Lupo acromegalico

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Che meraviglia sapere di essere quasi immortali, di avere una concessione di forza incredibile e di poterla, anzi di doverla, usare per uno scopo tanto grandioso!

Lessi una volta di un'eroina, non mi ricordo dove, che capì di servire a qualcosa solo quando si innamorò di un uomo.

Lei si che era futile davvero.

Non che l'amore sia futile, ma a mio personale avviso la vita è fatta di amore per la vita, non per un uomo solo, e chi non sa apprezzare il vero valore della propria esistenza è meglio che non esista affatto. Meglio per lui, ovvio, che possa riposare in pace.

Sono un'arma.

Sono un'arma per la pace.

Sono un'arma per la guerra, prima della pace che porterò.

Sono un'arma per salvare il mondo dalla tirannia degli uomini. E me ne compiaccio da morire!

Continuammo a camminare, fino all'automobile di September, posteggiata un po' lontana dall'ambulatorio, sull'erba. Lui, come un vero cavaliere, mi aprì la portiera e mi indicò l'interno, aprendo la mano con il palmo in alto. Buttai lo zaino sui sedili posteriori e mi accomodai anch'io, senza fare tanti complimenti.

September richiuse la portiera per me e aprì quella posteriore per Cuscino e, dopo che anche lui ebbe fatto il suo ingresso, andò al posto di conducente. Si sedette con un movimento stranamente energico e sfregò il volante con le mani, rapidamente, prima di mettere in moto. Il rombo del motore mi parve più familiare di quanto avessi potuto immaginare.

La macchina si mosse sull'erba a sobbalzi singhiozzanti prima di riprendere la via sterrata. Ci allontanammo da quel luogo. Un luogo che, tempo prima, mi era parso ideale, un piccolo paradiso nella campagna. Ora mi ricordava la malattia e il litigio. Strano pensare a come le persone possano influenzare i nostri giudizi sui luoghi o sui tempi. Era dopo era, strada dopo strada, stanza dopo stanza...

Ecco perché ora io e September dovevamo andarcene. Per non venire influenzati.

Ci dirigemmo verso la città, Palermo.

Capii perché: September aveva bisogno di comprare qualcosa anche per me, non aveva messo in conto che rivivessi e lo seguissi in giro per il mondo.

«Dì un po', mago» Dissi, a bassa voce «In quale negozietto mi stai trascinando?»

«All'Auchan» borbottò lui, muovendo la testa a destra ed a sinistr per sgranchirsi il collo «Non hai niente da indossare»

«Credevo di averti detto che passerò tutto il mio tempo come un lupo» gli ricordai

«Si, infatti, ma non si sa mai. Qualcosa te lo comprerò. Penso proprio che ti sarà necessario, se non vuoi indossare quel brutto camicione per il resto della tua vita»

«Perché dovrei indossarlo?»

«Vorrei parlare qualche volta con te, nei mesi a venire» la sua ironia si trasformò in un'allegra risata «Non potrò farlo se avrò accanto un canide gigante, giusto?»

«Ma quel'è il problema? Mi trasformerò anche senza vestiti»

«Ah» scoprì addirittura i denti, in un ammiccamento sornione «Che confidenza. Mi sentirei un po'... imbarazzato. Dopotutto io li avrò, i vestiti. Ma per voi licantropi è un po' diverso giusto?»

«Non ti preoccupare per i vestiti. Non credo che tu non mi abbia mai visto senza, altrimenti chi si è occupato di me mentre ero incosciente?» indicai il mio camice da infermiera, eloquentemente.

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