Goldenwolfen

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Entrai nel piccolo studio a seguito di September.

Lui si sedette dietro la scrivania e incrociò le mani. Io mi sedetti nella sedia di fronte a lui e lo imitai. Non cercavo di concentrarmi, ma dovevo almeno provarci, visto che se avessi dato sfogo a tutta l'eccitazione e la curiosità nervosa, avrei potuto fare qualcosa di sbagliato, perfino di pericoloso per Set. Avevo imparato dai miei errori che ero una creatura estremamente imprevedibile, forse perfino da me stessa, e che l'unico modo per non uccidere qualcuno solo per colpa dell'irritazione, era non arrivare mai ad irritarsi. Contenersi. Immobili, le mani incrociate sulla scrivania.

September mi guardò come se non mi avesse mai vista, poi socchiuse gli occhi

«Nella nostra storia, come si usa dire, di rose e fiori, non c'è mai stato un solo fiore. Non so se mi spiego. Apparenza» disse, muovendo le labbra con una certa impazienza, molto simile alla mia, e si, con rabbia «Tu sei la chiave. Di cosa? Me lo sono chiesto anch'io. So solo che sei la chiave. Mi hanno parlato di te, molto a lungo, durante il mio percorso formativo. Nei miei studi ho incontrato la tua descrizione parecchie volte. Beh, chi sei lo sai già. Non il bravo lupacchiotto dai poteri mistici della favola tipo. Se tu lo fossi saresti un'aggraziata lupa bianca con aura di luce annessa e connessa e tutte quelle formalità burocratiche da buoni... non sto scherzando. Esiste questa cosa, ed evidentemente non sei tu. Perché tu sei la chiave»

«Come sarebbe a dire che esiste?» chiesi io, leggermente incredula di fronte alla sua descrizione di questo "buono ideale"

«Beh... forse ho ingigantito un po' la situazione, ma in linea di massima... oh, ma che te lo dico a fare, dannazione? Dobbiamo parlare di te»

«E allora per favore evita di dire cavolate»

«Cavolate, si... » borbottò, poi ridacchiò mettendosi una mano sulle labbra, in una maniera che mi ricordò il dottor Staretti «Beh, hai ragione. Ho avuto un momento di assoluta pazzia»

«Ora non esagerare... »

«Melodrammatico?»

«Così sembra».

Mi fermai. Non riuscivo a capirci granché di questa storia, o meglio ad intuire come sarebbe potuta andare a finire, e questo era alquanto seccante.

September si mordicchiò il labbro inferiore, seppure sembrò che il gesto gli desse fastidio. Smise immediatamente e anche lui cercò di rilassarsi. Era come se neppure lui sapesse esattamente cosa dirmi.

E io avevo una vocina nel cervello

Solo guai.

Solo guai.

Solo guai.

Non mi rifiutai del tutto di dar retta alla vocina interiore, ma neppure la accolsi con la certezza che fosse vera.

September evocò l'idea di una specie di spirale a mezz'aria

«Stavo raccontandoti qualcosa, giusto?» disse, inclinando un po' la testa, poi sorrise «Come dicevo, ho sentito parlare molto di te. O della tua razza, per precisare. E della distruzione che potevate portare... se rinascevate»

«Se rinascevamo»

«Già. Siete una specie estinta. O quasi, visto che ci sei ancora tu, giusto?»

«Cosa?»

«Mi hai capito. Siete stati eliminati quasi tutti. Nessun cacciatore, però, è mai riuscito a contribuire. E questo è un paradosso della vostra specie... ehm, vi siete sterminati fra di voi. In teoria. In pratica... accidenti, non lo so, nessuno lo sa, ma tutti convenivano sul fatto che l'idea del mostro licantropo viene da voi»

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