Prologo

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Questa è un'opera di fantasia ed è stata scritta senza nessuno scopo di lucro. Ogni riferimento a persone realmente esistenti è puramente casuale.  




La pioggia cadeva incessante, flagellando le vecchie mura del mastio.

Era da settimane che il temporale imperversava su quel tratto di costa, riversando tutta la sua furia sul castello ed i suoi abitanti.

Correva l'anno 1864 e Dunnottar era abbandonata da un pezzo.

O almeno avrebbe dovuto essere così.

Non vi era più stata traccia di un essere umano dal 1715, anno in cui l'intero possedimento era stato confiscato al decimo ed ultimo Conte Maresciallo dalla corona inglese. Da allora, le pietre di quegli edifici avevano riecheggiato degli ululati di un intero branco, composto da oltre cento individui.

Non era un semplice branco di lupi, era costituito da licantropi.

Avevano trovato alloggio nei grandi ambienti della fortezza che, nonostante il suo avanzato stato di degrado, si era rivelata una perfetta dimora per il clan di Dearan MacGregor. L'Alfa del branco si era preso quasi un'intera ala del palazzo, permettendo al suo Beta ed al suo Gamma di appropriarsi del resto della residenza. Ai lupi semplici non era rimasto altro che spartirsi i ruderi.

L'unico ambiente rimasto inabitato erano le prigioni.

Proprio il luogo in cui si trovava adesso.

Sbuffando, l'uomo cambiò posizione, distendendo le lunghe gambe per avere un po' di sollievo dai crampi che lo attanagliavano. Non ricordava da quanto tempo fosse rinchiuso in quella sudicia cella, ma era quasi certo che fosse da prima del nubifragio. La piccola feritoia che dava sul grande cortile centrale gli permetteva di vedere un rettangolo di cielo grigio, denso di nubi. E anche di seguire tutte le attività giornaliere dei suoi compagni.

Sapeva che il passo per le segrete avrebbe potuto essere molto breve, ma non si sarebbe mai piegato al suo volere. Quell'uomo non poteva più essere considerato suo padre: era il suo aguzzino.

Rabbrividì all'improvviso per colpa di una corrente d'aria fredda, infiltratasi subdolamente dall'esterno. Nonostante la sua temperatura interna sfiorasse i quarantadue gradi, il suo corpo era comunque in grado di percepire il caldo ed il freddo.

E nulla gli impediva di avere la pelle d'oca.

Ma non se ne sarebbe lamentato, anche perché avrebbe fatto il gioco di Stryker.

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