfissiava.
Gli andava stretto come dei vecchi vestiti di taglie ormai più piccole ma di cui non ci si riusciva a disfare.
Là dentro si sentiva ansioso e perennemente nervoso e di cattivo umore, niente in quella casa lo rappresentava e lo confortava, era tutto fuori posto secondo una sua visione; avrebbe voluto togliere tutto, resettare l’intera abitazione e arredarla come più conveniva a lui, magari facendosi aiutare da Seul così da costruire il luogo in cui far crescere il loro futuro.
Ma lei era testarda, perennemente alla ricerca di qualcosa che poteva avere solo con lui perché erano anime affini, Hansol era convinto di questo.
Seul poteva cadere e sostare tra le braccia di qualunque altro uomo ma nessuno di loro l’avrebbe capita e amata come avrebbe fatto lui; l’amore di lei era un dono esclusivo solo per lui.

Il ragazzo accese la televisione con la speranza di riuscire a distrarsi dai suoi stessi pensieri, ascoltando tutte le brutte notizia che il notiziario passava in rassegna; non si aspettava di trovare dei comunicati felici ma neanche quella valangata di cattiveria umana: persone che si suicidavano per colpa dei debiti, bambini che venivano strappati dalle braccia di genitori incapaci, coppie massacrate e ragazzini scomparsi nel nulla.
Si sedette sul divano e spense la televisione, tutte quelle informazioni gli si erano conficcate nel cervello facendogli venire un gran mal di testa.
Si mise a massaggiarsi le tempie ad occhi chiusi nel totale silenzio, godendosi la sensazione di non avere nessuno intorno, di essere solo e senza dover controllare ogni minimo spostamento o cambiamento intorno a lui.

Senza rendersene conto si era addormentato sul divano ed ora la mano delicata di Seul lo stava accarezzando all’altezza del capo sorridendogli dolcemente <Seul?> si alzò e continuò a guardarla dal divano come se fosse un fantasma <Come sei entrata?> <Mi ha aperto Yerin> <Mia sorella è rientrata a casa? Che ore sono?> gli sembrava di galleggiare ancora nel dormiveglia, intontito dalla presenza di Seul e dal suo profumo dolciastro.
La ragazza sfiorò le proprie labbra con l’indice in segno di tacere e gli si avvicinò con fare seducente e lo baciò.
Dal momento che le labbra di Seul toccarono le sue ad Hansol sembrò che la sensazione di torpore di cui la sua mente era preda svanì, come se un vento gelido avesse soffiato portando via la nebbia.
Si sentiva vigile e ben consapevole delle morbide e carnose labbra di Seul su di lui come, del resto, delle mani di lei che giocavano con i suoi capelli.
Portò il corpo della ragazza sopra il suo così da farli aderire perfettamente e sfiorare ogni curva del suo fisico asciutto e di donna.
La baciava con passione e trasporto, la bocca di lei sapeva di peccato e castità, di segreti mai svelati, di bramosia e tormento; riusciva a renderlo cosciente del sentimento devastante che gli stringeva corpo e anima.
Le braccia di lei erano intorno al collo di lui come a trattenerlo inutilmente siccome Hansol non sarebbe andato da nessun’altra parte.
Il sapore del rame carezzò la lingua di lui allontanandolo per un momento dal viso candido di Seul.
La bocca di quest’ultima era imbrattata di sangue <Seul, penso di averti morsa, mi dispiace> la ragazza continuava a sorridergli portando l’attenzione sulle sue mani insanguinate <Perché c’è così tanto sangue?> se la tolse di dosso e si alzò dal divano trovando, poco più in là, il cadavere dalla povera Yerin riverso a terra in modo scomposto, in una posizione troppo anomala per seguire le leggi dell’anatomia.
Si voltò guardando incredulo Seul <Che c’è? Non mi ami più ora, oppa?>

