Sospesa tra due mondi

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Per un istante i miei sensi ritornarono a funzionare, instabilmente, flebilmente, ma ero ancora viva... la morta continuava a trascinarmi verso il basso, ma un pezzo di me era ancora lassù in ascolto, pur pronto a cadere anch'esso...

«Furia! Furia! No, non morire... no, no, non morire!».

Quella voce. Una luce.

La morte mi trascinò a fondo, i miei sensi si spensero di nuovo. Ma la morte aveva commesso il grave errore di farmi udire ancora una volta la voce di September.

Seppi che fuori dal mio bozzolo di oscurità era sorto il giorno.

Seppi che September mi stava guardando morire. Non avrei permesso alla morte di turbare il mio amico in questo modo così terribile. Mi ribellai.

"Indietro morte, ho ancora una cosa da fare, indietro..."

Delirai, sentendo la mia voce riecheggiare fra le alte pareti molli del mio cervello.

"Ah, non vuoi indietreggiare?

Bene, allora sarò io che fuggirò da te, e tu non ci puoi fare niente, morte...".

Poi non ricordai più nulla, non ero nulla che esistesse. L'oblio. E non posso dire cosa significa non esistere perché chi non esiste non percepisce più nulla né pensa...

E così fu per me.

Fino a che non capii di essere ancora esistente. Ero da qualche parte nel nero e nell'incoscienza, non avevo alcuna idea di quanto tempo fosse passato, di dove mi trovassi, di cosa fossi, ma possedevo ancora un alito di vita. Passò del tempo, molto tempo, prima che riuscissi a percepire un qualsiasi stimolo esterno che non fosse la consapevolezza di esistere ancora.

Ai margini della mia mente iniziò a vibrare qualcosa. Ci misi qualche istante per comprendere che era la percezione di una voce. Non riuscii a distinguerne subito il tono, né tantomeno capii a chi apparteneva, ma ne distinsi alcune parole

«Grave... no, non dare questo qua... sta fermo, giù le zampe...» poi la voce si allontanò.

Iniziai a percepire qualcosa sotto il mio corpo, riacquistavo sensibilità.

Contrassi le dita della mano destra. Sotto i miei polpastrelli c'era della stoffa fresca e liscia, come quella di un lenzuolo pulito. Mi sforzai di sorridere. Ero felice di essere ancora viva. Non riuscivo ad aprire gli occhi.

«Do... dove sono?» Chiesi. La voce che uscì dalle mie labbra fu quanto di più orribile avessi mai udito, flebile, una specie di insistente pigolio con note rauche.

Eppure doveva essere comprensibile perché sentii qualcuno avvicinarsi a me, prendere una delle mie mani fra le sue, piccole, calde e morbide

«Furia! Cosa senti?» mi chiese la sua voce.

Stavolta la riconobbi, era quella di September.

«Set» accennai. Già andava meglio, la mia voce mi sembrò comprensibile anche se continuai ad odiare quel suono stridulo.

Lui mi baciò la mano, sentii le sue labbra morbide e calde posarsi sulla mia pelle gelida

«Come stai?»

«Come uno straccio. Non mi rimane un pezzetto che riesco a sentire bene... è come se non avessi più niente. Dimmi, Set, sono tutta intera?»

«Si, si, certo che sei tutta intera, tutto a posto, sul serio, niente di cui preoccuparti» era dispiaciuto che mi sentissi così male da non percepire le parti del mio corpo, la sua voce tremava debolmente «Sei qui, adesso, con me. Riposati».

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