Capitolo 34

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Erman:

Corro nel deserto del Sahara accompagnato da Enysa. Ogni tanto mi supera sfidandomi a chi arriva primo.

Da quando l'ho conosciuta il mio cuore ho quello che ne rimane "batte" solo per lei.

È riuscita a stregarmi con la sua bellezza, la sua dolcezza ha reso la mia esistenza magica. Combattiamo guardandoci le spalle a vicenda. Ci siamo dati forza l'un l'altro fin da subito.

Ricordo ancora quella notte che aprii gli occhi trovandomi il suo volto.

"Ciao. Sono Enysa. Da ora in poi vivrai con noi" aveva detto. E così è stato. Lei Daniel e anche Vicent a suo tempo, non mi hanno mai abbandonato. Si sono presi cura di me nei momenti più difficili.

Per un lungo periodo io e lei non ci siamo visti. Ho passato sei mesi con Daniel rinchiuso in un posto sperduto per imparare a stare al suo fianco. Lui mi ha fatto da padre. Ha sempre saputo cosa provo per Enysa, ma chi non lo vedrebbe.

- Ti arrendi pivellino- accenna fermandosi a pochi passi da me.

I suoi occhi, quelle labbra che non smetterei mai di baciare riescono a svegliare una parte di me che custodisco gelosamente.

Non è stato facile per me sapere di non essere più.. umano. Ricordo ancora la mia vita passata.

Sono passati quattrocentocinquanta anni dal quel giorno.

Sono nato nel anno 1547 , in piccola cittadina della Gran Bretagna. La vita di oggi è molto diversa da quel periodo. Ma come tutti loro mi sono adattato alle nuove generazioni, del resto avevo appena vent'anni quando sono morto nel settembre 1567.

Mio padre e mia madre erano adorabili. Provengo da una famiglia facoltosa di quei tempi, mio padre era un commerciante molto noto, e mia madre un personaggio davvero particolare. A quei tempi le donne non avevano la parola ne di dire ne di fare di testa loro, lei spiccava in tutto. Ho sempre amato la sua intraprendenza, la sua faccia tosta nel dire ciò che pensava. Sicuramente ho preso da lei. Mio padre era un osso duro negli affari, ma un uomo molto affettuoso con mia madre e con me. Non ho mai avuto nessun fratello ne una sorella. Ha quei tempi avere un figlio maschio era già un dono divino.

La mia morte è stata un dramma per la mia famiglia. Ricordo le urla di mia madre in quella stanza di ospedale, il suo pregare in continuazione quando la febbre non scendeva.

Ed infine il suo addio. I primi tempi sono andato più volte sulla mia tomba nascondendo il mio viso all'unica donna che piangeva ancora la mia morte. Ho assisto al loro decesso, ho pianto quando hanno bruciato i loro corpi.

- A che pensi?- chiede prima di sedersi di fronte a me ad ammirare il tramonto.

- Al passato. E così diverso oggi. .. la gente è diversa- provo a dire prima che lei prenda la mia mano.

- Noi siamo sempre uguali- le sue parole sono come un colpo al cuore per me. La bellezza di vivere l'eternità ha il suo difetto. Vedere il tuo viso sempre lo stesso ogni anno, ogni secolo che passa.
- E siamo insieme- si affretta a dire prima di stringerla a me.

- Già questo e l'unica cosa che mi rende felice- in un attimo la metto davanti a me stringendola di più per poi tornare a guardare in direzione del cielo.

Nessuno dei due potrà dire di sentire il battito del cuore del altro, nessuno dei due potrà accennare quelle frasi che tanto Shakespeare cantava nelle sue opere. Ma sappiamo entrambi che le nostre vite sono legate da qualcosa di più forte.

Impazzirei senza Enysa.
Ucciderei pur di non perderla. Farei davvero tutto per lei.

La parola amore e l'unica cosa che lega l'affetto che proviamo l'un dal altro.

KRAY - La fineDove le storie prendono vita. Scoprilo ora