Cap. 8 Dealing with the wolves

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    Scese rapidamente i gradini, stando dietro al suo accompagnatore. Non sembrava aver fretta di riportarla a casa, ma si muoveva troppo velocemente e lei non riusciva a stargli dietro. Non dopo una giornata di lavoro di nove ore e scarpe col tacco ai piedi. Quando arrivarono in strada, Amanda si fermò per riprendere fiato e lanciò un'occhiata tutt'intorno. Nel parco antistante vi erano appesi numerosi fili di lampadine natalizie, che servivano ad illuminare alcuni tavolini attorno a cui si erano raccolti gli anziani dell'isolato.

-Muoviti.- le ingiunse la voce di Evan.

Si voltò a guardarlo e, preso coraggio, disse:-Non c'è bisogno che tu mi accompagni a casa. Veramente.

Lui la guardò per qualche istante, in silenzio, poi le porse un casco scuro. Lei lo fissò perplessa, rigirandoselo tra le mani. –Mi hanno chiesto di riportarti a casa ed è quello che intendo fare. Crystal sa essere imprevedibile e non vorrei che arrivasse a farti del male: non potresti difenderti.- replicò, con tono pacato.

Nonostante la sua voce non avesse nessuna particolare inflessione, era chiaro come il sole che non avrebbe ammesso ulteriori proteste. Se non aveva capito male, lui non era un pretendente al ruolo di Alfa, ma sarebbe stato dannatamente bravo se avesse deciso di soppiantare il padre.

-D'accordo. Grazie.- mormorò, abbandonando qualsiasi tentativo di resistenza. Cercò di raccogliere la crocchia di capelli alla belle meglio, dato che si stava disfando, poi indossò il casco. Quando rialzò lo sguardo, si ritrovò davanti una moto di grandi dimensioni con cromature e rifiniture rosse. La osservò stupita per qualche istante, leggendo nella penombra il nome della ditta produttrice. –Una moto italiana...?- chiese.

Evan abbassò lo sguardo sulla scritta che si trovava sul fianco del mezzo e poi guardò la ragazza. –Sì. Una Ducati Superbike.- confermò. –Ti interessi di moto?- le domandò subito dopo, curioso.

Lei scosse la testa. –No, no. Ma mio fratello ne ha sempre voluta una, quand'era più giovane. Stava sempre in garage a riparare vecchi catorci.- ammise, ridendo al ricordo di Gregory completamente coperto di olio da motore e macchie di altre natura.

"Ha una famiglia numerosa.", considerò il licantropo. Da molto tempo lui aveva dimenticato il vero significato di quella parola bella ed insidiosa.

-Immagino avrai anche un'auto sportiva, da qualche parte.- la voce di Amanda lo distolse dai suoi pensieri.

Spostò lo sguardo sul suo viso, celato dal casco e la vide arrossire leggermente. –No, non ce l'ho.- rispose, piatto. Odiava con tutto se stesso quelle scatole di metallo. Avrebbe volentieri cavalcato per il resto della propria vita ma, considerato com'erano cambiati i mezzi di trasporto, aveva dovuto optare per qualcosa di diverso.  Le moto assomigliavano molto ai cavalli e lui si sentiva a proprio agio, guidandone una.

"Di sicuro è un tipo di poche parole.", pensò Mandy, stupendosi nuovamente per il tono della risposta che le era stata data. Forse era una caratteristica dei licantropi... anche se David sembrava molto più loquace dell'amico.

Fece spallucce e si avvicinò alla moto, indecisa se salire o meno. –Monta.- Evan dissipò qualsiasi dubbio. Gli lanciò un'occhiata e poi fece passare la gamba dall'altra parte della sella, accomodandosi. Lui la imitò subito dopo, con un movimento così repentino che quasi non lo vide.

"Caspita! Dovrò cominciare ad abituarmi a queste cose...!", si disse, osservando la schiena del giovane uomo.

-Reggiti o cadrai.- si sentì dire mentre il motore prendeva vita, ringhiante.

-Perché voi uomini dite sempre così...?- mormorò a bassa voce Amanda, considerandolo un avvertimento privo di fondamento. Anche Wayne glielo diceva spesso, quando la veniva a prendere in macchina per accompagnarla fuori a cena.

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