Mancavano pochi giorni al mio ritorno a casa.
Non ci tornavo da quasi 2 anni.
Non ci avevo mai pensato, ma ad un certo punto della mia vita mi sono lasciato molte cose alle spalle, forse tutto.
Pensandoci diventai nostalgico, e ricordai uno per uno tutti i nomi, le facce, le voci, i luoghi, gli odori, i sapori; la carezza del sole mentre davanti a una lettura accendevo una sigaretta, le volte che musica significava pelle d'oca dopo il suono della chitarra, e poi il molo, il mare, la luce verde, e i pianti sospirati contro la notte buia del cielo, le sue coltri di nubi, e i sogni infranti dopo l'ennesimo amore spirato.
È passato del tempo, ma non molto,eppure sento quella vita così lontana, come se l'avessi solo immaginata, come una lunga passeggiata all'inferno che allora era poesia, e oggi, oggi è amara rassegnazione – quasi 30 anni e poche tappe ancora da bruciare.
È tutto troppo breve, troppo veloce, e il tempo che resta è sempre più sfuggente, una sfumatura cupa di tenebra che ha dato vita alla luce ormai impercettibile, sfuocata.
Ricordo ancora il mio arrivo in città, la corsa fatta per consegnare l'iscrizione prima che gli addetti all'assegnazione delle matricole rimandassero la mia iscrizione all'anno successivo.
Ci feci quasi a pugni, ma ne valse la pena.
Non l'avrei mai detto allora, e pensavo non l'avrei detto mai – la mia vita ad un certo punto è stata poesia, e la porterò con me fino alla tomba custodendola gelosamente in un lembo d'oscurità in fondo al taschino della mia camicia azzurra, mentre affogo il mio passato dentro al gusto compatto di un caffè americano e l'odore di un foglio di carta 15x23 un po' stropicciato...
02/02/18
B.G.