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Man mano sentivo le sue lacrime diminuire sulla mia spalla e ció mi incitava nel voler torgliergli ogni minimo dolore. Era così bello, prezioso, raro. Sentivo l'incessante desiderio di incollare le labbra sulle sue e non lasciarle andare piú e lo feci, di nuovo. Aprii gli occhi dopo il tocco e vidi che lui li aveva chiusi, allora mi ricordai che nell'amore basta l'anima ed il cuore, non gli occhi, allora li chiusi anch'io.
Ci stavano tante parole in quel lungo discorso di labbra, mentre lui stava penetrando con le sue labbra ogni mio tessuto, osso, universo. Piú le nostre labbra si muovevano insieme, omogenee, come fossero una sola cosa, piú sentivo di volerlo baciare di piú. Allora cominciai a farmi mille problemi mentali, su come avrei potuto colmare quel mio forte desiderio nonostante già lo stessi facendo, ed era proprio questo il problema, com'è possibile sentire la necessità di colmare un bisogno quando lo stai già facendo?
Staccai il bacio, lui aprì lentamente gli occhi ed in quel preciso instante in cui negai alla mia bocca la sua, sentii come se parte del mio secco labbro si allontanasse con il suo prima di ritornare nella sua posizione.
«sai, se hai rubato il fiocco, dovresti prenderti tutto il pacchetto.» sperai che lui avesse capito cosa intendessi e ottenni la risposta quando annuì, sorridendo in modo molto misterioso. C'era ancora segno di bagnato sulle sue gote che cercai di eliminare totalmente quando strofinai leggermente il mio dito sul suo viso. Mi fissava con quegli occhi scuri che stavano cercando di prevenire un'eventuale mia mossa, che stava anche aspettando ansiosamente.
Lo accontentai: poggiai di nuovo la mia mano sul suo viso e formai tanti leggeri cuori, il mio, il suo, i nostri cuori. Lui lesse l'azione e accompagnó la mia mano con la sua nel creare i cuori e se le nostre dita fossero state penne di diverso colore, una rossa e l'altra blu, la cosa piú bella è che sulla sua guancia si sarebbero formati tanti cuori viola.
Provavo tantissima difficoltà nell'esprimere il mio forte affetto- ormai forse mutato in qualcos'altro- a quel ragazzo, non ero mai stato un uomo romantico ed il dire quello che realmente pensavo non era mai stato il mio forte, figuriamoci esprimerlo, ma mi sforzai a farlo in quanto quella era l'unica maniera di racchiudere un po' , o meglio, tanto amore nella mia vita che ormai era assente da anni.
Gli afferrai la mano e gliela strinsi, portandolo nella mia camera, lo incitai a sedere sul bordo del letto con un movimento della mano e mi abbassai verso di lui per baciarlo di nuovo. Prima leggermente, delicatamente, con un movimento che esprimeva a pieno la sua personalità, poi quando percepii la sua tranquillità, il bacio divenne piú fugace, un bacio come mai ce l'avevamo dato.
Lui cadde con la schiena sul letto, io inciampai su i suoi piedi e mi ritrovai sopra di lui. Nè lui nè io staccammo il bacio, eravamo come incollati. Afferrai i margini della sua maglia e glieli tirai, lui capii ed alzó le mani facendomi sfilare la maglia. Tolsi anche la mia e trasalii quando la pelle nuda del mio petto si poggió su quella fredda del petto di Ermal. Percorsi con due dita la pelle sensibile intorno al capezzolo, lui sobbalzó ed io mi fermai. Sapevo si sentisse in difficoltà tanto quanto me e la miglior cosa da fare era non continuare a farlo sentire tale.
Il mio tocco leggero questa volta sfiorava la sua pancia, posai la mano sulla cintura che sosteneva il pantalone e gliela slacciai, abbassandogli il pantalone fino alle caviglie. Lui, con mia sorpresa, fece lo stesso con me e catapultó la situazione quando mi ritrovai sotto al suo petto.
Eravamo entrambi solo in mutande e questo mi eccitava tantissimo. Aspettai il tempo dovuto prima di toccare anche il margine elastico della sua mutanda, allontanarlo dalla pelle e poi lasciarlo andare di nuovo. Baciai il suo collo chiaro e freddo, respirai, mi allontanai e lo vidi sorridere.
