Cin-cin

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Ci stavo riflettendo da ore ormai, ero stato assente tutta la mattinata, e il pranzo non fu di certo dei migliori. Ero assorto nei miei pensieri, e nonostante i continui richiami di zia Frances, non riuscivo proprio a riprendermi, in più Sebastian non poteva restare con noi a tavola, e visto che non ci avrebbe servito il pranzo; perché la nave era già fornita di una grande squadra di maggiordomi e cameriere pronti ad esaudire ogni nostro desiderio. Allora decisi che nel frattempo poteva investigare un po' su quello che era successo ieri sera. Molte cose erano confuse e molto strane, quell'asta piena di donne, uomini e bambini e tutte quelle creature con sembianze umane ma con un qualcosa di "disumano", come corna, o coda, lunghi artigli o ancora zoccoli al posto delle gambe. Ormai sapevo che in questo mondo gli umani non erano le uniche creature, avevo scoperto i demoni, e gli shinigami, uomini che diventavano lupi, o umani con poteri donatogli da dei; la cosa che non riuscivo a spiegare e che mi intimidiva era la faccia stupita e quasi terrorizzata che Sebastian si fece sfuggire quella sera. Questo voleva dire che anche un demone non sapeva cosa diavolo stava succedendo e come, degli uomini sprovveduti avessero trovato e catturato quelle creature.

-L'ultima volta che lo ripeto, conte Phantomhive. O mangia ciò che ha nel piatto o lo prendo io, senza neanche chiedere permesso!- alla fine, ormai esausto mi rimproverò Edward. Dopo quella frase mi ripresi, se così si può dire, e notai che tutti, compresa Nina mi stavano osservando con sguardo attonito, come per chiedermi il perché di tale comportamento. Io guardai il piatto, e poi guardai Edward, che mi stava osservando abbastanza innervosito.

-Bon appétit.- dissi con tono pacato e serio, cercando di concentrarmi sul pranzo, capendo finalmente che quel comportamento non era affatto adatto ad un gentleman. Per il resto del pranzo ero finalmente riuscito a ridere ed a distrarmi, facendo compagnia e tranquillizzando Lizzy. Mentre ci stavano servendo il dessert, dalla tavolata più in fondo si iniziò a sentire una voce che pian piano stava aumentando il suo volume, proponendo una specie di brindisi, questa voce sembrava alzare i toni come per estendere il brindisi a tutti gli ospiti del pranzo. Immediatamente dopo tutti i nobili iniziarono a parlare della maleducazione di quella famiglia e di una donna che forse aveva alzato un po' troppo il gomito.

Volevo vederci chiaro e mi sporsi un pochino di più dal tavolo, anche solo per vedere cosa realmente stava succedendo.

-Ma su, dai, che vi costa... Un piccolo brindisi, tutti insieme!- gridò, si udirono chiaramente quelle parole per tutta la sala. La voce di quella donna non sembrava ubriaca, solo, forse troppo euforica. Riuscì finalmente a scrutare chi stesse provocando tutti quei schiamazzi e continue urla.

E dalla tavolata più lontana, imbarazzato e piuttosto impaurito dalla reazione degli altri nobili, c'era il Marchese Bracia, che cercava di calmare la sua esuberante cameriera Uma, che gridava e rideva ad un volume troppo esagerato.

-Non state con quelle facce da pesci lessi, perché non brindate con noi, prendete un buon vino e un calice e... SU I BICCHIERI!- gridò Uma portando il suo bicchiere al cielo. Dopo questa sua affermazione, nulla, un silenzio glaciale. Vidi lo sguardo del marchese che si guardava intorno, imbarazzato, e lentamente abbassava di più la testa.

Una coppia di nobili, alle mie spalle, abbastanza anziani iniziarono a borbottare qualcosa sulla maleducazione della "serva" del marchese, e che in un momento così tranquillo come il pranzo, i maggiordomi e le cameriere personali dei nobili non dovevano stare sedute al tavolo con i nobili, dovevano rispettare il proprio posto e mangiare con la schiavitù. Mi sentivo in dovere di intervenire, e non esitai oltre.

Mi allungai per raggiungere la bottiglia di vino rosso che era appoggiata sul tavolo, presi il mio bicchiere da vino; e tra gli sguardi esterrefatti di tutti i presenti, mi versai un bicchiere di vino e lo alzai al cielo. La zia mi guardò male, quasi volesse farmi stare fermo con uno sguardo, ma io continuai.

Il MIO maggiordomo nero corvinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora