uno.

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Driin driin.
Driin driin.
Driin driin.

Fissai minacciosamente l'antico telefono che stava suonando sul comodino di fronte al mio divano, ma chi aveva voglia di rompere le palle alle sette di sera?

«Mamma, rispon..» mi guardai intorno e sbuffai. Vivevo da solo ormai.

Con passo lento giunsi al telefono, lo guardai e mi resi conto di doverlo cambiare il prima possibile considerando che quel modello apparteneva a mia nonna.

«Pronto.»

«Fabri, amore della mamma! Come sta andando il tuo terzo giorno da uomo maturo? Hai mangiato? Bevuto? Sei andato in bagno? Cosa stai fa-»

«mamma.» cercai di mantenere la calma e non rispecchiare il fastidio che stavo provando nella mia voce, ma evidentemente non ci riuscii.

«amore, perchè questo tono? Sei arrabbiato? È successo qualcosa?»

«no, è solo che preferirei che non mi chiamassi ogni ora per sapere cosa sto facendo, se ho mangiato, bevuto e se sto respirando.»

Non rispose per qualche secondo. «scusami, è solo che non mi sono ancora abituata alla tua assenza. La casa sembra cosí vuota senza di te ed io e papà ci sentiamo cosí soli.»

«ne sono consapevole mamma, ma sono un uomo adulto da piú di venti anni e rendermi indipendente è stata la scelta piú giusta.»

«hai ragione. Cercherò di fare meno domande e di chiamarti di meno. Cosa hai mangiato?»

Roteai gli occhi, non ce la faceva proprio. «tra poco ordino una pizza, lo sai che non sono bravo a cucinare.»

«quando troverai una ragazza avrai cibo gratis tutti i giorni, proprio come quando stavi con tua madre!»

«va bene mamma.» annuii senza polemizzare.

«ti lascio ordinare la pizza tesoro, mi raccomando: ordina quella a quattro fette altrimenti troppa ti fa male. Papà ti saluta, ci sentiamo.»

Mi mandò un bacio dal telefono e staccò.
Per quanto potesse essere rompiscatole e pesante l'adoravo, aveva sempre il pensiero per me e mi voleva bene come se fosse realmente mia madre. Ricordo ancora quando mi venne a prendere in quell'orfanotrofio: avevo otto anni. Mi guardò ed i suoi occhi brillarono, vide in me il figlio che in dieci anni non aveva mai avuto ed io vidi in lei e papà quell'amore genitoriale che mai nessuno mi aveva dato. Non mi avevano mai fatto sentire il peso di non essere di famiglia e non avevo mai riscontrato problemi o soggezzioni con loro. Li amavo e mi amavano, sicuramente di piú di quanto mi amasse la donna che mi tenne in grembo per nove mesi.

Allungai la mano verso il post-it che avevo attaccato al frigo e composi il numero della pizzeria. Era la prima volta che ordinavo una pizza da completo indipendente e ciò mi faceva sentire ancora di piú tale. Ordinai la classica margherita da cinque euro, poi mi stesi sul divano ed afferrai la chitarra ad un metro da me: era la stessa che avevo da ventiquattro anni circa, quando i miei genitori me la regalarono per il mio diciottesimo compleanno. Cominciai a suonare e canticchiare qualcosa cercando di rendere la mia serata piú piacevole: divano, musica e pizza che ben presto sarebbe arrivata.

"Tu portami via
dalle ostilità dei giorni che verranno
dai riflessi del passato perché torneranno
dai sospiri lunghi per tradire il panico che provoca l'ipocondria
Tu portami via
dalla convinzione di non essere abbastanza forte
quando cado contro un mostro più grande di me
consapevole che a volte basta prendere la vita cosi com'è"

Era una parte di canzone che avevo scritto in un momento d'ispirazione e che adoravo canticchiare. Certo, sarebbe stato fantastico avere qualcuno a cui cantarla ma alcune volte devi accontentarti ed essere felice con piccole cose.

Il campanello suonò e corsi ad aprire: la pizza era l'unica cosa che riusciva a farmi separare dalla mia chitarra senza esitazioni. Aprii la porta e il ragazzo indietreggiò tremando, spaventato dalla mia veloce azione, e poi mi porse la pizza con occhi bassi ed io l' afferrai, facendomi inondare l'olfatto del suo meraviglioso profumo.

La fretta di andare ad aprire mi fece dimenticare di doverla pagare. «aspetta, ora prendo i soldi.»

Il ragazzo non rispose ma rimase in silenzio ad aspettare che io prendessi i soldi con tutta calma. Molto socievole il tipo, pensai.

«ecco a te, cinque per la pizza ed uno per la consegna.»

«Grazie.» la risposta mi sorprese, era talmente strano che non mi aspettavo neanche un ringraziamento. Perchè sí, era di fronte la mia porta da una ventina di secondi e non potevo pretendere che si mettesse a ballare la macarena, ma leggevo sul suo viso un'ombra strana di terrore, te lo senti quando una persona è diversa dalle altre, è come quella parola importante messa in grassetto sul libro di storia. Sembrava triste, o forse era solo il suo carattere: fatto sta che non avevo mai visto nessun ragazzo delle pizze cosí.

Il ragazzo delle pizze. || MetaMoro || (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora