Lupouomo

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La casa era silenziosa. Anzi, no, c'era come un gemito di sottofondo, lento, un guaito. Il guaito di un cucciolo? No, la voce era diversa, più profonda, ma il lamento era così flebile da sembrare quello di qualcuno che non ha più fiato neppure per dire le sue ultime parole. Misi a terra la coniglietta e chiusi la porta dietro di me, poi mi avviai lentamente verso la fonte del suono. Il guaito cessò.

Chiunque lo avesse emesso... era morto? No. Non potevo accettarlo. Perché, tranne che nel caso si fossero tutti ammazzati a vicenda appena ero uscita, l'unico essere che in quella casa poteva essere tanto sofferente era Cuscino. E non potevo sopportare che Cuscino fosse morto, anche se era più che plausibile che September mi avesse mandata fuori solo per non farmi assistere alla fine.

La fine.

Mi ero chiesta tante, troppe volte, che cosa avrei fatto se Cuscino fosse morto. Ma, adesso che mi trovavo di fronte a questa eventualità, sapevo che lo avrei semplicemente pianto un po' e poi tutto sarebbe tornato normale. La morte non è la fine di tutto, se non sei tu a morire. E non ha senso piangere fino a farsi diventare gli occhi rossi di capillari scoppiati e tanto umidi che ci si potrebbe nuotare dentro.

Quello che è fondamentale, necessario è combattere per chi è ancora vivo. Se Cuscino fosse stato vivo avrei combattuto per lui, anche a costo della vita, anche a costo della salute, vegliando notte e giorno su di lui, scalando monti, se necessario a trovare una qualche medicina rara. Ma se Cuscino fosse morto... niente, era solo la fine per lui e un dispiacere per me. Non c'era altro.

Non c'era altro se non il pensiero che avrei dovuto cercare per tutto il mondo la donna lupo che lo aveva morso e quando l'avrei trovata due cose sarebbero potute accadere: la avrei spezzata in due e avrei cantato sul suo corpo la canzone della morte poco dopo averne divorato il cuore oppure sarebbe stata lei a spezzare me.

Ma che Cuscino fosse morto, me lo sentivo dentro, non era realmente possibile.

Lui ce l'aveva, una possibilità. E la avrebbe sfruttata. Se era davvero mio figlio, figlio non di sangue, ma di spirito, il suo spirito lo avrebbe sorretto verso la via della guarigione. Può sembrare forse una cosa idiota, una spiritualità trita, la mia, ma ricordo che qualcuno, quand'ero molto giovane, mi disse che lo spirito non è altro che una forza fisica pura, energia nella sua forma primordiale, immagazzinato nei nostri corpi e portante un certo tipo di informazioni che delineano ciò che siamo. Non tanto il nostro aspetto quanto invece i nostri talenti, ciò verso cui ci protendiamo, la nostra forza interiore, la capacità di migliorare, di resistere, di fare determinate cose.

Il mio spirito, la mia anima, la immaginai solo in quel momento come una fiamma dorata con la base nera, il fumo che gli girava intorno come un avvoltoio. La immaginai che si avvolgeva intorno a quella di Cuscino, più piccola, blu chiaro e brillante, intensa e combattiva. In un momento seppi che era vivo.

Non per l'odore che percepii. L'odore era sempre lo stesso, sempre non molto buono, di infezione. Ma questo era normale, nessuno aveva fatto cambiare l'aria. Ma percepii la sua energia vitale.

Splendeva, quasi accecante, ma ogni tanto si ripiegava su se stessa, come se avesse paura.

Paura? E di cosa, di me?

Cuscino non era più a letto. Cercai con lo sguardo la forma del suo corpo adagiato, rifiutandomi quasi di credere che fosse scomparso. E allora cos'era stata la cosa che avevo visto prima, quella fiamma azzurra? Non un'allucinazione. Non credo di essere uno sciamano, no, niente del genere. Non riesco a vedere a comando la forza spirituale degli esseri viventi. Ma se quella forza spirituale vuole farsi vedere, si, riesco a farcela. Chiunque ce la farebbe, basta solo volerle vedere, certe cose.

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