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Midoriya POV's
Non riuscivo a smettere di pensare al fatto che io.. l'avessi uccisa.
Avevo ucciso mia madre.

Ed ero anche un codardo, perché dopo anni dall'accaduto ero riuscito soltanto a pensarlo adesso.
A percepirlo, rendendomene conto.

E mi facevo schifo da solo, perché avrei potuto salvarla.
Avrei potuto fare del male a chi la stava portando via e salvarla, e invece no.

Non lo avevo fatto.

Come uno stolto ero rimasto a fissare quella scena con le lacrime agli occhi, urlando qualche volta il suo nome invano. Come se servisse a qualcosa.

Mi alzai meccanicamente dal letto e mi appoggiai al lavandino presente in bagno, stanco di tutto questo.

Avevo il respiro mozzato dal pianto, mentre il mio corpo era scosso da singhiozzi incontrollabili.

Alzai lo sguardo sullo specchio, vedendo la mia immagine riflessa in esso. Ero messo malissimo.

I capelli sudati erano quasi a coprirmi la visuale, mentre alcune ciocche ricadevano dietro la testa, bagnandomi anche il collo e di conseguenza la maglietta.

Il mio sguardo era vacuo e spento, mentre delle profonde e violacee occhiaie incorniciavano i miei occhi smeraldini.

Le mie labbra erano screpolate e leggermente tremolanti per l'immenso gelo che stavo provando in questo momento. Mi sentivo solo.

Le mani erano strette a pugno, serrate in una morsa ferrea, che quasi mi sanguinavano i palmi lattei.

Ed in tutto questo volevo soltanto urlare fino a perdere la voce presente nei miei polmoni e scomparire definitivamente.

Mi bagnai il viso con dell'acqua gelida, che dovrebbe in qualche modo essere rigenerante.

Mi asciugai con un asciugamano bianco ed uscii senza neanche riflettere dalla stanza il più in fretta possibile.

Infondo ero in tuta, e chi mai poteva essere sveglio alle sei di sabato mattina? Nessuno.

Ma ancora una volta nella mia vita, mi stavo sbagliando, e di grosso.

In tutto il suo charm, Todoroki Shouto stava fissando un punto non definito del bianco muro davanti a lui.
Sembrava quasi un ritratto, talmente non avesse nessuna imperfezione.

Sentii le guance scaldarsi quando il mio sguardo incontrò il suo gelido.
Non sapevo cosa fare, non sapevo se potevo fidarmi, e poi non avevano ancora parlato del nostro abbraccio.

E a quei ricordi, a quelle dannate immagini di noi così vicini, la mia tonalità aumentò notevolmente, mentre sentivo l'aria farsi bollente.

«E-ehi, umh. Senti i-io n-» venni interrotto da un suo morbido e affusolato dito sulle mie labbra, che mi zittì del tutto.

«D'accordo. Non mi interessa, non so in che guaio tu sia o sei hai intenzione di credermi» disse fissandomi.

«Non ha importanza adesso, credimi, piuttosto... ti va se facciamo due passi fuori?» chiese, accennando un sorriso che mi fece battere il cuore più velocemente.

In effetti non mi dispiaceva neanche un po', ma anzi, mi stavo già sentendo meno confuso; meno snervato dalla mia personale questione con il Quirk.

Annuii, sapendo che le parole avrebbero potuto tradirmi e farmi fare una pessima figura.

«Allora, ho saputo dalle mie fonti che prossimamente faremo una prova con il Quirk» disse al mio fianco.
Io quasi non mi strozzai con la saliva.

Presi aria e poi risposi;
«A-ah. Bello» sussurrai, ma sapevo che lui lo aveva udito perfettamente.
«Già» fiatò svogliatamente.

Senza pensare diedi aria ai pensieri che mi attanagliavano la mente.
«Questa camminata ha uno scopo ben preciso?» domandai di getto.

Lui mi fissò intensamente, prima di fare un cenno di assenso con la testa.
«Era per spiegarti delle.. cose, prima che tu lo venga a sapere da altri»

Sentivo il fremito di venire a conoscenza di queste informazioni crescere di secondo in secondo, come il panico.

«Vedi, il giorno della prova di ammissione, quando ti ho aiutato con il robot da zero punti, non potevo. Io sono un raccomandato e sarei dovuto rimanere in disparte a guardare» parlò rapido.

«Eppure quando ho visto che si stava scagliando a tutta velocità contro di te... in qualche modo non ce l'ho fatta a non agire d'impulso, salvandoti» si passò le mani sugli occhi, agitato.

«E non riesco ancora a capire come, perché non mi sono fatto come sempre gli affari miei, quando ho capito che quella era la cosa giusta da fare» adesso eravamo entrambi imbarazzati.

«So soltanto che dovevo farlo»terminò.
Mi avvicinai a lui, prendendogli una mano tra le mie e carezzandola con dolci e lenti movimenti.

Mi sentivo bene, senza pensieri e come se fossi amato; e desiderai soltanto che quel momento durasse infiniti attimi.


753 parole, amatemi.
Aww siamo arrivati a oltre 1000 occhi, vi adoro.

Hugs〈Tododeku〉Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora