L'ennesimo rumore di qualcosa che cade sul pavimento, frastuono di cocci che si sparpagliano per la stanza; la signora Styles sospirò rassegnata guardando Adam:"Chissà a cosa sarà toccato, stavolta...".
Da due giorni, Harry usciva dalla sua stanza solo per andare a trovare suo padre, e quando tornava veniva colto da attacchi di rabbia che gli facevano perdere la testa. Il primo giorno era toccato a due quadri, il secondo alla abat-jour, e quella sera avrebbero scoperto la vittima del terzo giorno.
"Probabilmente un vaso, a giudicare dal rumore" disse Adam, mentre Anne sospirò di nuovo: Harry aveva sempre mal digerito suo padre, ci discuteva spesso, aveva sempre da ridire su tutto... E ora sembrava come impazzito all'idea che fosse in coma in ospedale; questa cosa non riusciva a spiegarsela, non capiva la reazione del figlio.
La sera della rapina, lei era corsa a chiamare l'ambulanza, e aveva raccomandato ad Harry di stare accanto al padre; quando era tornata nell'ingresso, Harry era accovacciato davanti alla porta, le mani strette intorno a qualcosa che non era riuscita a vedere: piangeva, ma non un pianto con qualche lacrima, ma un pianto di quelli a singhiozzi, quelli che si fanno quando sei disperato... E tremava, tremava violentemente, con la fronte imperlata di sudore.
Quando aveva provato a dirgli di stare tranquillo, che papà sarebbe stato bene, che non era niente, lui si era alzato di scatto, l'aveva spinta via ed era corso in camera sua.
*
L'attacco di rabbia era finito, e Harry stava sdraiato a pancia in giù, con la faccia nel cuscino:«Forse -pensava tra sé e sé- se rimango così abbastanza a lungo, soffocherò...», e rimase immobile in quella posizione, finché non capì che probabilmente non era una cosa possibile e si girò su un fianco.
Odiava tutto, in quei momenti, quelli in cui finiva di distruggere cose e si rinchiudeva in sé stesso; odiava il mondo, odiava la sua vita, odiava la sua famiglia, i suoi amici, la sua casa, sé stesso... E Louis? No, lui non lo odiava.
Ci aveva provato, aveva tentato con tutte le sue forze di imporsi di odiarlo, di ammettere che era un bastardo, che l'avesse solo usato, ma non ci riusciva.
A dirla tutta, era l'unico pensiero che riuscisse a calmarlo; pensava a Louis, e tutto il resto spariva, costruiva attorno a sé un muro, una barriera impenetrabile, nella folle speranza che Louis tornasse da lui.
*
Ma Louis non aveva intenzione di tornare.
Non aveva nemmeno intenzione di continuare la sua vita, a dirla tutta; sarebbe voluto scappare via, lontano da tutto e da tutti, ma alla fine era rimasto.
Il vero problema ora, erano i soldi. Niall non suonava più, Louis non cantava, ed il denaro tenuto da parte stava drasticamente calando; i bambini avevano iniziato a chiedere l'elemosina, perché erano troppo affezionati ai due ragazzi per cercarsi un nuovo protettore.
In qualunque altra situazione, Louis si sarebbe arrabbiato con loro, si sarebbe svegliato ed avrebbe trovato il modo di guadagnare qualcosina, ma questa volta sembrò non notarlo nemmeno, ed in ogni caso, quando rientrava a casa era troppo ubriaco per fare qualcosa che non fosse gridare, piangere, provarci per un paio di minuti con Niall e poi crollare addormentato sul sacco a pelo.
L'alcool, quello era il nuovo problema da affrontare.
Fortunatamente, i prezzi degli alcolici non erano mai alti nei pub del quartiere povero, ma di sicuro non te li regalavano.
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Different worlds || Larry Stylinson
RandomLondra, anno 2014. Due quartieri diversi, opposti, divieto assoluto di mischiarsi. E se nonostante tutto la vita avesse in serbo un destino diverso da quello che i genitori vogliono per te? Saresti pronto ad accettarlo?