Facemmo l'amore.
E poi ci addormentammo, lui con la testa appoggiata sul mio petto, io con la mano attorno al suo viso.
Sentii che la mia anima quando, la mattina seguente, si sveglió non era piú la stessa, era diversa, e non poca. Piú cresciuta, felice e consapevole della propria vita. E quando aprii gli occhi cominciarono a sfilarmi davanti i momenti passati la sera prima, il tocco delle nostre pelli, i baci castri, gli sguardi profondi, quel fare l'amore come se fosse la prima e l'ultima volta, l'incoscienza in ogni minimo atto che ti portava a non voler fermarti mai, continuare fino all'ultimo respiro, fino all'ultimo sentimento che ti fa sbattere il cuore ovunque, te lo fa uscire dalle labbra e te lo fa donare a quelle che ti sfiorano l'anima.Notai dal suo delicato movimento che era sveglio. «cosa facciamo?» mormoró.
«riguardo a cosa?»
«con quei due.»
Sorrisi. «stai tranquillo. Andrà tutto bene.»
E lui ci credette, non mi chiese piú nulla, fin quando non arrivó il tempo stabilito.
«Ermal, allora...» cominciai a parlare. «tra approssimativamente dieci minuti verranno. In strada non puoi andare, qualcuno potrebbe riconoscerti, quindi la soluzione è solo una. Devi nasconderti sopra al palazzo.»
Lui annuì preoccupato. «sicuro che andrà tutto bene?»
«fidati di me.» arrivammo sulla soglia della porta che dava accesso alla parte superiore del palazzo e lo baciai. «stai tranquillo, quando vedranno che non ci sei se ne andranno senza fare problemi. Non sporgerti troppo che è pericoloso.» gli voltai le spalle, ma mi girai un'ultima volta per guardarlo. «non fare cazzate.»
Lui alzó le spalle e sorrise, mi fidavo di lui.
Ritornai in casa, spruzzai del profumo nell'ambiente per togliere la meravigliosa aroma di Ermal ed aspettai il loro arrivó che non tardó ad arrivare.
«carissimo!» Giovanni, con una mossa astuta, si gettó in casa senza neanche farmi parlare. «io e Marco siamo venuti a trovarti! Che bella casa!» tra una parola e l'altra sbirciavano in tutte le camere.
«che bellissima sorpresa!» sorrisi mostrandomi tranquillissimo. «prego, entrate pure in qualsiasi stanza se volete vederla.»
Senza aspettare il mio consenso si gettarono nelle stanze con fare ansioso. Guardarono sotto il letto, espressero il loro approvo per l'armadio e dissero che volevano vedere quanti vestiti entrassero perchè volevano comprarlo, controllarono sotto i tavoli, dappertutto. La loro espressione delusa alla fine fu la mia felicità.
«ditemi un po', perchè siete tanto interessati alla mia casa?» sorrisi ancora una volta.
«volevamo...» Marco provó a parlare ma ricevette un 'zitto stupido!' da Giovanni.
«entrambi avevamo intenzione di trasferirci a vivere da queste parti ma non lo faremo piú siccome le case sono un po' piccole.»
«certo...» annuii col viso. «eppure dal vostro entusiasmo ho capito che eravate così affascinati dalla casa.» si guardarono in faccia e non risposero. «comunque sia, proprio da queste parti nessuna casa è in vendita, non lo sapevate?»
Entrambi alzarono i fianchi avvicinandosi alla porta. «oh, beh, noi ci avevamo sperato.» risero ed io li assecondai. «va bene amico, allora ci vediamo in piazza.»
«sì sì, ciao.» li salutai e li vidi andar via.
Idioti.
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Il ragazzo delle pizze. || MetaMoro || (IN REVISIONE)
FanfictionD a l l a S t o r i a : Rise. «ti prego, diventa un poeta.» «e sai quale sarà il titolo della mia prima poesia?» «quale?» «L'Amore. E sai come sarà la poesia?» «come?» «tu.» ----------------------------------------------------------------- {Storia c...