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<So beautiful...so beautiful> canticchiava la ragazza all'interno della sua camera da letto mentre si muoveva a ritmo della canzone per tutta la stanza cercando a volte di riprodurre i passi della coreografia.
Park Yeeun adorava quella canzone, come del resto il gruppo che la cantava.
I capelli nero pece, che di solito rappresentavano un ordinato caschetto, sembravano in quel momento aver vita propria, svolazzando di qua e di là, infrangendosi qualche volta con le mani che erano continuamente alzate verso l'alto.
Il pigiama azzurro svolazzante e mal indossato la rese solo più buffa in quella camera dalle pareti dipinte di giallo ocra, tappezzate di fotografie, poster e quadri di verdi praterie. La libreria di medie dimensioni nell'angolo vicino alla finestra sembrava il suo pubblico visto l'ostinazione con cui ballava e cantava in sua direzione, come se le copertine dei fantasy, drammatici e i vecchi libri di scuola che sporgevano dagli scaffali fossero attenti osservatori o addirittura giudici. Forse il fatto che di lì a qualche mese ci sarebbe stata la finale della competizione nazionale delle crew di ballo giovanili la stava influenzando più di quanto voleva far vedere.
<too beautiful to handle~> cantò ancora, concludendo il secondo ritornello della canzone continuando a muoversi, ora con movimenti sempre più rapidi e con blocchi sempre più incisivi, percependo quel senso di libertà che solo la danza era sempre riuscita a darle. Come un tacito momento in cui poteva essere immersa in un flusso vuoto, senza tempo, senza impegni né responsabilità, senza paranoie, dove poteva quasi tornare bambina e fregarsene del resto.
E girò ancora e ancora innamorata di quella sensazione e dei muscoli che si flettevano e la cui stanchezza la faceva solo sentire viva.
Se qualcuno dei suoi compagni di università l'avesse vista in quel momento probabilmente non avrebbe mai creduto che quella fosse la stessa Park Yeeun che aveva vinto la borsa di studio per medicina, quella impeccabile e silenziosa, diligente e mai in ritardo, con gli occhi neri sempre colmi di curiosità e interesse. Sembrava essere in grado di avere sempre tutto sotto controllo sebbene fosse immersa in un mare di stanchezza e responsabilità.
In pochi conoscevano quel suo lato "ribelle" e spontaneo, desideroso di esprimersi e quasi urlare, a dire la verità erano pochissimi, si potevano contare sulle dita di una mano.
Tutto ciò era dovuto probabilmente dal fatto che suo fratello maggiore, sin da quando erano bambini, le aveva ripetuto di mostrare a pochi chi era veramente perché le persone sono meschine e sono sempre pronte a sfruttare per i loro scopi per poi buttare via quando ormai l'utilità viene a mancare. "Yeeun, non ti illudere, a pochi interessa veramente chi sei" le aveva detto un giorno nel parco vicino a casa le cui urla di bambini felici poteva ancora udire affacciandosi alla finestra della sua camera. Quel giorno Yeeun era tornata a casa in lacrime lamentando come la migliore amica delle elementari, avendo fatto nuove conoscenze, avesse iniziato ad escluderla e allontanarla, quasi non avesse più valore, lasciandola da sola e con tante domande. Era arrivata a chiedersi se avesse qualcosa che non andasse.
Il fratello, di fronte a quel racconto, forse per esperienze passate simili, prima aveva cercato di consolarla giocando con lei poi non aveva resistito e aveva dato voce ai suoi pensieri da adolescente arrabbiato con il mondo che non erano poi tanto cambiati con l'età adulta, il lavoro e i traumi che si portava appresso.
Così Yeeun era cresciuta, educata e protetta dal fratello che, da quando i loro genitori erano venuti a mancare a causa di un terribile incidente autostradale, l'aveva presa sotto la sua ala.
Le loro vite da quel momento non erano state semplici in un continuo crescere e decrescere, sia per problemi economici sia a livello emotivo e psicologico visto che l'unica figura di riferimento che rimase loro dopo l'accaduto, la nonna, non restò al loro fianco a lungo, spegnendosi nel giro di qualche anno lasciandoli rispettivamente a tredici e diciott'anni soli, in balia di una realtà funesta e vorace.
D'altronde si sa, non sempre le storie più avvincenti hanno degli inizi felici. Questo era quello che si ripeteva la giovane ragazza ogni mattina prima di dirigersi al suo lavoro part time o all'università per qualche corso, sperando che girando l'angolo della strada di casa la sua vita a un certo punto avrebbe preso una svolta inaspettatamente più avvincente e serena, con qualche dramma di meno.
L'unica consolazione era che potevano almeno fare affidamento l'uno sull'altro.

Tattoo//J.Jk. [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora