quattro.

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Non ero riuscito a sapere nulla piú su quel ragazzo a parte che fosse un tipo non sconosciuto ed abbastanza odiato da tutti. Non riuscivo a capire il perché, se fosse dovuto unicamente al suo aspetto ed al suo carattere, oppure a qualcos'altro che mi era ancora ignoto. E non riuscivo neanche a capire se era il suo carattere che influenzava il giudizio altrui o il giudizio altrui che influenzava il suo carattere.

Se c'era qualcuno che poteva sapere di piú di quel ragazzo era sicuramente Gennaro.

Giunsi in piazza giusto in tempo, il barista si stava abbassando per pulire la piazza ma la busta era ancora vuota. «posso?»

Mi vide e mi sorrise. «di nuovo qui?»

«non disturbo vero?» chiesi ironicamente afferrando tutto il necessario per mettermi all'opera.

«non sai quanto mi é grado il tuo aiuto. Oggi la mia schiena si fa sentire piú delle altre volte.»

«spero poterti aiutarti all'infinito.»

«oh, ragazzo, come posso ripagarti? Ti andrebbe di fare colazione gratis nel bar?»

Risi di gusto per la sua bontà. «ma non devi ripagarmi, non ti sto facendo un piacere, é semplicemente una cosa che mi tocca fare perché, insomma...l'orto é mio, é tuo e suo. É di tutti.»

«apprendi subito eh?» sorrise.

«non sono mai stato un buon alunno a scuola ma per la vita mi piace apprendere cose nuove da persone piú mature di me.»

Mi diede una pacca sulla spalla. «la colazione te la voglio offrire lo stesso.»

Finii di pulire e cedetti alla sua insistenza. Volle offrirmi un cornetto e del cappuccino. «stai qui da molto?» il ghigno confuso nella sua espressione mi fece capire che dovevo formulare la domanda in un altro modo. «conosci questo posto?»

«piú delle mie tasche. Perché me lo chiedi?»

Bevvi un sorso di cappuccino. «alla Caldapizza, c'é un fattorino, capelli ricci e aspetto...cupo. Conosci?»

Mi fissò immobile, in silenzio, sembrava pietrificato nonostante sul suo viso non trapassasse neanche un'ombra di emozione che mi lasciasse capire cosa stesse pensando. «certo che lo conosco.»

«cosa mi sai dire di lui?»

«beh...capelli ricci, alto, silenzioso, misterioso.»

«dai, ti prego, sai cosa intendo.»

Emanò un sospiro e si sedette con calma di fronte a me. «cosa vuoi sapere?»

«abbastanza: chi é lui, perché é strano e soprattutto perché tutti lo odiano.»

«il nome non lo conosco, quasi nessuno lo conosce. Per tutti é 'lo zingaro' o 'il mangia bambini', per i piú buoni é 'lo strano'. Sembra che dic-»

«il 'mangia bambini'?»

Continuò a parlare senza badare alla mia domanda. «sembra che dica quella semplice unione di lettere solo a coloro di cui si fida, e dico ciò con abbastanza sicurezza in quanto fu lui stesso a dirlo ad un mio amico che me lo riferí. Per quanto riguarda le altre domande che mi hai posto, scusami, ma preferisco non fare parola per un semplice motivo: la gente parla, parla, si lascia a condizionare dai pareri altrui che incoscientemente diventano anche i propri, meglio che ti fai una visione tua di quel ragazzo. Se per te é bianco non é giusto che io te lo debba far diventare nero, e viceversa.»

Annuii essendo d'accordo con la saggezza dell'uomo. «constaterò io stesso.»
Gli diedi la mano e lo salutai dopo averlo ringraziato per la colazione e me ne andai.

Decisi di mangiare anche quella sera pizza e chissà perché. Passai tutto il pomeriggio a fare ipotesi su quel ragazzo e giunsi alla conclusione che sarei dovuto andare dritto con lui.

***
"Così com'è...
Imprevedibile...
Portami via dai momenti
Da questi anni invadenti
Da ogni angolo di tempo dove io non trovo più energia
Amore mio, portami via..."

Ripresi a canticchiare per spazzare via i pensieri con la mia infallibile arma : la chitarra, finché non bussarono alla porta. La pizza era arrivata.

Posai la chitarra e non ebbi tempo di avvicinarmi alla porta che sentii un rumore e poi delle risate. Aprii la porta e c'era il ragazzo a terra, la pizza rovesciata e due uomini che lo stavano deridendo.

«cos'é successo?»

«é caduto!» disse uno di loro scoppiando a ridere rumorosamente. «o meglio, l'ho fatto cadere!»

Il ragazzo sembrava impanicato per la pizza rovesciata e nello stesso tempo spaventato da quegli uomini.

«non capisco cosa ci sia da ridere, ma okay, immagino che abbiate i vostri validi motivi.» questa volta fui io a ridere di loro ed afferrai il ragazzo per un braccio e lo sollevai. «stai tranquillo, non é successo niente.» cercai di calmarlo notando volesse continuamente riparare al danno che gli avevano fatto fare.

Gli uomini andarono via ridendo, mentre il ragazzo non si scompose e tentò di nuovo di raccogliere la pizza.

«faccio io.» la raccolsi e la rimisi nel cartone. «solo queste parti posso mangiare, queste altre no ma non importa, gradirei che entrassi.» gli indicai la porta di casa mia.

Lui abbassò il viso lasciando come sempre cadere i capelli sulla fronte ed uní le mani come se si aspettasse la ramanzina.

«non voglio sgridarti, o deriderti, o farti cadere. » dopo secondi di contemplazione, sembrò convinto ed entrò.

Lo feci sedere su una sedia accanto al tavolo ed io mi sedetti su quella di fronte. Aprii il cartone e buttai le fette che erano cadute, lasciando all'interno solo quelle salve. «prendi pure.» ma, come pensavo, non lo fece.

Allora lo feci prima io, afferrai una fetta e le diedi un morso, poi ne afferrai un'altra e gliela misi davanti. «lo so che hai fame.»
Se non parlavo io, calava il silenzio. «non ti chiedo il nome perché so che lo dici solo a coloro di cui ti fidi. Ma io sono Fabrizio, piacere.» fu la prima volta che qualcuno non mi strinse la mano avendogliela tesa ma alzai un sopracciglio e non mi arresi. «dovresti farti rispettare di piú, sai.» sembravo stessi parlando col muro. «non capisco perché sei cosí chiuso, non voglio farti niente, anzi vorrei tanto capire perché la gente pensa quel che pensa di te, non mi sembri un cattivo ragazzo eppure sei trattato abbastanza male.»

Alzò la testa, mi fissò e fu la prima volta che incontrai il suo sguardo per piú di cinque secondi e potetti ammirare il suo viso in ogni lineamento. Aveva occhi stanchi, di un uomo che non guarda piú negli occhi a nessuno perché nessuno guarda piú negli occhi a lui, e che stava aspettando solo un momento di pace.

«immagino che non hai voglia di parlarne, ma mi piacerebbe aiutarti se possibile.» continuava a guardarmi fisso negli occhi come se avessi detto quella password che mi aveva fatto guadagnare il suo sguardo.

Si alzò e si avvicinò all'uscita. «aspetta, ti devo pagare.»

«la pizza é caduta, quindi i soldi li rimetto io.»

«no, non é cosí che vanno le cose.» misi i sei euro nella sua mano, ma me li appoggiò sul mobile accanto alla porta.

«non posso accettarli.» e senza che io potessi rispondergli, volò via per le scale.

Il ragazzo delle pizze. || MetaMoro || (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora