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" ti senti ancora più piccola di quanto lo sei già? O forse, amore, hai già iniziato a sentirti grande? Non temere, sono sicuro che continui a spezzare cuori con l'innocenza che solo la giovinezza porta. E pensi ancora che l'amore sia un gioco? O, forse, hai iniziato a prenderlo seriamente? Ho provato a parlartene in qualche sogno ad occhi aperti, ma tu sei sempre così impegnata a fantasticare. Ti guardi nello specchio per ricordarti che ci sei ancora, o ci hanno già pensato i baci della buonanotte di qualcun altro? Beh, io non sono mai stato onesto: ho finto che tu fossi solo un'amica. E ora non posso pensare all'aria, senza pensare a te. Non posso trovare nulla da sognare, nessun posto in cui nascondermi. E quando esco con le occhiaie intorno agli occhi e mi convinco di aver bisogno di qualcun altra, per un minuto è più facile fingere che tu sia solo un'amica. E quando me ne sto su quella sedia rotta, canticchiando qualche triste canzone estiva, credo di aver trovato un modo migliore per fingere che tu sia solo un'amica. "

** 
- HARRY'S POV-
Era la diciassettenne più bella che avessi mai visto in vita mia e quella sera una luce particolare illuminava ogni angolo del suo volto. L'osservavo ballare goffamente con la sua migliore amica - non l'avrei persa d'occhio nemmeno un istante- tentando di imitare le movenze di quelle ragazze che la facevano sentire così piccola: non lo era, era perfetta. Non aveva bisogno di somigliare a qualcuna, era già così vicina ad essere la mia luce, il che bastava a renderla bellissima. Bellissima e così innocente, che quasi spaventava. Spaventava uno come me: abituato ad avere tutte le ragazze che nemmeno mi sognavo d'immaginare. Ma lei no, lei era un discorso diverso. Dava senso ai miei giorni, ai miei istanti, ai miei momenti bui. Avrei dovuto ringraziarla ogni giorno per esserci.

Il sorriso stampato sulle mie labbra, che me ne stavo lì, appoggiato al muro, come un'idiota a fissarla, avrebbe fatto capire anche a un cieco che qualcosa dentro di me stava smettendo di nascondersi. Forse avevamo litigato quella sera, ma cosa importava? Tra noi due tutto poteva essere risolto. A volte, pensavo che se mai avessi perso lei, se mai io e lei non saremmo più stati " noi", allora il mondo avrebbe dovuto cessare di esistere. Nulla avrebbe avuto senso.

- Forse potrei provare a fartela dimenticare- sussurrò una voce al mio orecchio. Girai di poco la testa, quanto bastava per ritrovarmi faccia a faccia con degli occhi color ghiaccio avidi di un ragazzo che non le interessava veramente.

- Cosa intendi?- chiesi, scostandomi leggermente per prendere ben coscienza della ragazza che mi stava rivolgendo la parola. Ero ancora al poggiato al muro, in disparte dalla folla.

-Beh, forse potrei- disse, ponendo leggermente la sua mano all'altezza del mio petto e avvicinando il suo corpo al mio - potrei provare a distrarti dalla ragazza che invade i tuoi pensieri, per almeno dieci minuti- disse e un sorriso accattivante si fece largo sul suo volto. velocemente spinse il suo corpo contro il mio, ponendo le sue labbra fredde sul mio collo e lasciandomi una scia di baci, fino alla bocca. Me ne stavo lì, fermo, lasciando a quella ragazza i suoi cinque minuti di gloria: sapeva chi fossi e forse si era studiata quei movimenti per bene. Ad ogni modo, non me fregava più di tanto: le avrei lasciato la sua breve vittoria. Il suo odore era fresco, non caldo come quello di Yve e la sua pelle non riusciva ad incantare la mia, così me ne rimasi inerme, senza nemmeno tentare di toccarle il culo. Era semplice: a lei non fregava di me e a me, di certo, non importava di lei. Non so quanto tempo sia passato esattamente, so soltanto che al mio risveglio da quella sottospecie di trans, vidi Yve venire verso di noi per poi iniziare una scenata di gelosia che mi fece trovare il coraggio di prendere una cazzo di decisione in questa vita.

