↠1↞

6.3K 137 9
                                    

Il fumo nella casa divampava velocemente, mica se n'era accorta lei che il fornello era rimasto acceso.

«Non è possibile!» esclamò la ragazza, passandosi freneticamente le mani nei capelli.

Aveva appena chiamato i vigili del fuoco nonostante in casa avesse più di un estintore per le emergenze.

In qualche modo, oltre a bruciare il padellino, il fuoco aveva bruciato anche il bancone della cucina in legno.

«Signorina, dovrebbe uscire dalla casa, dobbiamo fare dei controlli e accertarci che non ci siano particelle nocive nell'aria.» spiegò professionalmente uno dei vigili del fuoco.

Valentina seguì il consiglio e si sedette sul muretto di fronte a casa sua.

Prese il cellulare per chiamare la madre, senza smettere di scuotere la testa.

«Come cazzo ho fatto a bruciarlo, come!?» brontolava.

La madre rispose qualche squillo più tardi, con tono annoiato.

«Ciao, tesoro.» disse.
«Mamma, ho bruciato la cucina, non so che cosa fare sinceramente.»
Valentina arrivò subito al dunque, senza girarci troppo intorno, dal momento che i rapporti con sua madre, ultimamente, erano relegati allo stretto indispensabile.

«Stai bene, tu?» chiese la madre, leggermente allarmata.

«Si, io sto bene, non preoccuparti.»

«Questa sera passo a vedere la cucina, ora devo scappare Vale.» disse, «ci sentiamo dopo.» si congedò velocemente, senza dare il tempo alla figlia di replicare con un "ciao, mamma".

Si guardò intorno, i vigili del fuoco erano alle prese con la pompa dell'acqua, mentre alcune persone si erano avvicinate incuriosite dal fumo e dai rumori.

C'era la sua vicina che ancora tremava dalla paura; di cosa, poi, lo sapeva solo lei.

Era una tipa particolare, forse un po' troppo spaventata dal mondo in generale.
Aveva sessant'anni ed era ancora zitella.

Un ragazzo uscì dalla porta della signora con la testa bassa e si guardò intorno.
Sembrava che nemmeno lui si fosse accorto del trambusto, nonostante fossero già arrivati i soccorsi da ormai un po' di tempo.

Guardò la signora Lucia che stava puntano il dito verso di lei, indicandola al ragazzo.

Quest'ultimo si avvicinò a lei, con un ghigno divertito sul viso.

«Non ci posso credere.» disse guardandola dall'alto al basso, sorridendo.

Valentina fissò il ragazzo - ma chi l'ha mai visto questo?

«Come, scusa?» domandò pacatamente la mora.

«Pensavo avessi smesso di combinare disastri, Nina

C'era una sola persona che l'avrebbe potuta chiamare Nina.
Un soprannome d'infanzia, quelli che nascono da bambini quando ancora non si è capaci di pronunciare bene le parole e che rimangono, per qualche strano motivo.

«Non ci posso credere.» disse a sua volta la ragazza.

Si alzò di scatto per abbracciare Damiano, quello che era stato il suo compagno di giochi fin da piccola, quando ancora la signora Lucia le faceva da tata.

Era decisamente cresciuto, il viso paffutello del bambino di cinque anni che giocava con lei era stato rimpiazzato da quello di un adulto e al posto delle fossette, ora c'erano delle linee ben marcate sul suo volto.

Damiano la strinse, ricordandosela piccola a sua volta.

«Certo che per essere passati anni e anni sei sempre 'n tappo, eh!» esclamò lui, alludendo all'altezza della ragazza.

«Sei tu che sei diventato un gigante, bello, non io che sono nana.» ribattè lei, con una smorfia divertita.

Risero entrambi, osservando la casa trafficata della ragazza.

«Spiegami come hai fatto a bruciare tutto, te prego.» disse Damiano, guardandola.
«Hai vent'anni ormai, Nina.»

«Damià, taci.» disse sbuffando al pensiero. «Non lo so nemmeno io.»

Lui la guardò per qualche secondo, immaginandosela addormentata sul divano mentre intorno a lei, il fumo divampava fino a raggiungere tutti gli angoli della casa.

«Magari è il karma

hills. ↠Damiano David, Måneskin ↞Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora