diciannove.

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«ma cosa hai combinato? Cos'è stato quel rumore?» gli chiesi ridendo.

«ah, beh...in realtà, volevo provare ad uscire dalla finestra, ma...quando ho visto che non potevo farcela perchè l'altezza era troppa, ho provato a rientrare e sono caduto...»

Lo guardai serio, le mie sopracciglia erano curvate e stavo cercando di comprendere quello che aveva detto. Vista la mia espressione, Ermal abbassò il viso con un'espressione dispiaciuta ma, quando vide che scoppia a ridere rumorosamente, accennò un sorriso. «sei grandioso!» gli diedi una pacca sulla spalla. «in realtà sto ridendo perchè anch'io devo dirti una cosa che non credo ti piacerà molto, ma spero che tu la prenda nello stesso modo in cui io ho preso la tua affermazione..» cominciai a guardarmi intorno. «in realtà non è stata tutta colpa mia, ma un po' anche tua perchè non hai spento la pentola...»

«si è bruciato tutto?» Annuii con il viso. «ah, che importa? Mangeremo qualcos'altro!»

Adoravo il suo modo di passare sopra alle cose. A pranzo mangiammo dei panini e, dopo mangiato, Ermal volle che gli cantassi una delle canzoncine che avevo scritto.

"Siamo ancora in tempo per ricominciare a ridere
Siamo ancora in tempo per scrollarsi tutto e vivere
Prenditi le scarpe e non gridare
Per convincerti da solo che le cose vanno bene
Il dolore sai è normale se le storie poi finiscono
Maledette le ambizioni quando non si concretizzano
Ma fra prendere e lasciare non si deve mai aspettare
Perché il tempo che perdiamo non ce lo ridà nessuno"

Mentre sorreggevo la mia chitarra e cantavo quelle parole potevo sentire lo sguardo di Ermal, incantato, fisso su di me. Aveva il mento appoggiato sul suo palmo ed un leggero sorriso che creava in me la curiosità di sapere cosa, in quel preciso istante, stesse pensando. Per sorridere in quel modo, però, intuii qualcosa di positivo, non perchè stesse sorridendo tantissimo, ma perchè quella sottile linea curva stava distruggendo in me ogni muro interiore come fosse una bomba atomica.

«lo pensi davvero?» mi chiese improvvisamente.

«cosa?» alzai lo sguardo dalla chitarra.

«quello che hai detto nella canzone..»

«ho detto tanto nella canzone. Cosa esattamente?»

«che siamo ancora in tempo per ridere ed addirittura per vivere.»

«certo.» annuii sicuro di me. «tutti siamo ancora in tempo per fare tutto.»

«anche io?»

«tu un po' di piú di tutti. Non solo sei in tempo per riprendere i capi della tua vita in mano, ma ne hai la possibilità.»

«con chi?»

Decisi di non dire quello che voleva sentirsi dire. Non avrei voluto influenzare il suo pensiero. «con tutto e tutti.»

«io non ho niente per ricominciare. Come faccio?» abbassò lo sguardo.

«non hai niente per ricominciare?» lo guardai ironico. «guardati intorno.» con la mia mano gli alzai il mento.

«ho una casa, che è la tua.»

«non intendo questo. Ma guardati ancora di piú intorno, nel profondo. C'è aria, c'è verde, c'è cielo, c'è vita. Ciò significa che tu hai vita. E se hai vita un motivo c'è. E quindi c'è anche il motivo della tua vita intorno a te.»

Mi fissò negli occhi quasi a voler leggere la mia pupilla. «sai cosa?»

«cosa?»

«so con chi ho la possibilità di riprendere in mano i capi della mia vita.»

Il ragazzo delle pizze. || MetaMoro || (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora