Capitolo 2

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Clarke si gettò in ginocchio e trattenendo il fiato trascinò la ragazza fuori dall'acqua, la posizionò supina e vide che era priva di coscienza.

"No, no, no!" Gemette "Lexa!" la chiamò e la scosse, ma la ragazza non si svegliò, la pelle pallida e fredda.

Clarke le posizionò due dita sul collo e percepì il polso carotideo, flebile ma presente.

Tirò un sospiro di sollievo. Le aprì le palpebre e controllò il riflesso pupillare con la torcia, queste si restrinsero a causa della luce, segno che non vi erano danni cerebrali. Clarke passò un braccio intorno alle spalle di Lexa, uno sotto alle ginocchia e, incurante del dolore provocato dalla costola incrinata, la tirò su con tutte le forze che aveva.

Percorse a ritroso più di un chilometro, sudando e ansimando, finché non raggiunse casa sua e la distese sul divano.

La spogliò degli abiti zuppi d'acqua e la avvolse in una coperta calda in modo da innalzare la sua temperatura corporea, contrastando l'ipotermia.

Prese un phon e le asciugò i capelli, convinta che il rumore avrebbe destato la ragazza, ma niente. Si sedette per terra accanto a lei, accarezzandole il volto.

"Sei bellissima" le sussurrò sorridendo, guardandola con occhi colmi d'amore. Non poteva credere di averla ritrovata, in quel mondo devastato e così lontano dalla loro realtà.

Clarke passò l'intera notte a guardarla, controllando i suoi parametri vitali di tanto in tanto. Il battito cardiaco era regolare e sembrava sempre più forte man mano che il tempo passava, segno che il suo fisico stava lottando per riprendersi.

Clarke si risvegliò alle prime luci dell'alba. Non si era nemmeno resa conto di essersi addormentata e il suo primo pensiero fu Lexa. Si rese conto di essere sdraiata a terra accanto al divano e si sedette di scatto guardandosi intorno. Non vide nessuno, Lexa non era più dove l'aveva lasciata.

Si chiese se quello della sera prima potesse essere stato tutto un sogno dettato dai deliri della febbre che l'avevano attanagliata il giorno precedente, ma la coperta stropicciata, ancora distesa sul divano, e i vestiti, ormai quasi asciutti sul pavimento della stanza, la smentirono.

Pensò che Lexa non avrebbe avuto modo di uscire dall'abitazione perché Clarke aveva provveduto a sprangare tutte le finestre e a chiudere la porta a chiave la sera prima, assicurandosi anche di inserire l'allarme automatizzato.

Si alzò dal pavimento sul quale aveva riposato malamente e uscì dalla stanza alla ricerca della ragazza.

Appena ebbe varcato la soglia della porta del salotto sentì qualcuno prenderla da dietro ed afferrarle un braccio, bloccandoglielo saldamente dietro la schiena. Percepì una lama fredda premerle alla gola.

"Ehi!" esclamò Clarke stupita, sgranando gli occhi.

"Chi sei e dove diavolo sono?" Chiese Lexa dietro di lei. Il suo tono tradiva rabbia e paura allo stesso tempo.

"Lexa, sono io! Sono..." stava per pronunciare il suo nome ma l'altra ragazza premette ancor di più la lama sulla sua gola.

"Chi è Lexa? E chi diavolo sei tu?" Chiese la ragazza.

"No Clarke, non dire niente - disse immediatamente A.L.I.E. comparendo accanto a lei - i miei sistemi rilevano che questa ragazza non è Lexa e non ha la minima idea di chi tu sia, taci per il momento e non rivelarle alcunché sul tuo passato come Clarke Griffin. Per lei tu devi essere soltanto Elyza Lex. Fa come ti dico o potresti rischiare di perderla aggiunse ponendo l'accento sull'ultima frase, poi scomparve.

Through Apocalypses [Clexa \ Lexark]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora