Introduzione: Londra

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Londra alle prime luci dell'alba sembrava un alveare; i pendolari iniziavano ad uscire di casa, le persone che avevano fatto il turno di notte si trascinavano verso le loro abitazioni e i festaioli uscivano dai bar per cercare di dormire almeno un paio d'ore prima di dover correre chi a scuola e chi al lavoro.

Nel quartiere povero si spegnevano i fuochi fatti per riscaldarsi, ci si rintanava nei sacchi a pelo e nelle baracche in cui si dormiva, mentre gli uomini uscivano sperando di trovare un lavoro giornaliero che gli permettesse di sfamare le loro famiglie. Solo più tardi le donne si sarebbero alzate e avrebbero preparato una magra colazione per i loro figli che, se erano fortunati, andavano alla scuola pubblica, se non lo erano bazzicavano per le strade tutto il giorno, o chiedevano l'elemosina.

Nel quartiere ricco tutti dormivano ancora. Nessuno aveva bisogno di alzarsi all'alba per lavorare, si sa che il capo arriva sempre dopo i suoi dipendenti; nessun ragazzo doveva correre a scuola perché ci sarebbe andato in Limousine, o sarebbe venuto un professore privato a casa sua. Gli unici svegli erano i giardinieri e la servitù, intenti a preparare la casa per il risveglio dei padroni: il prato annaffiato, le siepi ordinate, la colazione pronta, la tavola apparecchiata e l'auto difronte all'ingresso della villa, quella era la prassi.

Ogni ragazzo del quartiere povero era rimasto almeno una volta immobile a fissare le enormi ville, circondate da giardini che sembravano infiniti, ed ogni volta si allontanavano giocando a "Se io fossi ricco...", ovvero dicendo ciò che loro avrebbero avuto o avrebbero fatto se fossero stati al posto degli abitanti del quartiere dei benestanti; il sogno di tutti loro era quello di poter un giorno vivere in una casa così, ma nel loro cuore ognuno sapeva che non sarebbe mai successo.

Inutile dire che i ragazzi ricchi non ricambiavano minimamente il sentimento di desiderio, anzi... Il loro più grande spasso era quello di passare tra le baracche nelle loro limousine e prendere in giro tutti quelli che vedevano, ridendo maligni della loro miseria e sbattendogli spudoratamente in faccia la loro ricchezza. Quanti sassi erano stati tirati a quelle macchine nere tutte lucide, sempre pulite e senza graffi, quanti insulti erano usciti dalle bocche dei ragazzi, ma anche dei bambini più piccoli, non appena venivano additati e derisi, eppure gli altri non demordevano mai; la legge era dalla loro parte, chi mai avrebbe ascoltato un moccioso vestito di cenci che accusava di discriminazione un ragazzino ben vestito ed affiancato da un ottimo avvocato? Senza contare il fatto che nemmeno sapessero che la discriminazione fosse un reato, o forse nemmeno sapevano l'esistenza di quella parola.

La polizia detestava tutti quei marmocchi e piccoli delinquenti che vivevano nel quartiere povero: finché stavano nel loro quartiere, a farsi i fatti loro, potevano anche ammazzarsi a vicenda e se ne infischiavano alla grande, ma quando veniva coinvolto il quartiere per bene e i suoi abitanti, allora scattavano sull'attenti; inviavano agenti pronti a picchiare anche il più indifeso dei bambini fino a farlo sanguinare, per poi trascinarlo a calci nel suo quartiere nel migliore dei casi, altrimenti finiva direttamente in qualche squallido orfanotrofio pubblico senza nemmeno chiedere se avesse i genitori.

Mentre i più ricchi passavano i pomeriggi giocando a golf o con altri passatempo costosi, i più poveri giravano per le strade per accattare qualche soldo nei modi più svariati: c'era chi girava con il fratellino in braccio, chi piangeva, chi supplicava, chi cantava e chi ballava... Ogni cosa che si sapeva fare era messa in atto per racimolare gli spiccioli necessari a sfamarsi, perché se tuo padre trovava un lavoro almeno per un paio di giorni mangiavi, ma se non lo trovava o se proprio non avevi un padre, allora dovevi cavartela da solo, o cercare l'aiuto di un ragazzo più grande. La procedura era semplice: se avevi un protettore che portava a casa i soldi, mangiavi senza fare quasi niente.

