Capitolo 21

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Clarke non poteva credere ai suoi occhi, un brivido la percorse lungo tutta la schiena mentre lasciava cadere la sigaretta a terra senza nemmeno rendersene conto.

La donna continuava a fissarla, senza muoversi di un millimetro dalla sua posizione.

Clarke scese lentamente i gradini del portico, avvicinandosi cauta e cercando di capire come fosse possibile che la donna si trovasse lì in quel momento.

Fece qualche passo incerto nella sua direzione, incredula, poi, giunta a pochi metri da lei, sussurrò: "Mamma..." e cominciò a correre nella sua direzione.

Quando la raggiunse la abbracciò stretta a sé, ma non sentì emanare calore dal suo corpo.

"Mamma, che ci fai qua?" le chiese lasciandola dall'abbraccio e guardandola dritta negli occhi.

Abby non le rispose. La lieve brezza che si era alzata precedentemente si fece più violenta, smuovendo i capelli biondi di Clarke. Quelli di sua madre rimasero immobili, quasi plumbei.

"Mamma, ti senti bene? È freddo qua fuori, vieni dentro, potremo parlare, così mi spiegherai che diavolo sta succedendo" Clarke continuava a non capire e allo stesso tempo era preoccupata per lo strano comportamento di sua madre.

La donna mimò qualcosa con le labbra, ma dalla sua bocca non uscì alcun suono, poi alzò un braccio ed indicò un punto dietro le spalle della figlia.

Clarke si voltò e vide Lexa dietro di sé, era appena uscita dalla porta d'ingresso e la stava guardando allarmata.

"Clarke, ma con chi stai parlando?" le chiese la Heda avvicinandosi.

"Lexa, ho trovato mia madre!" esclamò l'altra sorridendo e voltandosi di nuovo verso Abby, ma il suo sguardo non trovò la donna. Non era più davanti a lei.

"Clarke, cosa stai dicendo? Non c'è nessuno qua fuori" le fece notare Lexa poggiandole delicatamente una mano sulla spalla e guardandola con occhi intimoriti.

"Era qui davanti a me fino ad un secondo fa, io..." Clarke sentì una fitta di dolore al centro della testa, come se qualcuno vi avesse infilzato un pugnale con violenza.

Si portò immediatamente le mani alle tempie, cercando di alleviare le sue pene, invano.

"Clarke, che ti succede?" Lexa era allarmata e le mise le mani sulle spalle come a volerla scrollare.

Clarke urlò di dolore, la fitta aumentava di intensità man mano che i secondi passavano e lei non riusciva a fare niente per stare meglio. Si accasciò su sé stessa, finendo quasi a terra. Non riusciva a muoversi, tanto era forte il dolore. Ogni cellula del suo corpo era concentrata soltanto sulla sua testa e ogni singolo muscolo era irrigidito.

Lexa la prese in braccio, emettendo uno sbuffo di fatica e la portò dentro casa evitando che gli erranti potessero sentire le urla di dolore della ragazza e si avvicinassero all'abitazione diventando un ulteriore pericolo.

"Clarke, ti prego, dimmi cosa sta succedendo" era chiaro che Lexa non sapesse cosa fare e si trovasse in seria difficoltà di fronte alla scena.

Clarke però non riusciva nemmeno a parlare, il dolore si era impossessato di tutto il suo corpo, trovando il suo epicentro in mezzo al suo cranio.

Urlò ancora e ancora, rotolandosi per terra, sul tappeto dove nemmeno un'ora prima avevano fatto l'amore, lì dove aveva provato piacere, adesso stava soffrendo le pene dell'inferno.

Improvvisamente Clarke vide di nuovo sua madre davanti a sé, era seduta sulla sedia a dondolo e stava andando su e giù, priva di ogni espressione.

Through Apocalypses [Clexa \ Lexark]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora