(A)mare.

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"Forse è il caso di tornare" dico al mio amico.
"Sul serio? Beh, mi stavo divertendo!" Esclama Thomas, intento a ballare con una biondina della quarta C.
"Se vuoi posso accompagnarti io!" Esclama Damiano, sbucando improvvisamente dalla folla.
"Ehm... meglio di no" gli dico.
Lui solleva entrambe le sopracciglia e mi guarda fisso negli occhi. Sento addosso il peso di suoi occhi scuri nei miei e indietreggio persa nel suo sguardo, sto per finire addosso a qualcuno, me lo sento, perché Damiano mi afferra da un braccio e mi tira verso di lui, sotto lo sguardo stupito del mio amico. "Stai attenta" mi sussurra, "sei distratta"
"Ehm..." è tutto ciò che riesco a dire. Sono proprio una stupida, oh si.
"Allora devi o non devi tornare a casa?" Mi chiede
"Dai, ti ci riporto io!" Esclama Thomas, lasciando a malincuore la ragazza e mi sento davvero in colpa: si stava divertendo e io gli ho rotto le scatole, solo perché mia mamma mi ha chiamata da ubriaca e ha iniziato a straparlare, dicendomi che, se non fossi tornata a casa subito, mi avrebbe ammazzata di botte.
Osservo il suo sguardo dispiaciuto e Damiano che si è offerto di accompagnarmi.
"Non preoccuparti, vado con lui" tranquillizzo il mio amico e mi allontano con il castano verso la sua auto.
"Dove abiti?" mi domanda, mettendo in moto l'auto e uscendo con disinvoltura dal parcheggio dell'abitazione di Victoria.
"Portunense" gli dico
"Ah, 'n siamo così distanti" mi sorride, dandomi un'occhiata veloce.
Annuisco. Non sono una tipa di molte parole, devo ammetterlo. Penso a ciò che mi aspetterà a casa. L'ultima volta mia madre mi ha minacciata con un coltello. Succede sempre così quando è fuori di sé a causa dell'alcol.
Poi, il giorno dopo, entra nella mia camera silenziosamente, mi osserva per qualche minuto, piange e dice che le dispiace.
Ho passato anni e anni a desiderare una famiglia perfetta, tipo quelle che si vedono in tv, nella pubblicità della roba per la colazione, ma con il tempo ho dovuto imparare ad accettare la mia condizione.
Ho un crollo emotivo, inizio a piangere e mi vergogno da morire di apparire così agli occhi di Damiano.
"Che c'hai?" Mi domanda il ragazzo.
"Non voglio tornare a casa" gli confesso, ma non voglio dirgli altro. Insomma Scarlett, non interessa a nessuno se tua madre é un'alcolizzata, se da quando hai quattordici anni sei costretta a subire, subire e ancora subire senza avere mai la possibilità di alzare un dito e reagire. Subire le violenze di una madre, che scarica le sue frustrazioni su di te, le prese in giro dei tuoi compagni, la vergogna e l'umiliazione nei confronti di te stessa.
Damiano sospira:"ho capito" e cambia subito strada.
"Ahò, ma ndò vai?" Gli chiedo, lasciando libero arbitrio alla coatta che c'è in me, in una piccola parte nascosta, ma c'è.
"Tu mi hai detto che nun vuoi tornà a casa e noi nun ce tornamo" mi dice, "te porto in un posto"
"Come faccio a fidarmi di te?" Gli chiedo. In fondo, lo conosco da un'ora e sono già in macchina con lui, non so nemmeno cosa ci faccio là dentro con quel figo che è praticamente uno sconosciuto.
Io i ragazzi così li vedo solo nei giornaletti per le ragazzine, solo in televisione e adesso invece ne ho uno proprio al mio fianco e ho fatto pure una figuraccia, piangendo come una scema.
"Non voglio provarci, non sei il mio tipo" scuote la testa ridacchiando e si, resto parecchio delusa da quanto ha detto.
Porca miseria, e pensare che io ero stata così ingenua da credere che in futuro avrei potuto piacergli! Ma figuriamoci, uno così non vuole le ragazze come me. Nessuno vorrebbe un disastro al suo fianco.
"Uhm, Victoria sarebbe il tuo tipo?" Gli domando e mi pento di non essermi fatta i fatti miei. Insomma, mi aspetto una risposta del tipo:"fatti i cazzi tuoi, sfigata" e ci sta, eh. Ma non arriva.
Damiano ride e scuote la testa:"Victoria per me è come una sorella, non ho mai pensato a lei in quel modo, capisci? Diciamo che sono io il mio tipo." Mi rivela, sfogando tutto il suo narcisismo.
Non so perché, ma ciò che ha appena detto non mi sorprende affatto. Appena ho visto Damiano, dai suoi atteggiamenti e dal suo modo di fare, ho capito che è un ragazzo che ama solo se stesso e nessun altro.
Il resto del tragitto è abbastanza silenzioso. A volte si gira e mi guarda velocemente, ma faccio finta di niente. Credo lo faccia solo perché pochi istanti prima stavo piangendo.
"Ti ho portata a vedere il mare" mi dice dopo un'ora. "Sei mai stata qui ad Ostia?"
Annuisco, venivo sempre qui con mio padre e mia madre. Prima che iniziassero a litigare e che passassi le mie estati chiusa in casa oppure sul balcone, ad osservare come la città diventava deserta, durante il caldo torbido di agosto.
Devo aver fatto una faccia orrenda, perché Damiano se ne accorge e mi domanda:"tutto bene?"
"Sisi, grazie" gli sorrido.
"Niente" risponde, "ora me dici perché stavi a piagne?" Mi chiede.
"Non ho mai visto una ragazza piangere davanti a me, credimi. Di solito non faccio questo effetto" ridacchia, sollevando le spalle.
Eh, lo so io che effetto fai! Ma decido di stare zitta e non dire nulla, per non peggiorare la situazione. Ci mancava solo che pensasse che mi ero presa un'infatuazione per lui.
"Cattivi pensieri" taglio corto.
"Del tipo?" Si intromette, mentre camminiamo verso la spiaggia. Adesso verrebbe a me da dirgli di farsi i cazzi suoi.
Faccio spallucce, senza dire una parola e lo seguo. Mi tolgo le scarpe col tacco appena arriviamo sulla spiaggia e sento sotto i piedi la sabbia fredda.
Camminiamo fino a pochi metri dal bagnasciuga, si sente il profumo del mare e il rumore delle onde, anche se non è molto mosso.
Ci sediamo a terra.
"Ammazza oh, nun parlà più che mi spacchi i timpani!" Ironizzò Damiano.
Questa volta rido, in effetti non sono molto di compagnia.
"Raccontami qualcosa di te" dice.
"Nah, ti annoieresti soltanto"
"Beh, mi piacerebbe tanto annoiarmi,Scar"

Maneskin-Portami viaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora