Cap. 3 Emily

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    Amanda si affrettò verso la fonte di tutto quel trambusto: prima che potesse impedirlo, Evan e Crystal si erano fiondati sul posto. Considerata la loro reazione dovevano essere coinvolte persone appartenenti al loro mondo. Quando svoltò l'angolo, il braccio di un agente le bloccò il passaggio e lei fu costretta a fermarsi. Quello che si trovò davanti la lasciò senza parole: alcuni degli abiti esposti sui manichini erano irrimediabilmente rovinati da macchie di sangue.

"Un attimo, sangue?!", si voltò verso le due figure a terra, ora sovrastate da quelle dei suoi due clienti. Cosa stava succedendo? E chi erano quei due?

-Cosa sta succedendo qui?- Gabrielle arrivò a passo di marcia, sul viso la familiare espressione da doberman che mostrava nei momenti di rabbia. Ignorò l'uomo che tentò di fermarla ed andò dritta verso il gruppetto. 

La giovane vide solo in quel momento i due contendenti, ancora nelle stesse posizioni di quando erano stati interrotti: erano un uomo ed una donna. E l'uomo aveva la mano decisamente troppo artigliata per poter essere un semplice umano. -Gabrielle...- tentò di richiamare la sua attenzione.

La donna la ignorò o forse non la sentì, fatto sta che si fermò davanti al quadretto con le mani sui fianchi e l'aria di chi avrebbe voluto spaccare tutto quanto. Se c'era una cosa che detestava era che qualcuno facesse casino all'interno del suo luogo di lavoro.

-Chi siete e cosa state facendo dentro questo negozio?- domandò, suonando tremendamente calma. Amanda notò l'espressione di sconcerto sul viso di Evan, la cui maschera d'indifferenza mostrava per la prima volta qualche crepa.

-Non si preoccupi. Queste non sono questioni che la riguardano.- l'uomo ritrovò la propria imperscrutabilità.

Gabbie lo guardò con tanto d'occhi. –Fino a quando avrete intenzione di imbrattare gli abiti di sangue sarà affar mio.- replicò, astiosa.

Lo scozzese mosse un passo verso di lei. –Lasci perdere. Sono questioni al di fuori della sua competenza. Per quanto riguarda gli abiti, pagheremo i danni.- le disse.

A quelle parole lei lo fissò basita. –C-come...?

-Pagheremo i danni. Vero, Graham?- puntò gli occhi chiari in quelli dell'altro licantropo. L'uomo lo guardò torvo, non sapendo bene come reagire, ma alla fine annuì lentamente. –D'accordo. Ora è meglio andarcene. Scusate per il disturbo.

Allungò una mano alla ragazza davanti a sé, ancora puntellata a terra. Lei l'accettò senza scomporsi e si fece tirare in piedi. –Grazie...- mormorò.

-Evan, ma il nostro appuntamento?- chiese Crystal, confusa. Voleva veramente andarsene senza averle dato la possibilità di trovare un vestito adatto?

Suo marito si voltò a guardarla, ricordandosi solo in quel momento della sua presenza. –Puoi rimanere.- rispose, pratico. A quelle parole gli occhi della modella mandarono scintille. Indignata, raccolse le gonne dell'abito che aveva indosso e si avviò spedita verso il camerino, afferrando nel mentre Amanda per un braccio.

La ragazza si ritrovò così trascinata per tutto il salone, quasi fosse un sacco di patate. -Crystal... non credi che... insomma dovresti...- tentò di trovare qualcosa da dire. Qualcosa che non la facesse urlare come una pazza isterica.

-No, non credo! Vuole dar priorità alle questioni del branco? D'accordo! Farò da sola. Tanto non sarà lui la star del matrimonio.- sputò risentita. Nonostante non lo amasse, voleva che lui provasse attrazione nei suoi confronti, che smaniasse per averla e la portasse in palmo di mano. Cosa che non si sarebbe sicuramente realizzata, considerato con chi aveva a che fare. Un osso di bisonte sarebbe stato più malleabile.

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