In comunione con il vampiro

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Scendemmo rapidamente le scale, forse anche troppo rapidamente, perché Richard incespicò un paio di volte, e spalancai la porta della mia cabina, che era rimasta aperta. Vlad, dormendo, ovviamente non si era chiuso all'interno. Aprii cautamente e... lui non c'era più, c'erano solo il cappello, il mantello e la spilla d'oro a forma di drago.

«Porca miseria» Mormorai «Lo hanno trafugato»

«Dov'è il vampiro?» Chiese Richard, quasi canzonatorio, ma anche curioso

«Lo hanno trafugato» ripetei ancora una volta, senza riuscire a capacitarmene

«Come diavolo si fa a trafugare un vampiro?»

«Così... beh, loro non si svegliano durante il giorno, è facile prenderli e, che so, buttarli in acqua. Sai che l'acqua corrente li uccide, non è vero?»

«Beh, pensavo che la storia dell'acqua fosse una cavolata, già è tanto l'aglio...»

«Anche quello gli fa male. Dobbiamo cercarlo, sperando che non lo abbiamo buttato a mare, altrimenti a quest'ora sarà bello che sciolto»

«Allora dovrei essere felice» mi diede una piccola gomitata, poi uscì dalla stanza e iniziò a passeggiare avanti e indietro per il corridoio con un atteggiamento teatrale che voleva sicuramente imitare qualcuno, ma era un personaggio che non conoscevo «Ci siamo liberati di un tremendo demone, orribile creatura con cervello perverso e infantile che succhia vita di esseri umani. Noi dobbiamo essere felici di questo, perché finalmente creatura è veramente morta, e sua anima trovato pace...»

«Pace. Secondo la vostra fede, il vampiro che ho perso non potrebbe trovare la pace. Ha ucciso troppo...»

«Ma dopo la morte» Richard si fermò accanto a me «Tutti i peccati che il demone ha compiuto in forma di non morto vengono perdonati, e l'anima ascende al paradiso. E tutti vissero felici e contenti, meno chi è morto, fine»

«Se lo conosco, il mio vampiro» si, ormai mi veniva normale, per distinguerlo dagli altri vampiri, dargli l'appellativo di mio «Quando era vivo ha ucciso brutalmente un sacco di gente. Per lui non ci sarebbero altro che le fiamme dell'inferno, ed è una cosa che, per qualche ragione idiota, mi andrebbe di risparmiargli».

All'improvviso sentii una camminata lenta dietro di me.

Non era una camminata umana, ma erano le zampe di un lupo a produrre quel rumore, le unghie che ticchettavano piano contro il pavimento, il fruscio morbido dei cuscinetti. Sentivo un ansito cupo e anormale, come se fosse forzato. L'odore che si era sparso nell'aria era diverso da quello di un lupo normale, era licantropico, sovrannaturale, ma più che altro familiare.

«Non ti muovere» Intimai a Richard «C'è un grosso cane, dietro di noi»

«Come fai a saperlo?» domandò

«Lo sento...».

L'ansito cupo smise all'improvviso, eppure la presenza del lupo non sparì, semplicemente percepivo la sua massa, il suo spostamento leggero, quello del suo muso inquieto e enorme.

Lentamente, mi voltai.

Avevo ragione anche questa volta, dietro di noi c'era un lupo. Era un esemplare enorme, dalla pelliccia lunga, e nera come la pece, senza sfumature. Per un attimo pensai che fosse Blacky che ci aveva raggiunti, ma gli occhi di Blacky sono neri, esattamente come il suo mantello, mentre gli occhi del lupo che avevo davanti rilucevano come due grandi, bellissimi rubini scarlatti e liquidi, o meglio, fiammeggianti.

Animate di vita propria, quelle iridi sembravano parlare, e forse lo facevano davvero, a loro modo, trasmettendomi una sensazione di calma irragionevolmente fuori posto.

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