I più gettonati angeli protettori erano due ragazzi di una ventina d'anni che vivevano da soli in una baracca da quando di anni ne avevano circa 10; cantavano e suonavano la chitarra in coppia, ed erano quelli che a dirla tutta guadagnavano di più; beh, diciamo che avrebbero potuto anche mettersi per strada a guardare la gente, ed avrebbero comunque guadagnato qualcosa... I loro occhi parlavano per loro, facevano sguardi che nessuno era in grado di imitare, per non parlare del colore: entrambi avevano due occhi di un azzurro incredibile, capaci di lasciare senza fiato qualunque ragazza, forse perfino quelle snob del quartiere alto... E loro li usavano i loro occhi, li usavano eccome! Stregavano la folla guardandola mentre si esibivano, lanciavano sguardi, ridevano con gli occhi, e guadagnavano abbastanza da poter sfamare loro e i più piccoli che gli stavano intorno.

Nessuno dei due era nativo di Londra; il più grande, Louis, veniva da Doncaster, mentre il più piccolo, Niall, arrivava addirittura dall'Irlanda. Le loro storie non erano poi così diverse: I genitori di Louis erano venuti a Londra per cercare un posto dove vivere... Appena sposati, si ritrovarono con un figlio indesiderato in mezzo alle scatole, e lo scaricarono in orfanotrofio; li Louis conobbe Niall, abbandonato dai genitori dopo che, arrivati a Londra in cerca di fortuna, si erano accorti di non poterlo mantenere, decidendo così di lasciarlo nelle mani di qualcun altro. Ai due bambini quel posto non piaceva proprio per niente (come a tutti gli altri ospiti d'altronde) e perciò quando Louis aveva 10 anni e Niall 8, fuggirono durante la notte, per andare a vivere insieme nel quartiere povero. Guadagnarsi da vivere non fu così complicato: Louis cantava bene, e l'irlandese aveva imparato dal nonno a suonare la chitarra, cosa che migliorò notevolmente con il passare degli anni. Così le giornate continuavano monotone, con i soliti avvenimenti dei quartieri poveri, e i due riuscirono a sopravvivere in mezzo al degrado, guadagnandosi l'ammirazione dei più piccoli, che iniziarono a seguirli.

Nel quartiere ricco le cose funzionavano in modo completamente diverso, ovviamente. Ogni ragazzo aveva il maggiordomo privato, un uomo o una donna che lo accompagnava ovunque volesse andare, seguendolo in ogni cosa che gli andasse di fare; se doveva allontanarsi troppo dal quartiere si aggiungeva anche una guardia, solitamente usata dai genitori per la sicurezza della propria villa, ma ceduta al figlio per evitare spiacevoli inconvenienti. Si perché se per puro caso uno di quei piccoli snob con la puzza sotto il naso girava da solo ed incappava in un ragazzetto del quartiere basso, le prendeva di santa ragione senza saper reagire; se poi per pura curiosità finiva direttamente nel quartiere del sopracitato ragazzino, allora poteva benissimo considerarsi già morto, o per lo meno ricoverato in ospedale.

La tolleranza tra i due quartieri era pressoché nulla, ogni scusa era buona per attaccar lite, fare a botte, insultarsi... E mentre i genitori del quartiere povero cercavano in tutti i modi di tener buoni i figli, gli altri gli davano corda, insultando e schifando a loro volta tutti quei poveracci. Se un ragazzo ricco provava ad avvicinarsi ad un qualunque abitante della parte povera, veniva messo in punizione per svariato tempo, in base a quale fosse l'avvicinamento in questione; una volta una ragazzina di una ricca e rinomata famiglia era scappata con un poveraccio, un ragazzo senza lavoro e senza tetto con un paio di anni in più di lei, nel tentativo di poter vivere in pace il loro amore... Logicamente furono ritrovati, e la famiglia si trasferì parecchio lontano per evitare ogni contatto tra i due.

Eppure esistevano ancora ragazzi e ragazze abbastanza temerari da sfidare i propri genitori e relazionarsi con gli altri; alcuni lo facevano di loro spontanea volontà, altri avrebbero evitato molto volentieri, ma a volte il destino gioca brutti scherzi, e ti trascina in situazioni alquanto complicate.

Different worlds || Larry StylinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora