Un vampiro diverso da tutti gli altri

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Il signor canino aveva ragione, ciò che stavamo bevendo era una cosa rara, anzi, unica. Non avevo mai assaggiato niente di simile in tutta la mia vita, almeno in questa vita: il sapore era tenue e gentile, l'odore dolcemente ferroso, scivolava giù per la gola che era una bellezza, rivelando sapori che non avevo mai sentito, non così forti, non così contrastati. L'unico vero peccato era costituito dalla temperatura troppo bassa del sangue. Avrei voluto spillarlo dalla giugulare di una persona, laddove vi sarebbe stato anche il piacere della caccia, la possibilità di masticare e affondare le zanne e il calore corporeo.

Il sangue andrebbe servito più o meno a trentasette gradi, adesso era notevolmente più freddo.

Abbassai il boccale, e Vlad mi imitò.

Aveva i baffetti sporchi di rosso. Glieli asciugai con il pollice e poi succhiai le goccioline.

Lui sollevò le sopracciglia

«Così non vale» borbottò

«Perché mai?» gli feci l'occhiolino

«Ti stai comportando come il vampiro del gruppo. Voglio dire... » qui parve dimenticarsi completamente quello che voleva dire e rimase con le labbra dischiuse per un bel po' prima di cambiare completamente discorso «Comunque, Fenrir, quand'è che decidi di recuperare il tuo corpo?»

«Come dici?»

«Ti ho solo chiesto quando... oh, mi hai sentito benissimo, non fare orecchio da mercante»

«Mi hai chiamata Fenrir per caso?» era una curiosa coincidenza, proprio una manciata di minuti prima avevo proprio nominato Fenrir senza neppure sapere a cosa stessi alludendo

«Certo. Quello è il tuo nome. Io» si indicò «Vlad. E tu» indicò me «Fenrir, grande lupo».

Gli afferrai l'indice e lo strinsi nel pugno, abbastanza da sentire scricchiolare le sue ossa nella pelle morta, come pezzetti di cuoio e legno che si colpivano

«Senti, come diavolo fai a sapere che quello è il mio nome?» chiesi

«Innanzitutto lasciami il dito» tirò via la mano, ma non sembrava offeso dal mio comportamento così confidenziale «Poi, se non erro ho cinquecento... ehm, seicento anni, giusto? Se non ti conoscessi io, sarebbero pochi quelli che possono dire altrettanto, non trovi?»

«Non lo so. Il fatto è che io...» mi misi una mano sulla fronte, cercando di rammentare qualcosa, di rievocare alcuni di quei frammenti di vita che talvolta sorgevano sporadici dalle profondità recondite, e francamente misteriose, della mia mente «Io non mi ricordo un ciufolo di niente, Vlad»

«Tu?» ero sicura che se avesse potuto sbiancare più di così lo avrebbe fatto «Non ti ricordi di essere Fenrir?»

«No. Voglio dire, la mia memoria arriva solo fino ad un momento particolare dell'inizio di questo inverno, un plenilunio»

«Cosa ti è successo?»

«Non ne ho idea» mi strinsi nelle spalle «Ho dimenticato quasi tutto. So com'era il mio branco, ho qualche ricordo delle mie tradizioni e so abbastanza bene come andare a caccia, ma credo che quest'ultima cosa sia, come dire, istinto. Una cosa che è scritta nel mio DNA. Ma che dire, poi non mi ricordo nient'altro...»

«Niente?» sorrise, un ghigno assolutamente malvagio che mostrò per un istante aperta davanti a me la sua natura di mostro notturno

«Niente» confermai, con un sospiro

«E io invece so parecchie cose su di te. Questo qui non è il tuo corpo. Cioè, voglio dire...» si mise rapidamente una mano dietro la testa, un gesto di imbarazzo particolarmente umano e inaspettato da un vampiro del suo calibro «Questo corpo è tuo, certo, perché ci sei nata, ma il tuo spirito... non è nato insieme a questo corpo. Tu sei persino più vecchia di me»

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