Liquidammo velocemente la ragazza e inseguì Yve fino all'uscita. Fumammo una sigaretta fuori dalla discoteca e poi la invitai a fare una passeggiata: la serata era perfetta e l'atmosfera era quella giusta, così optai per fermarci sulle rive del Tamigi , all'altezza del London Eye. Era il suo posto preferito. Dopo alcuni minuti di silenzio, decisi che era il momento di tirare fuori quelle parole che negavo a me stesso da anni, così trovai il coraggio.

Lei era più bella che mai e mi guardava con quegli occhioni verde-gialli che, Dio, mi sarei fatto uccidere pur di non vederla guardare nessun altro ragazzo, se non me.

Iniziai a stuzzicarla un po' mettendo in mezzo la storia della scenata di gelosia, solo per divertimento, fin quando, sbocciò come un fiore per me, pronunciando quella domanda che mi fece prendere coscienza: ero vivo, ero lì, in quel momento, con lei, la ragazza più dolce al mondo e nessuno avrebbe mai potuto portarmelo via. La mia risposta fu immediata: si, ti amo Yve, ti amo dal primo giorno che ti sporcasti il tuo vestitino a fiori mangiando un gelato al cioccolato, ti amo dalla prima volta che mi dicesti di non poter più stare in camera con me perché, oramai, eri una signorina, ti amo dalla prima volta che mi portasti in Italia d'estate, dove ordinammo una pizza e passammo la serata a bere birra con dei ragazzi appena conosciuti. Ti amo da quella volta, in cui, prendendo un brutto voto in storia, corresti nel bagno dei ragazzi, fregandotene delle imprecazioni altrui, per correre tra le mie braccia e farti consolare. Ti amo da quando mi difendesti contro quel bullo alle elementari. Ti amo da quando tentasti di arrampicarti sull'albero per entrare in camera mia, così da dimostrarmi che anche le ragazze avevano le stesse abilità dei maschi, poi però ti sbucciasti il ginocchio, ma comunque afferrai il concetto. Forse, ti amo da quando avevamo quattro anni e insieme aspettavamo babbo natale, per poi giocare il giorno dopo, coi regali che avevamo ricevuto. Ti amo, ti amo così tanto che a volte penso di poter esplodere. La strinsi forte tra le mie braccia, giurando che non avrei mai più stretto nessun altra ragazza così, giurando che mai più avrei voluto altro, perché per la prima volta, ero vivo. Ero vivo e la vita era così bella, così piena, così perfetta: l'aria era meno gelida, gli odori erano più intensi e le luci di Natale più brillanti. Era tutto così perfetto e lei era lì, davanti a me, tra le mie braccia a riempirmi di baci, a riempirmi di vita.

La lasciai andare solo quando decidemmo di tornare a casa.

Nonostante le emozioni, l'alcol di quella sera non si decideva a passare. Yve barcollava, così decisi di fingermi più sobrio di quanto non lo fossi in realtà, salvandola ogni qual volta stava per cadere dalle scale. Arrivammo in camera sua senza svegliare nessuno. Lei chiuse la porta a chiave e si buttò sul letto, esausta, e per me fu la prima volta in cui non seppi cosa fare. Optai per lasciarla dormire, facendo la cosa giusta, facendo ciò che un ragazzo per bene avrebbe fatto, ossia, non approfittarsi di una ragazza ubriaca.

Girai i tacchi e la salutai, ma lei subito si fiondò su di me, infondendomi quel coraggio che a me mancava.

Ogni centimetro di quella pelle nuda era come una calamita per me, non riuscivo a staccare la mia bocca dalla sua, da quel corpo perfetto, nudo, pieno d'amore, che si trovava sotto di me.

Forse, non avevo mai capito cosa significasse respirare, fino a quella notte, forse non avevo mai capito nulla.

E l'amai, Dio, quanto l'amai.

E continuai ad amarla. Per il resto della mia vita.

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