<Hansol! Svegliati! Dai che abbiamo ospiti> aprì gli occhi di colpo, trovando il viso di sua sorella che lo guardava spazientito <Perché mi fai fare sempre queste figure…> stava borbottando ma Hansol non se ne curò e la strinse a sé.
La maggior parte delle volte non la sopportava e la credeva troppo snob nei riguardi di tutti quelli che non fossero come lei ma rimaneva sua sorella e non poteva vederla morta soprattutto in quel modo atroce <Ma che ti prende? Mi stai mettendo in imbarazzo> il ragazzo si scostò il giusto per intravedere dietro Yerin una ragazza dal viso conosciuto <Chi è lei?> lo stavo fissando con sguardo perso e un filo imbarazzato.
Si alzò e le si avvicinò <Mi ha detto che ti conosce e che deve parlare con te> sentiva di conoscerla, era qualcuno di importante ma il nome continuava a scapare via <Mi conosci? E chi sei?> dal momento che i loro occhi si incontrarono il nome gli si affaccio alla porte delle mente.

Delle vecchie foto, prese da uno degli scatoloni inutili che si era portata da Sejong, erano sparse sul letto e le stava guardando singolarmente cercandone una in particolare.
Ogni scatto ritraeva un ricordo vivido e particolare nella memoria rovinata della ragazza come quella in cui suo padre l’aveva fatta sedere sulle proprie gambe davanti una tela con la grande mano chiusa intorno al piccolo pugno di sua figlia, la cui teneva un pennello malfermo con cui dipingere oppure sua madre che l’affiancava, sedute davanti ad un pianoforte a strimpellare qualche accordo.
Erano momenti felici rubati ad una quotidianità che di felice non aveva niente eppure immergendosi in quel passato riuscì a ritrovare un po’ di pace.
Trovò anche delle foto in cui erano ritratti solo i suoi genitori quando ancora non erano sposati, quando erano giovani, belli e felici e quando ancora si amavano di quell’amore fresco e giovanile che non ha pressioni e doveri.
Guardando con più attenzione, notò come i suoi genitori fossero belli; suo padre era un ragazzo alto dai folti capelli neri e dai lineamenti lunghi e spigolosi e sua madre, con quello chignon gonfio anni Settanta, poteva essere scambiata per una modella e forse, al tempo, lo era stata veramente.
Era una coppia sorridente, legata da un amore sincero e in tutte le loro vecchie foto traspariva quel sentimento ma man mano che i ricordi andavano avanti e le foto arrivavano al matrimonio e dopo alla sua nascita e la sua crescita, sembrava che il loro sorriso e la vivacità nei loro occhi si spegnesse un poco di più fino ad arrivare ad un’immagine recente in cui la guardavano senza sorridere ma di una gravità inverosimile.
Presa dalla rabbia buttò tutte le foto a terra strappando quelle che non erano riuscite ad abbandonare il letto.
Aveva chiesto solo di essere amata, perché non erano riusciti a farlo?

Il cellulare sul comodino vicino al letto squillò e dopo aver risposto e constatato che dall’altro capo ci fosse Jungkook, andò fuori casa per raggiungerlo e sedersi al loro solito posto <Cosa sono per te?> sentiva che il ragazzo non emanava le stesse vibrazioni positive che era solito avere ma, piuttosto, era arrabbiato e, più di ogni altra cosa, stanco <Come?> fece un sospiro come per prendere coraggio e portò i suoi occhi dritti su quelli di Seul <Cosa sono io per te?> <Oppa, lo sai..> <No, non lo so! L’unica cosa che so e che sto litigando con Jimin hyung e mi sento arrabbiato come se avessi più pretese di lui su di te! So anche che il fratello di Yerin noona ti gira sempre intorno come se aspettasse qualcosa! So che provi sentimenti per Jimin però non corri da lui mettendo fine a…al mio dolore…> per la prima volta, fu Seul a cercare le mani di Jungkook e ad intrecciare le sue dita a quelle di lui <Tu mi piaci>.

La notte sembrava tranquilla, il brutto tempo del giorno aveva lasciato il posto ad un cielo limpido e di un blu così scuro da far risplendere ancora di più la luna, unica testimone e compagna di due ragazzi seduti su un marciapiede a scambiarsi un fievole bacio.  

  

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Shadow's Girl ~Park Jimin~ [Completa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora